Centri per l’impiego senza impiegati: meno di mille assunzioni su 11mila previste
I centri per l’impiego, nati per facilitare la ricerca di lavoro, non riescono ad assumere. In tre anni erano attesi oltre 11mila dipendenti e ne sono arrivati meno di mille, nonostante i milioni di euro stanziati e un piano appositamente predisposto. La causa è da ricercare nella lentezza delle Regioni nell’espletamento della procedure concorsuali. Dovrebbero preparare i bandi, che invece si perdono nei rivoli della burocrazia, con la foglia di fico della pandemia, vanificando l’intenzione di potenziare le politiche attive. Proprio quello strumento indicato come la panacea di (quasi) tutti i mali per affrontare il problema della disoccupazione. O comunque il miglior modo per rientrare nel mondo del lavoro.
La verità è scolpita dai dati ufficiali forniti dal Ministero del Lavoro, in risposta a un’interrogazione presentata alla Camera dalla deputata del Movimento 5 Stelle, Valentina Barzotti. Dal 2019 al 2021, infatti, è stata disposta l’assunzione di 11.600 risorse per i centri per l’impiego, da aggiungere all’attuale organico che conta 8mila dipendenti. Il progetto era contenuto nel decreto che ha istituito il Reddito di cittadinanza. La riforma spingeva sul rafforzamento dei centri. Per questo motivo la spesa preventivata sul capitolo era superiore al miliardo, comprendendo nella somma anche l’ammodernamento infrastrutturale e tecnologico dei centri per l’impiego. “Un obiettivo prioritario”, sottolineò l’allora ministro al Lavoro, Luigi Di Maio. E invece, quasi alla conclusione dell’iter (il 2021 ha superato la metà), è andato in porto meno del 10% delle assunzioni previste. Tradotto in numeri, al 31 marzo sono stati sottoscritti circa 950 contratti.
"Il potenziamento dei centri per l’impiego previsto dalla legge istitutiva del Reddito di cittadinanza – spiega Barzotti a Fanpage.it – è la prima pietra di una più ampia riforma del mercato del lavoro, che la pandemia ha fortemente accelerato. L’assunzione di 11.600 nuovi operatori permetterà non solo ai percettori del Rdc, ma anche a tutti i disoccupati e ai beneficiari di strumenti di sostegno al reddito, di avere finalmente un servizio adeguato alle loro necessità". Nel dettaglio la ripartizione del personale prevedeva un rinforzo di 4mila unità per il 2019, 3mila per 2020 e i restanti 4.600 per l’anno in corso. L’obiettivo era quello di raggiungere almeno i 20mila dipendenti per avviare il lento avvicinamento ai migliori modelli europei, su tutti quello tedesco. Che conta qualcosa come 100mila impiegati. Molte regioni sono addirittura al palo. È il caso della Campania, governata da Vincenzo De Luca, dove erano attesi ben 1.840 nuovi ingressi, ne risultano zero. Non va certo meglio nella Sicilia di Nello Musumeci: a fronte di 1.246 posti a disposizione, non è arrivato un solo nuovo dipendente negli uffici. Su questo punto si sono fatti sentire i sindacati. “Ancora oggi non si sa nulla del bando per il potenziamento dei Centri per l’impiego”, hanno denunciato Cgil, Cisl, Uil Sicilia in una nota congiunta.
Stesso discorso per la Puglia, che avrebbe potuto assumere 1.129 unità di personale. La Calabria si accoda all’andazzo generale delle regioni del Sud: 623 assunzioni autorizzate, nessuna realizzata. E dire che in quei territori ci sarebbe bisogno di migliorare, eccome, le politiche attive, alla luce della grave situazione della disoccupazione. A zero figurano anche Basilicata, Molise e Umbria. Il problema, comunque, non è solo geografico. Anche al Nord è tutto paralizzato. In Piemonte l’organico avrebbe dovuto accogliere 716 nuovi dipendenti, in Lombardia addirittura 1.378. In entrambi i casi, manco a dirlo, non c’è stata alcuna assunzione. Le situazioni migliori sono quelle del Veneto, con 215 nuove unità introdotte a fronte di un totale di 606 attese, e della Liguria con 100 nuove unità su 258 attese. A piccoli passi si muovono anche Toscana (142 assunzioni su 643 autorizzate) ed Emilia-Romagna (118 su 655). Anche le regioni più virtuose, comunque, sono al di sotto del 50%. La deputata del M5S Barzotti, in tal senso, insiste: "Non possiamo più permetterci ritardi: il piano di attuazione è stato deliberato nel 2019, gli stanziamenti sono stati effettuati. Ora bisogna correre. Serve uno sforzo straordinario, come straordinario è il piano che abbiamo predisposto".
La sottosegretaria al Lavoro, Tiziana Nisini, ha voluto puntualizzare “che il monitoraggio amministrativo avviene su cadenza trimestrale sulla base dei dati richiesti dal Ministero e forniti dalle Regioni e, in talune situazioni possono non rappresentare la situazione fattuale aggiornata di avanzamento delle attività”. Insomma, si attendono aggiornamenti dei prossimi tre mesi, ma salvo miracoli la sostanza non cambia. Certo, il 2020 è stato caratterizzato dal blocco dei concorsi a causa della pandemia. Ma un dato è inoppugnabile: già nel 2019 la macchina non è mai partita. Il Covid non rappresenta quindi un’assoluzione per la grottesca vicenda, tutta italiana, dei centri per l’impiego senza impiegati.