Sono i Sindaci che fanno uno straordinario lavoro sul territorio ad essere depositari delle energie migliori di questo Paese ed è a loro che va la fiducia dei cittadini. E' questo in sintesi il pensiero che Luigi de Magistris ha affidato ai nostri microfoni solo qualche settimana fa, concludendo con un sibillino: "Qualcosa faremo, un movimento, un partito, con uno slancio di creatività…". Il tema centrale è ovviamente quello del ruolo che un ipotetico "movimento dei Sindaci" potrebbe ricoprire nel già fin troppo ingarbugliato scacchiere della politica italiana. Quello che è certo è che non è la prima volta che la popolarità degli amministratori locali rischia di far saltare il banco, sia a destra che a sinistra. Come nota argutamente Claudio Cerasa sul Foglio, "i sindaci più popolari diventano popolari anche distinguendosi dalle issue del proprio partito ma una volta diventati popolari, piuttosto che diventare per i capi dei partiti una formidabile risorsa per il proprio partito, diventano, spesso, quasi un problema". Un problema dovuto certamente a quella "debolezza dei partiti in tema di leadership", ma anche all'incapacità di ripensare gli spazi della partecipazione ed i confini stessi dell'azione politica. In effetti, accanto alla perdita di credibilità complessiva della classe politica, è aumentato, per così dire, il livello di incidenza delle singole amministrazioni territoriali non solo sulla vita dei cittadini amministrati direttamente, ma anche su quel "frullatore omogeneizzante" che è l'opinione pubblica i tempi della Rete e dei social network. In poche parole, i modelli di amministrazione virtuosi, magari portati avanti da un leader carismatico e direttamente o indirettamente "di rottura", escono dall'ambito locale e diventano non solo metro di paragone, ma anche simbolo di un'alternativa che paradossalmente appare tanto più credibile quanto meno definiti e chiari sono i suoi contorni e "limiti". In un tale ritratto c'è davvero poco spazio per le sottigliezze ed i distinguo e la stessa azione dei Sindaci viene caricata di una radicalità e rivoluzionarietà anche oltre le stesse intenzioni originarie.
Quali margini di azione avrebbe un Partito dei Sindaci? – E' fin troppo chiaro che al momento non sembrano esserci nemmeno i presupposti per abbozzare una risposta a tale domanda. O meglio, non prima di aver definito contorni netti, alleanze ed aree di riferimento. Quello che invece sembra abbastanza evidente è che i partiti hanno la necessità di tornare a confrontarsi con il territorio. E di farlo scegliendo la via del confronto e dell'inclusione rispetto a quella della contrapposizione e della marginalizzazione delle istanze. Magari cominciando a trovare una sintesi tra la rivendicazione del "primato dell'amministrazione sulla politica" e la necessaria inclusione dei referenti territoriali (ammesso che lo siano ancora) in una piattaforma politico – ideologica di più ampio respiro (e non suoni un'eresia). Il tutto tenendo nella giusta considerazione il carattere "personalistico" dell'ascesa di un simile movimento, che poco o nulla ha a che vedere con i luoghi tradizionali della rappresentanza politica. Perchè in effetti è proprio il cambiamento dei luoghi della rappresentanza e del confronto a rappresentare uno dei motivi della polarizzazione del consenso sui Sindaci (anche a prescindere dallo stesso operato amministrativo). E' la loro capacità di aprirsi al dialogo con i cittadini, anche e soprattutto sui social network (senza tralasciare le assemblee ed i confronti sul territorio), che rappresenta una delle novità dirimenti del loro approccio alla cosa pubblica. Certo, non sfuggirà che tale "tensione comunicativa" in parte sfocia nella demagogia e nel populismo, ma è proprio questa la sfida cruciale: restituire dignità alle istanze dal basso, rimettere in discussione la centralità dei partiti non in funzione di generiche spinte populiste o qualunquiste, ma interpretando l'ineludibile bisogno di inclusione e partecipazione ai meccanismi decisionali dei cittadini.