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Che fine farà il Movimento 5 stelle di Conte e perché è improbabile che Grillo fondi un nuovo partito

Cosa accadrà dopo la rottura definitiva di Beppe Grillo e Giuseppe Conte? Che fine farà il Movimento 5 Stelle? Grillo avrà la forza di fare un proprio partito? E come reagiranno i militanti?
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Il Movimento 5 stelle è morto, l’attuale gruppo dirigente ne ha tradito i valori, svenduto l’anima e compromesso la sua stessa ragion d’essere; la promessa della grande rivoluzione nel modo di fare e di intendere la politica è stata sacrificata in nome delle ambizioni e delle velleità di Giuseppe Conte; l’unità di visione e di obiettivi fra il leader e i militanti non esiste più. È questo, in estrema sintesi, il pensiero di Beppe Grillo, affidato al solito video dissacrante e non sempre chiarissimo, alla vigilia della ripetizione del voto dell’assemblea per la modifica dello Statuto. Uno snodo cruciale, con gli iscritti chiamati a decidere sul futuro del M5s, in particolare per quel che riguarda il ruolo del garante, il limite dei due mandati e, di fatto, la collocazione politica della creatura fondata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. In un momento in cui i sondaggi elettorali sono particolarmente indicativi e sembrano dare un minimo di respiro a Giuseppe Conte.

Di come sia andata la prima volta abbiamo parlato a lungo e la sensazione, anche di Grillo, è che anche la ripetizione del voto restituirà lo stesso risultato. Alla luce delle dichiarazioni dal carro funebre, però, sembrerebbe essere un passaggio inutile. Il co-fondatore del Movimento, infatti, pare essere intenzionato a determinare uno strappo ben profondo. Molto probabilmente agirà su due direttive principali: la battaglia legale per l’utilizzo del simbolo e la creazione di un nuovo soggetto politico.

Nel video, Grillo invita più volte “il mago di Oz” e i suoi sodali a farsi un simbolo proprio, da utilizzare evidentemente al posto di quello attuale. Un invito che, con ogni probabilità, è destinato a cadere nel vuoto. Cosa accadrebbe, dunque, nel caso in cui la linea Conte dovesse vincere anche nella ripetizione del voto della Costituente? Grillo non lo dice espressamente, al solito, ma, come ci confermano persone a lui molto vicine, potrebbe adire le vie legali per la titolarità di nome e simbolo. Non è la prima volta che emerge tale questione e non è un caso che i contiani abbiano più volte fatto riferimento a una scrittura privata con la quale Grillo si sarebbe impegnato a “non formulare in proprio e quale legale rappresentante delle associazioni M5s alcuna contestazioni nei confronti dell'Associazione Movimento 5 Stelle 2017”. Un documento che per Conte rappresenta una specie di lasciapassare, anche perché conterrebbe la possibilità di modificare “in tutto o in parte” il simbolo e il nome del partito. L'idea di finire in tribunale, almeno sul piano comunicativo, non preoccupa eccessivamente i fedelissimi dell'ex presidente del Consiglio, che utilizzeranno un frame comunicativo piuttosto semplice (e già impostato nelle prime risposte): quello della ripicca di chi non si rassegna a una decisione presa democraticamente dagli iscritti, in ossequio a regole che lui stesso aveva precedentemente avallato. Discorso in parte diverso sull'impossibilità di utilizzare simbolo e nome del Movimento, fatto che avrebbe conseguenze importanti sul piano elettorale e, con buona probabilità, su quello della sostenibilità economica.

Il nuovo partito di Beppe Grillo dopo il Movimento 5 Stelle

Ragionamenti ancora in fase iniziale, che però si incrociano con l'altra questione sollevata dal video di Grillo: la possibilità di "tornare in campo" con un nuovo soggetto politico.

Più o meno tutti gli analisti concordano sul fatto che il comico genovese non abbia più la forza e la possibilità per lanciarsi in una nuova esperienza politica “da zero”. Secondo questa lettura, insomma, il tempo di Grillo sarebbe passato. In effetti, sembrano mancare le condizioni basilari: struttura organizzativa, spazio politico, bacino elettorale, credibilità del leader e, soprattutto, un’idea davvero nuova e dalla forza dirompente. È questo aspetto a rendere velleitaria l’iniziativa di Grillo: la sensazione di non avere più molto altro da dire, di aver esaurito quella spinta propulsiva che aveva determinato la nascita e lo sviluppo del Movimento, la più grande innovazione della politica italiana degli ultimi decenni.

È anche difficile dire chi potrebbe seguirlo in questa nuova avventura. Il suo blog non è più quello di un tempo, fa numeri molto inferiori e i contenuti non conquistano praticamente mai spazio nel dibattito pubblico. I nomi storici del Movimento sono quasi tutti alla corte di Conte, anche perché molti sperano di poter rientrare in azione dopo l’abolizione del limite del secondo mandato. E si fatica a capire finanche lo spazio in cui dovrebbe collocarsi questo nuovo soggetto: a giocare sul dualismo élite/popolo (meccanismo alla base del successo del M5s) sono ormai quasi tutte le forze politiche; l’area cosiddetta “anti-sistema” è occupata da più formazioni che elettori e, negli ultimi anni, è diventata ricettacolo di no-vax, complottisti, eccetera; a livello globale si va verso una polarizzazione dello scontro politico-culturale, che sembra destinato a ridurre lo spazio per chi non ha una chiara collocazione o almeno un’impalcatura ideologico-programmatica di una certa consistenza.

Insomma, non sembrano esserci le condizioni per lanciarsi in un simile progetto. O almeno, le condizioni perché possa funzionare. Anche per questo in molti sono convinti che non si andrà oltre la costituzione di una nuova “associazione”, un think thank che rilanci le proposte che occupano il blog e sia presente con maggiore continuità sulla scena pubblica. Magari con un nuovo tour nei teatri e sui territori, una versione riveduta e corretta di ciò che al comico genovese riesce meglio: stare tra la gente, rompere le scatole al potere, come predicatore disincantato e libero da qualunque tipo di responsabilità.

Con Grillo, però, niente è scontato. L’autoproclamatosi elevato è imprevedibile ed è guidato da risentimento e determinazione. Per come è andata e, forse, per gli errori cui non gli è stato concesso di rimediare.

Cos'è successo nel M5s e perché si è giunti a questo punto

Ricostruire gli eventi che hanno portato alla "morte", vera o presunta, del Movimento 5 stelle è operazione complessa, non riassumibile in poche righe. Quello che appare dirimente in questo momento, però, è spiegare che lo strappo tra Conte e Grillo non è stato un avvenimento imprevedibile e casuale, ma il risultato di anni di lenta e forse inevitabile trasformazione del “non partito” in un soggetto politico di tipo tradizionale. Decorso che il co-fondatore del M5s ha talvolta provato a bloccare, come ricorderà chi segue le cronache politiche, ma con molte ambiguità. Che si trattasse dell'ipotesi di "non bocciare" il governo Bersani o di "parlare" con Renzi, passando per gli scontri con Luigi Di Maio o Pizzarotti, per lo stop ad alleanze e accordi specifici, c'è un'ampia casistica di momenti in cui Grillo è intervenuto per tutelare quella che lui considerava la diversità del suo Movimento. A volte ha avuto successo, altre si è dovuto rassegnare in nome di obiettivi più importanti (come nel 2018), altre ha semplicemente commesso degli errori strategici e di senso (il governo gialloverde, la benedizione al Draghi francescano, per limitarci agli ultimi anni). Ha accettato, probabilmente a malincuore, una lenta ma costante emarginazione dalle dinamiche di gestione (che non nasce con Conte, attenzione…), ritagliandosi un ruolo di padre nobile e di custode dell'ultimo baluardo rimasto a sancire quella "differenza": il limite dei due mandati.

Non è una questione da poco, perché non va letta solo in termini di poltrone, incarichi o banalmente soldi. È la natura stessa del Movimento che cozza con l'idea della politica come lavoro e del partito come organizzazione gerarchica e verticistica. Non è un caso che Grillo abbia più volte richiamato la figura di Gianroberto Casaleggio nei suoi ultimi interventi. Nella sua visione, non solo non esistono politici di professione (solo dei “portavoce” che si fanno carico di applicare programmi scelti dalla collettività), ma ogni figura è inessenziale e può essere sostituita. Persino il Movimento stesso doveva restare “leaderless”, senza un leader. È uno dei pilastri della grande utopia grillina, il mito della democrazia diretta e del coinvolgimento totale dei cittadini, delle reti di attivisti, nella gestione della cosa pubblica. Era prima di tutto questo che rendeva i 5 Stelle incompatibili con qualunque collocazione politica predeterminata e con qualunque alleanza strutturale o programmatica con gli altri partiti.

È fin troppo banale dire che, nei fatti, l’idea di Casaleggio non è mai stata davvero messa in pratica. Fin dagli inizi, lo stesso Grillo si è comportato più volte da monarca, sostituendo alle discussioni collegiali suoi atti d’arbitrio, tollerando eccezioni alla linea ed emarginando i dissidenti, a seconda dei momenti. Ma l’utopia, per dirla con Galeano, è servita a camminare e ha contribuito a forgiare una storia incredibile, un racconto che ha convinto un terzo degli italiani e portato a cambiamenti profondi nella politica italiana.

Il travolgente ingresso nelle istituzioni ha lentamente ma inesorabilmente cambiato il M5s, i cui esponenti di primo piano un po’ si sono adattati alla nuova realtà, un po’ hanno contribuito a determinarla. E sono emersi i limiti dell’utopia grillina, ad esempio nei processi di formazione della classe dirigente e nella valorizzazione della qualità del personale politico. Quando poi sono sopraggiunte le responsabilità di governo, arrivate tradendo una delle massime di Casaleggio (con l’avallo di Grillo), è emersa l’enorme contraddizione di dover navigare in mari a volte in tempesta senza l’aiuto della bussola del riferimento ideologico, della collocazione politica, di un pensiero un minimo più strutturato. Una lezione che Conte ha compreso nel momento in cui si è trovato costretto a lavorare sulle alleanze, a immaginare un progetto di governo, o anche solo a spiegare agli italiani perché avrebbero dovuto votare per il M5s. In poche parole, a gestire un partito, a trovare modalità per farlo crescere e vivere, a recuperare i voti. Tant'è che, comunque andrà l'esito del voto, quello che nascerà dalla Costituente sarà certamente un nuovo Movimento 5 stelle.

Ecco, come dicevamo non è questa la sede per raccontare l’enorme cambiamento vissuto dai grillini in oltre un decennio, il punto è che Grillo racconta un movimento che non esiste più da tempo. E che a lui stesso è andato bene, almeno finché gli venivano tributati omaggi e salamelecchi.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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