La dicitura circola da qualche giorno e, come spesso accade, risponde a una serie di suggestioni e indicazioni che arrivano direttamente dai palazzi della politica. Voci, idee o semplici indiscrezioni che vengono puntualmente immesse nel dibattito pubblico grazie a retroscena e analisi di scenario, che poi danno vita a interviste, prese di posizione, commenti e via discorrendo. Così, in poche semplici mosse, un tema che non esisteva scala posizioni nell’agenda politica e, a volte, finisce per imporsi e prendere concretezza. È questo il caso del “governo di tregua”, concetto che viene sviluppato da analisti di lungo corso e declinato in modi e tempi leggermente diversi.
Si parte dalla considerazione del persistere dello stallo, che rende impossibile la formazione di un qualsivoglia esecutivo di tipo politico. Fallite le mediazioni di Casellati e Fico, e registrata la contrarietà di Mattarella tanto a un immediato ritorno alle urne quanto a un conferimento dell’incarico a Salvini per un governo di minoranza, non resterebbe dunque che una sola opzione. Che veda direttamente in campo il Presidente della Repubblica, preoccupato dall’incombere di impegni presi in sede europea e dall’assenza di una legge elettorale che garantisca la governabilità. Spiega Il Sole 24 Ore: “Quello che alcuni preferiscono definire anche un Governo di “tregua” potrebbe essere guidato da una personalità terza, fuori dalla politica, capace di coagulare largo consenso con obiettivi minimi ma sufficienti per non svegliare speculazioni finanziarie sull'Italia. È evidente che questo esecutivo dovrà varare la manovra, evitando che scattino le clausole di salvaguardia che prevedono l'aumento automatico dell'Iva. E potrebbe forse varare una nuova legge elettorale”.
Chi dovrebbe votare un governo di questo tipo? “Tutti quelli che sono disponibili a farlo”, è la risposta che circola in queste ore tra i bene informati. Frase che significa tutto e niente, evidentemente. Quale sarebbe l’orizzonte temporale entro cui muoversi? Chi lo guiderebbe? E quali sono le caratteristiche che rendono così urgente un intervento diretto del Quirinale?
Qualche dettaglio in più lo riporta Ugo Magri su La Stampa:
Mattarella ne vorrà ragionare con i vari protagonisti. Si preannuncia un terzo giro di consultazioni, finalizzato a sondare l’accoglienza che riceverebbe in Parlamento un esecutivo guidato dal presidente del Senato, o della Camera, o da qualche altra figura semi-istituzionale (ne circolano una quantità, tutte improbabili), con un orizzonte temporale molto limitato: il governo di tregua durerebbe al massimo fino a dicembre, per poi tornare alle urne nella primavera 2019. Un tempo comunque sufficiente per non lasciare la sedia vuota al Consiglio europeo di fine giugno, dove l’ultima tegola per l’Italia è che si parla di tagliare del 5 per cento i nostri fondi agricoli e del 7 quelli «di coesione» per il Mezzogiorno. Un governo di qui a fine anno permetterebbe inoltre di varare la legge finanziaria, scongiurando l’aumento stratosferico dell’Iva al 25 per cento conseguente all’eventuale esercizio provvisorio 2019. Non è da escludere che possa essere affrontato il tema della nuova legge elettorale.
Insomma, si tratterebbe di una operazione gestita direttamente da Mattarella, che farebbe appello al senso di responsabilità degli altri partiti. Un appello cui il PD difficilmente dirà di no, anche in considerazione del fatto che non si tratterebbe di una soluzione così distante da quella vagheggiata da Matteo Renzi nel corso della sua intervista a Che Tempo Che Fa, eccezion fatta per la chimera della riforma costituzionale, di cui Mattarella ora (giustamente) non vuole nemmeno sentir parlare. Il problema sarà convincere Salvini, che si è sempre detto indisponibile ad appoggiare un governo tecnico o anche solo un esecutivo "insieme" al PD. Ostacoli che potrebbero essere superati solo ed esclusivamente se il leader leghiste avesse sostanziose garanzie: la poltrona del Viminale per se e l'indicazione di un nome per Palazzo Chigi, probabilmente.
Una uscita dalla crisi di questo tipo, in ogni caso, non sarebbe priva di conseguenze. Prima di tutto si tratterebbe di dar vita a un governo comunque debole, la cui attività sarebbe soggetta ai capricci delle varie forze politiche, costretto a un uso sistematico della questione di fiducia, potendo contare su nient'altro che la volontà di autoconservazione in Parlamento dei neoeletti. Quanto e come un esecutivo rattoppato possa fare l'interesse del Paese è tutto da dimostrare. A Palazzo Chigi, peraltro, c'è ancora Gentiloni e il Parlamento può comunque operare senza vincoli particolari. La sovraesposizione di Mattarella, inoltre, non farebbe altro che polarizzare ulteriormente il quadro politico, dando al Movimento 5 Stelle la patente di "unica opposizione nel Parlamento e nel Paese" e un'autostrada verso il 51%. Mattarella, che ha firmato la nuova legge elettorale pur conoscendo benissimo i rischi di una impasse successiva, dovrebbe farsi garante di una operazione politicista, blandire Salvini, legittimare la figura di Berlusconi come statista responsabile e indirizzare le decisioni degli organi interni del PD. Col rischio di trovarsi punto e a capo dopo pochi mesi.