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Che cos’è la decontribuzione, perché il Governo ci crede e perché i sindacati sono contrari

Come funziona la proposta di decontribuzione del Governo e perché i sindacati (la CGIL) la considerano inutile e confusionaria.
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Nella risoluzione sulla nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, approvata dalla maggioranza qualche giorno fa, si chiedeva al Governo di intervenire per mettere in campo provvedimenti volti “alla promozione dell’aumento dell'occupazione, in particolare a tempo indeterminato per i giovani, mediante nuovi interventi di decontribuzione del lavoro”. Si trattava del via libera praticamente definitivo alla nuova misura di decontribuzione, cui Poletti lavora da tempo e che già è stata sonoramente bocciata dai sindacati. [EDIT 16 ottobre: il Cdm ha confermato che la misura di decontribuzione riguarderà i giovani fino a 35 anni]

In soldoni, il Governo pensa di agire nuovamente sul costo del lavoro, ancora lato impresa, prevedendo il dimezzamento dei contributi per i primi tre anni per le assunzioni a tempo indeterminato di “giovani” (o anche per le trasformazioni contrattuali). Non è ancora chiarissimo quale possa essere la platea dei soggetti beneficiari: il Governo propende per uno sconto dedicato agli assunti sotto i 32 anni, ma non è certo del via libera di Bruxelles. Anche sull’entità della decontribuzione ci sono poche certezze, come scrive Il Sole 24 ore: “In pratica, ci si attesterebbe intorno al 15% di contribuzione l'anno, in luogo dell'attuale 30%/33 per cento. Ci sarebbe però un tetto annuo allo sgravio: l'agevolazione varrà infatti fino a 4.030 euro (fin qui si era ipotizzato uno sbarramento più basso, 3.250 euro)”. Le risorse a disposizione non dovrebbero andare molto al di là del miliardo di euro, comunque molto più della somma destinata al Reddito di inclusione, uno dei pilastri della manovra del Governo per quest'anno.

A che serve la decontribuzione

Chiaramente, come noto, la nota di aggiornamento al DEF contiene solo un’indicazione generica, ma non è escluso che nella legge di bilancio trovi posto la proroga dell’attuale bonus disoccupazione per il 2018 (riservato ai Neet) o per i giovani meridionali quella del bonus Sud, in modo da avere uno sgravio contributivo del 100% per il primo anno e del 50% per il prossimo biennio.

Ma servono queste misure di decontribuzione, che aiutano soprattutto le aziende? Il Sole 24 Ore ha fatto due conti relativamente al bonus occupazione riservato ai Neet (giovani che non studiano e non lavorano, che sono dunque fuori dal mercato del lavoro) e al bonus Sud, che però è riservato anche ai disoccupato da almeno 6 mesi, senza limiti di età.

Secondo gli ultimi dati Inps-Anpal, da gennaio a luglio, l’incentivo per l’assunzione di «Neet» ha portato alla firma di 32.983 contratti. Per la sua proroga anche nel 2018 sarebbero necessari, in base alle primissime stime, circa 50 milioni di euro (la metà del tiraggio di quest’anno). Per la proroga del bonus Sud sarebbe invece necessaria una cifra intorno ai 500 milioni. Qui la misura sta funzionando piuttosto bene: ad agosto, secondo l’ultimo monitoraggio Anpal, sono arrivate 124.446 domande di decontribuzione; di queste sono state confermate 82.651 (+12% rispetto al mese precedente), impegnando 356,6 milioni (la misura ha una dote complessiva 2017 di 530 milioni).

Il ministro del Lavoro ha sempre difeso i provvedimenti di decontribuzione, ricordando il peso che hanno avuto per la crescita occupazionale, ma ultimamente ha insistito sul concetto di “contesto più ampio”. Per Poletti, infatti, altri provvedimenti di decontribuzione hanno senso solo se inseriti in un percorso che prevede interventi più ampi, come ha spiegato recentemente: “Il primo intervento è il rifinanziamento di Garanzia Giovani, il secondo è il rafforzamento del sistema duale con la sua messa a regime dopo la sperimentazione dello scorso anno. Condividiamo, poi, la proposta del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca di potenziare gli ITS, in quanto avvertiamo come le imprese abbiano bisogno di personale dotato di competenze tecniche”.

Il no dei sindacati alla decontribuzione

I sindacati la pensano diversamente, in particolare rispetto all’ipotesi di una nuova forma di decontribuzione limitata alla componente giovanile. Essenzialmente le critiche vertono su tre punti: sul carattere “non strutturale” di una simile misura, sullo spostamento di risorse “lato azienda” e sulla confusione normativa che si potrebbe determinare. Ai nostri microfoni, Maurizio Landini, ex segretario Fiom, spiegava: “È una misura sbagliata e ingiusta, negli ultimi anni sono stati trasferiti alle imprese circa 40 miliardi, di questi solo 2 o 3 miliardi sono stati reinvestiti; non c’è selezione, fatta in questo modo la decontribuzione è un regalo agli speculatori. Quaranta miliardi potevano e dovevano essere investiti diversamente”. E Camusso, segretario generale della CGIL, aggiungeva che non si può pensare che il provvedimento del Governo per l’occupazione possa essere “nuovamente una delega alle imprese a utilizzare dei vantaggi fiscali”. E Gianna Fracassi, segretaria confederale, dal palco delle Giornate del Lavoro di Lecce chiosava: "Tante risorse su decontribuzione e bonus hanno creato solo, quando lo hanno creato, lavoro precario, a termine. Altrimenti restano gli stage, magari anche per fare gli spazzini, o il lavoro gratuito. Bisogna invece fare vere politiche sul lavoro”.

L’analista Mario Seminerio, in un pezzo pubblicato sul Fatto Quotidiano, aggiunge, infine, un ulteriore elemento critico rispetto a provvedimenti di decontribuzione limitati alla platea di under 29 o under 32: il rischio di un grassone contributivo al termine del periodo coperto dagli sgravi.

Il lavoratore che compie trent’anni avrebbe un costo del lavoro raddoppiato all’istante, con tutte le disfunzionalità che questa segmentazione causerebbe. A poco e nulla servirebbe il piccolo ammortizzatore che prevede (coperture permettendo) un taglio del 3-4% del nuovo e più elevato livello contributivo, diviso tra azienda e lavoratore. Sarebbe comunque uno shock di costo del lavoro che spingerebbe le imprese verso nuovi arbitraggi di manodopera, privandosi degli over 30 per assumere gli under 30 “sgravati”

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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