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Cosa succede al piano del governo sui migranti dopo il nuovo no dei giudici al trattenimento in Albania

Dal Tribunale di Roma è arrivato un nuovo stop al trattenimento dei 7 migranti trasferiti in Albania. I giudici hanno rinviato la questione alla Corte Ue che dovrà chiarire la linea da seguire, da cui dipenderà l’intera tenuta dell’accordo con Tirana. Vediamo cosa può succedere ora.
A cura di Giulia Casula
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Come ci si aspettava, dal Tribunale di Roma è arrivato un nuovo stop al trattenimento degli altri sette migranti che erano arrivati pochi giorni fa in Albania, a bordo della nave Libra. Ora, le persone che erano state trasferite a Gjader, dove sorge il Cpr voluto dal protocollo con Tirana, dovranno essere riportate in territorio italiano.

Era già successo, non troppe settimane fa, quando i giudici avevano deciso di non convalidare il trattenimento dei primi dodici migranti portati sulle coste albanesi in quanto provenienti da Paesi non sicuri, sulla base di quanto previsto dalle normative europee.

Non è bastato per aggirare la sentenza della Corte di giustizia europea, il decreto con cui il governo aveva approvato, poco dopo, la lista dei 19 Paesi sicuri, che prima si trovava all'interno di un provvedimento interministeriale, di rango inferiore rispetto a un decreto legge. Per i giudici romani il conflitto tra la disciplina europea e quella interna resta e dunque, spetta alla Corte Ue dirimerlo.

Cosa succede ora al piano Albania per i migranti: la decisione dell'Ue

Sarà dunque il Tribunale europeo, a cui già i giudici di Bologna avevano rinviato la questione, a chiarire la linea da seguire sul trattenimento dei migranti, da cui dipenderà la tenuta dell'interno piano Albania che potrebbe anche avviarsi verso il flop definitivo. 

In attesa del giudizio europeo, il governo starebbe lavorando a un dettagliato fascicolo di difesa. Secondo un retroscena del Corriere della Sera, a Palazzo Chigi l'idea è quella di puntare sul nuovo Patto europeo di migrazione e asilo, che tra le altre cose prevede la creazione di cpr al di fuori dei confini nazionali. Le nuove regole aggiornerebbero così – o almeno questa è la tesi – la sentenza della Cgue, più datata, eliminando di fatto il contrasto tra ordinamento interno ed europeo.

Resta il fatto però che il nuovo Patto Ue entrerà in vigore a partire dal 2026, cioè fra due anni. Il che significa che nel frattempo i giudici saranno tenuti ad attenersi a quanto disposto dalla Corte europea, che ha chiaramente stabilito che un Paese per definirsi sicuro deve esserlo in tutta la sua interezza e in ogni porzione di territorio.

I piani del governo Meloni sui migranti e il ricorso del Viminale

Dall'esecutivo però l'intenzione pare essere quella di tirare dritto e continuare con i trasferimenti almeno fino ad un altro pronunciamento, quello della Corte di Cassazione, previsto per il 4 dicembre.

Il 22 ottobre scorso infatti, il Viminale aveva presentato ricorso contro l'ordinanza con cui il Tribunale di Roma aveva negato la convalida, giudicandola "errata e ingiusta". Ma come ha spiegato il giudice della sezione Protezione internazionale di Torino, Andrea Natale, a Repubblica, anche la Cassazione potrebbe decidere di rimettere tutto all'Ue. "In caso di dubbi sull'interpretazione del diritto Ue, non ha solo la facoltà, ma il dovere di rinviare alle corti superiori", ha spiegato il magistrato.

Intanto, si acuisce lo scontro tra magistratura e politica, mentre dall'opposizione si moltiplicano le richieste all'indirizzo del governo di far luce sui costi delle operazioni finora non andate a buon fine. Un conto che al momento, si preannuncia parecchio salato.

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