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Opinioni

Che cosa raccontano i dati regionali sulle firme per il referendum sulla cittadinanza

Nelle aree con una maggiore presenza di stranieri, gli italiani sembrano più disposti a sostenere riforme che accelerino il processo di ottenimento della cittadinanza.
A cura di Roberta Covelli
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Sono bastati pochi giorni per raggiungere l’obiettivo: la raccolta firme per il referendum sulla modifica della legge sulla cittadinanza ha raggiunto l'obiettivo delle 500mila adesioni. Il quesito referendario propone di dimezzare il tempo di residenza richiesto per ottenere la cittadinanza italiana da 10 a 5 anni. La piattaforma online utilizzata per la raccolta delle firme ha probabilmente facilitato, o comunque velocizzato, il processo di raccolta firme e offre un'analisi interessante: le adesioni aumentano in modo proporzionale alla percentuale di stranieri residenti in ciascuna regione.

Qualche premessa per non fare confusione

Dai dati emerge un quadro evidente: all'aumentare della quota di stranieri presenti sul territorio cresce la propensione a firmare per la modifica della legge sulla cittadinanza.

Servono però tre precisazioni prima di proseguire, per evitare di giungere a conclusioni semplicistiche e dunque logicamente scorrette. Primo, gli stranieri non possono firmare per il quesito referendario: le 500mila firme richieste sono sempre e comunque di cittadini italiani. I dati sugli stranieri riguardano quindi la composizione etnica di territori e comunità, non quella degli aderenti alla campagna referendaria.

Secondo, fermi restando i requisiti formali e sostanziali, perché si possa indire un referendum basta la volontà di un’estrema minoranza di cittadini: 500mila firme al momento equivalgono all’1,04% del corpo elettorale. L’ordine di grandezza dell’analisi è questo e quindi sono significativi i dati regionali che si discostino da questa teorica media nazionale.

Terzo, questi dati mostrano una correlazione, che però non per forza indica un rapporto di causa ed effetto. Si nota una tendenza proporzionale tra due grandezze, ma non è detto che la spiegazione del rapporto tra i dati sia diretta e univoca. Sulle scelte politiche, infatti, influiscono diverse variabili, come età, istruzione, orientamento culturale, ceto sociale: sarebbe riduttivo proporre conclusioni automatiche sulla base dei soli dati numerici.

Le differenze regionali nell’adesione al quesito referendario

La tendenza, però, è difficile da ignorare, dal momento che la correlazione è statisticamente significativa. In regioni come l'Emilia-Romagna, il Lazio, la Lombardia, la Toscana, dove la percentuale di cittadini stranieri supera il 10% della popolazione, la quota di firmatari supera l’1,20% dei cittadini italiani. Alta l’adesione anche in Piemonte, dove la popolazione straniera è del 9,88% ma le firme raccolte arrivano all’1,24% della cittadinanza.

Al contrario, le regioni con minor presenza di immigrati, sono anche quelle con l’adesione alla campagna referendaria percentualmente più bassa.

Come anticipato, comunque, la quota di stranieri non è certo l’unica spiegazione alle diverse percentuali di adesione. In Veneto, nonostante una presenza del 10,27%, il tasso di adesione è sotto la media (anche se non così tanto, con lo 0,96% di firmatari sul totale degli italiani residenti). Lo stesso vale per l’Umbria, con una percentuale ancora più bassa (0,87%). Difficile non correlare questi dati alle tendenze politiche che i risultati elettorali hanno rivelato in più occasioni negli ultimi anni.

A smentire in senso opposto la tendenza è invece la Sardegna: pur essendo la regione con la minor percentuale di stranieri (3,18%), la percentuale di adesione è più alta della media nazionale, con un 1,09%.

La conoscenza smonta i pregiudizi e libera dalla paura

Al netto delle premesse, e della necessità di comprendere complessivamente le scelte politiche valutandone anche i risvolti culturali, è difficile non notare come la conoscenza diretta di un fenomeno possa ridurre i timori associati.

A confermarlo sono tra l’altro diversi studi sociologici: secondo la teoria del contatto intergruppi, ad esempio, l'interazione frequente con persone di diverse origini tende a diminuire i pregiudizi e ad aumentare la comprensione culturale. La percezione di minaccia viene così ridotta dalla conoscenza reciproca, dalla relazione, vissuta e sperimentata invece che mediata dalla retorica. Al contrario, nei contesti in cui manca questo tipo di contatto tra le persone, in cui la comunità non sperimenta la diversità e lo straniero è un concetto più che una persona, prevalgono paure e resistenze e c’è più rischio di restare vittime di bufale e narrazioni fallaci.

I dati raccolti per il referendum sulla cittadinanza sembrano confermare proprio questa teoria: nelle aree con una maggiore presenza di stranieri, gli italiani sembrano più disposti a sostenere riforme che accelerino il processo di ottenimento della cittadinanza, spingendo affinché le persone già parte della comunità sociale siano ufficialmente riconosciute anche dallo Stato.

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Nata nel 1992 in provincia di Milano. Si è laureata in giurisprudenza con una tesi su Danilo Dolci e il diritto al lavoro, grazie alla quale ha vinto il premio Angiolino Acquisti Cultura della Pace e il premio Matteotti. Ora è assegnista di ricerca in diritto del lavoro. È autrice dei libri Potere forte. Attualità della nonviolenza (effequ, 2019) e Argomentare è diabolico. Retorica e fallacie nella comunicazione (effequ, 2022).
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