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Opinioni
Ius soli, news sulla riforma della cittadinanza

Che fine ha fatto lo ius soli?

Era uno degli impegni presi da Renzi nel suo discorso in Aula per la fiducia al Governo (e non solo): ma da quando è a Palazzo Chigi il tema sembra essere scomparso. E a pensar male…
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Facciamo un passo indietro, fino al 26 novembre 2013 quando Matteo Renzi, in piena campagna elettorale per le primarie del Partito Democratico rispondeva alle domande degli utenti twitter con una frase inequivocabile: "Subito lo ius soli. Credo che La Pira apprezzerebbe, ma, indipendentemente da questo, è urgente e necessario farlo. Cambiamo verso alla Bossi-Fini. Ci sono battaglie giuste che vanno fatte, anche se controcorrente". Il concetto seguiva peraltro quella che è da sempre una linea di apertura portata avanti con convinzione da Renzi, favorevole allo ius soli e, come ebbe modo di confidarci a telecamere spente, "convinto" della possibilità di una rapida attuazione normativa (erano i tempi della polemica col ministro Kyenge, che certo non si è distinta per la "celerità" dei suoi provvedimenti).

Poi la vittoria alle primarie, il lento stillicidio di mezze dichiarazioni e prese di posizione che hanno segnato la fine del Governo Letta e infine lo sbarco delle truppe renziane a Palazzo Chigi. E già, come evidenziato dal discorso per la fiducia al Senato, le granitiche certezze di Renzi sullo ius soli lasciavano il posto alla "necessità di un compromesso". Spiegava Renzi, raccontando con enfasi la storia di una "bambina che ha dodici anni e che frequenta la quinta elementare, è nata nella stessa città in cui è nata la sua compagna di banco, e non ha la possibilità, dopo un ciclo scolastico, di essere considerata italiana", che sui diritti "si fa lo sforzo di trovare un compromesso anche quando questo compromesso non ci soddisfa del tutto". Insomma, il sì allo ius soli già diventava una "apertura al confronto", certo a patto di avere ben chiaro che: "Un Paese che non si integra non ha futuro […] Sostenere, però, che l’identità è il contrario dell’integrazione significa fare a pugni con la realtà, significa prendere a botte il niente". Trovare un compromesso sui diritti, dunque: concetto ardito e difficilmente spendibile, ma poco importa se teso a preservare la possibilità di un accordo sul tema specifico della cittadinanza ai minori figli di stranieri residenti in Italia.

Il tempo passa però e il tema lentamente scompare, tanto che nelle ultime settimane si segnala solo qualche "ragionamento" interno al Ncd e la risposta a Sartori di Marco Pacciotti del Forum Immigrazione Pd (con la quale si ribadisce la bontà della "proposta del PD, diventata poi la base di discussione nel passato governo, tutt'altro che dogmatica, visto che si parla infatti di Ius Soli temperato"). Così si arriva ai primi atti del Governo Renzi e all'assenza di qualunque ragionamento sul tema nei "100 giorni per cambiare l'Italia": un'agenda fitta di impegni, promesse e iniziative nella quale non compare in alcun modo la discussione sui diritti civili. Solo una questione di tempi? Forse, ma a giudicare dagli impegni presi sembrerebbe che la questione sia passata completamente in secondo piano. Di fatto, è ancora impantanata in Commissione la proposta di legge "Bersani e altri, Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di acquisto della cittadinanza", che rappresenta già un buon compromesso (il 21 marzo la proposta compirà un anno, per dire).

Ora, visto che Renzi può essere accusato di molte cose ma non di benaltrismo (e non ha mai perso occasione per spiegare come nel suo intendere la pratica politica le "priorità" non possano essere declinate secondo schemi datati), la domanda resta: che fine ha fatto lo ius soli? Eppure, sempre al Senato Renzi era stato chiarissimo: "Ci ascolteremo reciprocamente, ma la credibilità su questo tema sarà il punto di caduta di un’intesa possibile, che già è stata costruita nel corso di questi giorni. Lo vedremo". Ecco, appunto.

Non sarà che con l'avvicinarsi delle elezioni europee sia meglio evitare di riaprire un dibattito "scomodo", sia dal punto di vista della tenuta della maggioranza che da quello della ricaduta sull'opinione pubblica? O siamo ancora al punto da dover affermare che la discussione sui diritti può attendere quella sulle misure economico – finanziarie?

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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