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Opinioni

Che fine ha fatto il nuovo “Non Statuto” del Movimento 5 Stelle?

Che ne è stato del voto sul nuovo “Non Statuto” del Movimento 5 Stelle? La risposta, forse, è in due emendamenti approvati qualche mese fa, che hanno fatto sorgere più di qualche dubbio allo staff di Grillo.
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Gli iscritti certificati al Movimento 5 Stelle avranno tempo fino al 25 settembre per votare attraverso il sistema operativo Rousseau le modifiche di aggiornamento al Non Statuto e al Regolamento del MoVimento 5 Stelle. La data di chiusura delle votazioni coinciderà con la fine della kermesse Italia 5 Stelle, che quest’anno si svolgerà a Palermo, a meno che non si raggiungerà prima la partecipazione del 75% degli aventi diritto.

Si tratta delle modifiche al Non Statuto, il compendio che comprende le linee guida e le regole basilari del Movimento 5 Stelle, che, come precisa lo staff di Beppe Grillo, “non è un partito e non intende diventarlo” ma vuole dotarsi di nuove e “semplici regole che vanno rispettate da tutti i membri della comunità”. Al momento, il Non Statuto è costituito da 7 articoli, che disciplinano: natura e sede del M5S; durata; contrassegno; oggetto e finalità; adesione al M5S; finanziamento delle attività; procedure di designazione dei candidati alle elezioni.

Tutto normale, dunque? Beh, più o meno. Perché in realtà, dopo l'annuncio dell'imminente avvio delle votazioni con un post sul blog di Grillo, che risale al 21 luglio, di queste modifiche al Non Statuto si è persa ogni traccia. Come ha notato qualcuno…

Cosa sia successo non è chiarissimo, a dire il vero.

Già al momento dell’annuncio del voto c’erano state proteste e polemiche. L’idea di doversi esprimersi su modifiche “a sorpresa” era apparsa a molti iscritti piuttosto bislacca: a meno di 24 ore dal voto non erano ancora note né le modalità (quanti voti? su cosa?), né gli aggiornamenti proposti (da chi, poi?), né infine la ratio del cambiamento.

Quest’ultimo punto è probabilmente il più spinoso e, secondo quanto si mormora in ambienti vicini al direttorio, anche la causa dello slittamento del voto. La scelta di modificare il Non Statuto è determinata sì dalla necessità di adeguare le “poche semplici regole” alla mutata realtà del M5S, ma anche dalle due sentenze dei Tribunali di Roma e Napoli (che, accogliendo i ricorsi degli espulsi, hanno evidenziato le lacune dell’organismo 5 Stelle) e dalla nuova legge sui partiti, in discussione in Parlamento.

Per “riacquistare sovranità”, insomma, c’è bisogno di cambiare lo Statuto e adeguarlo alle disposizioni legislative.

È infatti in discussione in Parlamento la proposta di legge “Disciplina dei partiti politici, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, e delega al Governo per l'emanazione di un testo unico per il riordino delle disposizioni riguardanti i partiti politici”, presentata da Paolo Fontanelli del PD e “affidata” a Mazzetti di Celso (Scelta Civica) e Richetti (PD).

Il testo è stato modificato anche grazie al contributo del Movimento 5 Stelle, che ha votato assieme alla maggioranza due emendamenti di una certa rilevanza. Il primo riguarda la possibilità di espellere un soggetto dal partito o dal movimento politico, chiarendo che in assenza di regole diverse sancite nello statuto o in accordi di altro tipo interni al partito, si farà riferimento al codice civile. Il nuovo Non Statuto dovrà dunque contenere una norma specifica sulle espulsioni che rispetti le “indicazioni” della delega e che allo stesso tempo consenta di gestire casi spinosissimi (ogni riferimento a Pizzarotti, peraltro sospeso da due mesi, è tutt’altro che casuale). Ma come evitare brutte sorprese, in sede di votazione online (del Non Statuto) e in Aula (della legge)?

Il secondo emendamento prevede che il simbolo del partito sia di proprietà del partito stesso e che a decidere su eventuali altre “destinazioni” sia sempre l’assemblea degli iscritti. Tale linea collima con l’intenzione di Grillo di “donare” il simbolo al Movimento, ma non è chiaro se la proposta verrà comunque sottoposta al voto degli iscritti.

La legge sui partiti, poi, sostanzialmente non affronta il tema delle fondazioni, ormai organi finanziari dei partiti. E non a caso Grillo e soci si stanno muovendo in tale direzione da qualche tempo, con una fondazione chiamata a gestire il complesso degli affari che ruotano intorno al Movimento 5 Stelle, inclusa la delicatissima questione finanze: del resto, la rinuncia alla quota residuale di finanziamento pubblico diretto, unita alla difficoltà nel crowdfunding, rischiano di aprire una vera e propria voragine nei conti del M5S, limitandone l'azione proprio quando sarebbe più necessario.

Insomma, questioni complesse e una situazione ancora in divenire in Parlamento, che probabilmente hanno convinto lo staff a posticipare giorno dopo giorno la votazione. C'è tempo fino al 25 settembre, no?

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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