C’è un’altra donna iraniana in fuga dal regime detenuta ingiustamente in Italia. Ma nessuno ne parla

Si chiama Marjan Jamali, ha 29 anni ed è fuggita dal regime iraniano e da un marito violento che ha tentato di ucciderla. Ha attraversato il mare con suo figlio in cerca di salvezza, e proprio durante la traversata verso l'Europa ha subito un ulteriore orrore: tre uomini, infatti, avrebbero cercato di violentarla. Non solo, al suo arrivo al porto di Roccella Jonica l'hanno accusata di essere una scafista. La storia di violenza e ingiustizia di Jamali si ripete così nel paese che avrebbe dovuto accoglierla, l'Italia, che invece sembra continuare a tenerla nell'ombra del silenzio e dell'indifferenza. Dal 27 maggio 2024, Jamali è infatti agli arresti domiciliari con il suo bambino di otto anni, ospitata dalla cooperativa "Jungi Mundu" a Camini, ed è accusata di favoreggiamento dell'immigrazione irregolare. La sua vicenda solleva interrogativi cruciali sul trattamento delle donne migranti e sulle carenze del sistema giuridico italiano. La nuova udienza del suo processo si svolgerà lunedì 24 marzo.
La fuga dall'Iran, la violenza in mare e l'arresto
Dopo aver vissuto sotto un regime, quello iraniano, che sta sempre più intensificando la repressione contro le donne, dopo la morte di Mahsa Amini, Marjan Jamali ha cercato di sfuggire a un matrimonio violento. Il suo viaggio verso l'Europa, nell'ottobre del 2023, intrapreso per cercare un futuro migliore per sé e per il figlio, è stato segnato da nuove violenze: durante la traversata del Mediterraneo, Jamali è stata infatti molestata da tre uomini iracheni, gli stessi che l'hanno poi accusata di favoreggiamento dell'immigrazione irregolare, complicando ulteriormente la sua situazione legale. Dopo l'arresto in Italia, avvenuto il 28 ottobre 2023, appena due giorni dopo il suo arrivo al porto di Roccella Jonica, sulle coste calabresi, Jamali ha più volte chiesto l'assistenza di un mediatore culturale, o di un traduttore, per comprendere le accuse contro di lei. Diritto che però le è stato concesso solo dopo alcuni mesi, solo in parte e comunque non nella sua lingua madre. L'articolo 111 della Costituzione italiana stabilisce che chi non comprende la lingua del processo deve essere assistito da un traduttore.
L'accusa e le criticità della legge italiana sull'immigrazione
L’accusa che ha portato Marjan Jamali e Maysoon Majidi, un'altra donna iraniana arrestata nello stesso periodo con la stessa imputazione di essere una scafista, si basa sull'articolo 12 del Testo Unico sull'Immigrazione (TUI). Questa norma prevede sanzioni per chi facilita l'ingresso irregolare di stranieri, senza però distinguere tra chi lo fa per profitto e chi agisce in situazioni di emergenza. A livello internazionale, invece, il traffico di esseri umani viene riconosciuto solo quando vi è un vantaggio economico: il Protocollo delle Nazioni Unite, ratificato dall'Italia, vieta la criminalizzazione delle vittime, proprio come nel caso di Jamali, che non ha tratto alcun guadagno dalla sua fuga, ma ha cercato di sottrarsi a situazioni di violenza.
Di fatto, la normativa italiana non è in linea con gli standard internazionali e finisce per penalizzare chi tenta di mettersi in salvo; sebbene l'articolo 12 preveda l'esclusione della punibilità per le azioni a scopo umanitario, nella pratica le leggi italiane ostacolano chi offre aiuto alle persone migranti, mettendo a serio rischio anche il lavoro delle ONG e dei difensori dei diritti umani.
Amnesty International: "Le leggi devono tutelare, non punire"
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, ha denunciato a Fanpage.it come la retorica politica abbia contribuito a un inasprimento delle leggi contro chi fugge e cerca di raggiungere l'Italia. Secondo Amnesty, l'associazione tra "scafisti" e "trafficanti" ha portato a criminalizzare indiscriminatamente le persone migranti, senza promuovere vie di ingresso sicure e legali: "La legislazione sul favoreggiamento dell'ingresso irregolare deve essere riformata con urgenza. Non solo non si dovrebbero punire le persone che aiutano in buona fede, ma si dovrebbe anche garantire protezione a chi fugge da persecuzioni e violenze", ha sottolineato Noury. Amnesty International segue da vicino i casi di Jamali e Majidi, denunciando le gravi violazioni dei loro diritti e le lacune nei sistemi di asilo che dovrebbero invece offrire protezione: "La vicenda di Jamali dimostra come, anziché tutelare, le procedure possano diventare punitive", ha aggiunto Noury.
L'organizzazione chiede ora con forza che l’Italia e l’Europa garantiscano protezione alle donne in fuga dalla violenza, evitando di criminalizzarle per le circostanze che le hanno costrette a scappare: "Dopo l'assoluzione di Maysoon Majidi, Amnesty International Italia auspica arrivi in fretta anche quella di Marjan Jamali, nel processo che si svolge lunedì 24 marzo. Un' importante udienza".