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Che cosa c’è scritto nel testo del condono fiscale contestato da Di Maio?

Nella serata di ieri, il vicepremier Luigi Di Maio ha denunciato che “una manina” avrebbe cambiato il testo del decreto fiscale nella parte relativa alla “pace fiscale”, trasformando di fatto la misura in un vero e proprio condono tombale, con tetto a 2,5 milioni di euro, che andrebbe a sancire inoltre la non punibilità penale di condotte quali riciclaggio e autoriciclaggio connesse all’infedele dichiarazione dei redditi.
A cura di Charlotte Matteini
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Nella serata di ieri, durante un'intervista concessa a Porta a Porta, il vicepremier Luigi Di Maio ha dichiarato che "una manina" avrebbe cambiato il testo del decreto fiscale nella parte relativa alla "pace fiscale", trasformando di fatto la misura in un vero e proprio condono tombale, con un tetto molto alto, pari a 2,5 milioni di euro, che andrebbe a sanare e a sancire la non punibilità penale di condotte quali riciclaggio e autoriciclaggio connesse al reato di evasione fiscale. Ma che cosa c'è scritto esattamente nella norma contestata dal leader del Movimento 5 Stelle?

Il decreto della discordia è quello recante "disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria e per esigenze indifferibili" composto da 26 articoli e datato 16 ottobre, data successiva a quella dell'approvazione in Consiglio dei Ministri. Secondo Di Maio, il testo dell'articolo 9 del decreto fiscale inviato al Quirinale sarebbe stato manipolato e non assomiglierebbe affatto a quello approvato in cdm in quanto di fatto prevede una sanatoria estesa ai contributi previdenziali, alle imposte sostitutive, all’Iva, con un tetto di 100 mila euro per singolo tributo e per ogni periodo di imposta. Così definito, il condono fiscale assumerebbe proporzioni molto più ampie di quanto inizialmente prospettato dall'esecutivo e il tetto, si calcola, potrebbe raggiungere facilmente i 2,5 milioni di euro.

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L'altro punto controverso dell'articolo che regola il condono fiscale è quello che prevede l'esclusione della punibilità penale di un eventuale riciclaggio o autoriclaggio connesso alla presentazione di una dichiarazione infedele o fraudolenta, nonché l'allungamento di tre anni dei termini entro i quali l’Agenzia può eseguire degli accertamenti, ma solo nei confronti dei contribuenti che non si avvalgono delle sanatorie. Il condono infatti prevede la non applicazione delle sanzioni penali per dichiarazione infedele, occultamento di documenti contabili, dichiarazione fraudolenta e soprattutto l'esclusione "delle condotte previste dagli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale", commesse in relazione all’evasione fiscale, ovvero l'esclusione della punibilità penale dei reati di riciclaggio e autoriciclaggio, che da codice prevedono pene che vanno dai 2 a 8 anni di carcere. Questi due reati resterebbero perseguibili solo se connessi ad altre fattispecie diverse dall'evasione fiscale.

Stando a quanto si legge nell'articolo della discordia, la dichiarazione integrativa da presentare entro la fine di maggio 2019 consentirebbe ai contribuenti di correggere "errori o omissioni e integrare le dichiarazioni fiscali presentate entro il 31 ottobre 2017 ai fini delle imposte sui redditi e relative addizionali, delle imposte sostitutive di quelle sui redditi, delle ritenute e dei contributi previdenziali, dell’imposta sul valore degli immobili all’estero, dell’imposta sulle attività finanziare all’estero, dell’Irap e dell’Iva. L’integrazione degli imponibili è ammessa nel limite di 100 mila euro per singola imposta e per periodo di imposta e comunque non oltre il 30% di quanto già dichiarato".

In questo modo, i redditi non denunciati possono essere regolarizzati versando un’imposta sostitutiva del 20% sul maggior imponibile Irpef o Ires, misura che di fatto diventa molto più conveniente per chi dichiara redditi alti e molto meno per chi invece ha redditi medio-bassi. Nel caso dell’Iva, invece, il condono prevede il pagamento di un’aliquota media inferiore a quella ordinaria al 22%.

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