Cgil a Fanpage: “Governo in imbarazzo sulle pensioni, alzare i requisiti sarebbe un errore”
Nelle ultime settimane, il tema delle pensioni è tornato al centro del dibattito. Non tanto per gli interventi della legge di bilancio, che sono stati marginali, ma perché nel 2027 potrebbero alzarsi i requisiti per lasciare il lavoro: tre mesi in più di attesa, sia per la pensione di vecchiaia che per quella di anzianità. Lo aveva anticipato l'Istat, lo di fatto confermato l'Inps aggiornando il proprio simulatore, e negli scorsi giorni anche la Ragioneria generale dello Stato.
Il ministro dell'Economia Giorgetti ha chiarito che la linea del governo Meloni è di evitare questo aumento. Fanpage.it ha intervistato Ezio Cigna, responsabile Politiche previdenziali della Cgil. Che ha sottolineato: "Sulle pensioni si sono fatte tante promesse. La verità ci dice tutt'altro".
Partiamo dall'età pensionabile. Il caso si è aperto quando l'Inps ha aggiornato il proprio simulatore senza preavviso, di fatto dicendo che dal 2027 si andrà in pensione tre mesi dopo. Siete riusciti a capire cosa è successo?
È successo qualcosa che non doveva succedere, perché l'istituto non lo ha mai fatto nel passato, non doveva farlo adesso. La retromarcia dell'istituto mi pare chiara. Ha aggiornato i requisiti senza che il dato fosse ufficiale per tutti e per tutte, ma soprattutto senza che i ministeri avessero messo nelle condizioni l'Inps poi di fare quell'aggiornamento.
Dal punto di vista previdenziale c'è stata un'informazione corretta, perché abbiamo visto che la Ragioneria ha aggiornato il rapporto, ma scorretta perché se non ci sono i dati, l'Inps sicuramente non può aggiornare gli applicativi senza un elemento ufficiale.
Il governo ha tempo fino alla fine di quest'anno per decidere se poi ci sarà o meno un cambiamento nei requisiti dal 2027. Il ministro Giorgetti ha detto che preferirebbe congelare gli aumenti. È un buon segnale?
Questo governo si è speso molto sul tema delle pensioni, quindi è evidente che in una fase di questo tipo l'imbarazzo più grande lo abbia il governo, soprattutto nella comprensione che per le lavoratrici e i lavoratori andare in pensione ancora con tre mesi in più nel 2027, e due mesi in più nel 2029, sarà seriamente un problema da affrontare.
Da questo punto di vista l'apertura del governo è positiva, ma noi siamo abituati che sulle pensioni si sono fatte tante promesse. La verità ci dice tutt'altro, cioè che la legge Monti-Fornero è ancora in vigore e che di fatto negli ultimi anni, nelle ultime leggi di bilancio, è stata azzerata qualsiasi forma di flessibilità in uscita.
L'Istat ha già fatto sapere, anche se non ufficialmente, che l'aspettativa di vita è effettivamente aumentata in Italia. È giusto che se si vive di più si vada anche in pensione più tardi?
Questo tema dell'aspettativa di vita è un tema fondamentale nei sistemi previdenziali, non solo quello italiano. Il problema è che il sistema previdenziale italiano incorpora gli adeguamenti dell'attesa di vita con un duplice effetto: quando aumenta l'attesa di vita si diventa più poveri. Sulle pensioni nel 2025, ad esempio, si abbassano i coefficienti di trasformazione, quindi le pensioni saranno più povere.
Ma quando si alza l'attesa di vita si va anche in pensione più tardi. Noi siamo l'unico paese in Europa che quando cambia l'attesa di vita ha due effetti per le persone. Sono due effetti che vanno mitigati e vanno affrontati, anche con un'idea di previdenza che guardi al lavoro. Oggi i lavori non sono tutti uguali.
Per chiarirlo, secondo voi nel 2027 si dovrebbe andare in pensione più tardi rispetto ad oggi oppure no?
Assolutamente no, assolutamente no. Sarebbe pazzesco che in Italia il requisito della pensione di vecchiaia, ad esempio, passi a 67 anni e tre mesi e nel 2029 a 67 anni e cinque mesi. Questo sarebbe sbagliato. Non lo dico solo osservando il nostro sistema previdenziale, ma guardando anche i sistemi previdenziali in Europa.
Ha accennato alle promesse non mantenute del governo sulle pensioni. L'ultima legge di bilancio ha toccato poco il tema, come valutate la linea finora? E quali interventi servirebbero?
È proprio questo il messaggio che il governo ha provato a dare durante l'iter di approvazione della legge di bilancio, che sulla previdenza ha fatto poco. No, sulla previdenza si è continuato a fare cassa. Si sono continuate ad azzerare le misure di flessibilità che in questi anni avevano provato i diversi governi a portare avanti. Penso all’Ape sociale, a Quota 103, Opzione donna totalmente azzerata.
E si è attaccato il mondo pubblico in maniera particolare, con la legge di bilancio dello scorso anno e con la legge di bilancio di quest'anno. Cioè noi siamo passati da un governo che aveva promesso a tutti e a tutte che si sarebbe andati in pensione dopo 41 anni di contributi. Nelle misure previdenziali di questa legge di bilancio l'obiettivo invece è stato mandare in pensione più tardi tutti, addirittura fino a 70 anni.
Negli scorsi giorni il Centro studi Itinerari previdenziali ha sottolineato che ci sono troppi anticipi pensionistici e ha proposto un "superbonus" per chi sceglie di restare al lavoro fino a 71 anni. Cosa ne pensa?
Penso che sono discussioni importanti, quando si parla di previdenza, quindi vanno ascoltate tutte le posizioni. Io credo che dal rapporto di Itinerari previdenziali emerga con forza che il bilancio dell'Inps, del nostro sistema previdenziale, è in equilibrio. Vanno fatti degli aggiustamenti in termini di prospettiva.
Però io dico tanto: guardiamo all'Europa. Noi siamo il Paese che ha il requisito di vecchiaia più alto in Europa. I 67 anni, ad esempio la Germania, li raggiungerà nel 2029. Quindi ipotizzare interventi che producano degli effetti per chi lavora magari tanto e versa le tasse in questo Paese, credo che sia un elemento di attenzione di tutti.
Credo che la previdenza, mai come adesso, è un tema trasversale anche con i temi della sanità e del fisco. Ogni volta che spostiamo il traguardo pensionistico per chi lavora, per chi magari ha versato 42 anni e dieci mesi di contributi, non ci dobbiamo dimenticare che sono quel pezzo importante per il Paese che tiene avanti il welfare, i servizi e quant'altro.
Su questo credo che vada fatto un ragionamento ampio. Noi da tempo chiediamo al governo di aprire un reale confronto sulla previdenza: anzi, chiediamo di aprire un cantiere, perché qui non si tratta di discutere dietro un tavolo di qualche giorno. Si tratta di aprire un cantiere di analisi sul sistema previdenziale per trovare le misure migliori.