Come vi abbiamo raccontato, in queste ore la Camera dei Deputati è stata impegnata in una discussione "ad oltranza" sui 251 ordini del giorno presentati dal Movimento 5 Stelle dopo il voto di fiducia al cosiddetto "decreto del fare". Si tratta di una pratica ostruzionistica annunciata da giorni dai parlamentari grillini, in risposta alla volontà del Governo di porre la fiducia sul decreto, "ignorando" gli emendamenti proposti dai 5 Stelle (prima 450, poi ridotti a 75 in Commissione, infine sintetizzati in 8 per l'Aula). Ma soprattutto si tratta di un modo per "rimandare il più possibile" la discussione e l'approvazione di un altro provvedimento, giudicato allo stesso modo cruciale.
Stiamo parlando del disegno di legge costituzionale di delega al Governo per le riforme, che consentirà al Comitato dei saggi di insediarsi anche formalmente e procedere in maniera spedita sulla strada delle riforme. Secondo interpretazioni autorevoli rilanciate dai 5 Stelle, è decisamente criticabile però intervenire proprio nella modifica dell'articolo 138 della Costituzione, considerato passaggio propedeutico a quelle riforme chieste a gran voce dal Capo dello Stato e "promesse" dal Presidente del Consiglio Letta fin dal suo primo discorso alle Camere. Insomma, si è deciso, appunto, di partire dall'articolo 138 per riscrivere parti essenziali della Costituzione repubblicana con l'intento di "cambiare le modalità per cambiare la Costituzione".
L'articolo in questione infatti disciplina le modalità con le quali si possono portare a compimento modifiche alla Carta:
Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.
Le modifiche previste consentirebbero innanzitutto di diminuire i tempi di "intervallo" tra le deliberazioni delle Camere (da tre mesi ad un mese) e, lasciando comunque il referendum confermativo, di inserire all'interno del percorso un nuovo organismo, il Comitato dei saggi appunto. In pratica, e in tal senso si concentra la polemica grillina, oltre a rappresentare una forzatura da un punto di vista dei tempi, il disegno di legge costituzionale rappresenta uno stravolgimento considerevole perché esautora di fatto il Parlamento dalla discussione sulle riforme, delegando ad un Comitato ristretto il compito di "impostare, pensare, elaborare" e lasciando all'Assemblea essenzialmente un compito di ratifica.
L'ostruzionismo dei 5 Stelle, insomma, intende impedire che la discussione sul provvedimento avvenga prima della pausa estiva. Una linea esemplificata dal vicepresidente della Camera Luigi Di Maio: "Più si allunga la discussione, più ci sono probabilità che per il ddl costituzionale si ritardi la discussione. Non si può modificare la Carta Costituzionale in piena estate con 1 ora di discussione in commissione, toccando una delle parti immodificabili: l'art. 138. A molti può sembrare una cosa di poco conto. Immagino già le peggiori riflessioni "qui la gente muore di fame e questi pensano alla Costituzione?" Ebbene. Più si è esautorato il Parlamento in questo Paese, più ci si è impoveriti e affamati di diritti in questi anni. Più si è derogata la Costituzione più si sono persi diritti sia dell'imprenditore che dell'operaio. Provate a immaginare il futuro adesso…"