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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

C’è una maggioranza pacifista che non sostiene Netanyahu né Hamas, ma continuate a non volerla vedere

In Italia c’è una maggioranza pacifista, che in parte è scesa in piazza, in larghissima parte è smarrita e cerca un modo per esprimere la sua indignazione e rabbia di fronte al massacro in corso a Gaza e alle stragi di civili, di tutti i civili. Ma la politica e i commentatori fanno finta di non vederla.
A cura di Christian Raimo
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Ieri alla manifestazione per la pace e la Palestina libera eravamo una marea di persone, di ogni età, classe sociale, colore della pelle. Esiste una maggioranza pacifista nonostante tutta la narrazione velenosa che respiriamo tra giornali e politica, fatta di ricatti retorici, posizionamenti privi di coraggio, neocolonialismo spacciato per difesa dei valori dell’occidente sotto scacco, sovranismi d’accatto. Una maggioranza pacifista, che in parte è scesa in piazza, in larghissima parte è smarrita e cerca un modo per esprimere la sua indignazione e rabbia di fronte al massacro in corso e alle stragi di civili, di tutti i civili.

Esiste una maggioranza che grida "Free Palestine" e che non ha simpatie alcune per gli islamisti, né pelose, né strategiche, per Hamas e compagnia.

È molto semplice per chi è pacifista, ieri, oggi, lo sarà, prendere le distanze dalle derive fanatiche, fasciste di una parte dei movimenti islamisti, molto più semplice di chi si trova a "difendere l'esistenza di Israele", non minacciata di fatto da nessuno, insieme alla peggiore disumana cialtroneria di estrema destra dell’attuale governo di Israele. Le vittime del 7 ottobre sono vittime degli attacchi di Hamas, ma anche la drammatica conseguenza dell'idiozia politica di chi ha pensato che 2 milioni di persone potessero essere tenute in una prigione a cielo aperto.

Mentre in buona parte dell’Europa liberale si vietano le manifestazioni per la Palestina, mentre le risoluzioni Onu per il cessate il fuoco svelano la pavidità, la vergogna di governi che per calcoli elettoralistici, per tatticismi di consenso, per mancanza di cultura politica, votano in ordine sparso, si astengono; per fortuna esiste, esiste ancora, un’Europa internazionalista e antifascista.

Antifascista, in modo chiaro. Ieri in piazza chi era evidentemente assente erano proprio quei postfascisti, neofascisti, che si ritrovano anche al governo oggi, che hanno fatto carriera politica anche tra gli anni settanta e i duemila, lucrando consenso sulla causa palestinese, innamorati della causa della libertà dei popoli, fin quando hanno visto sbocciare la passione vile per l’essere colonia di un impero feticcio, e hanno nascosto o cestinato le kefiah.

Chi era in piazza ieri non ha bisogno di rispondere a quel ricatto demenziale – "ma le avete condannate le stragi del 7 ottobre?" – perché da decenni quello che è rimasto del movimento internazionalista italiano ha continuato a combattere i fascisti islamisti nel medio, nel vicino Oriente, in Europa. Combattere in modo diverso, con le armi della solidarietà e della non violenza, ma anche letteralmente con il fucile. La piazza ieri ricordava i suoi caduti, come Vittorio Arrigoni o Lorenzo Orsetti, che hanno manifestato e combattuto per l’indipendenza e la democrazia. Pensando ad esempio Orsetti che il confederalismo democratico praticato nel Kurdistan siriano nella lotta contro Isis, potesse essere una soluzione per tutto il Medio Oriente. Altro che “esportare la democrazia” con le bombe al fosforo.

Quella piazza di ieri è maggioranza nel paese, al di là dei sondaggi farlocchi, degli editoriali di Federico Rampini e di Giuliano Ferrara e dei vari “difensori della civiltà”, ancora incagliati in un’idea bellicista che era sciocca e vecchia e infantile anche negli anni Novanta, la barzelletta feroce del clash of civilizations (ieri un pezzo di Rampini sul Corriere era titolato, ancora!, “Un secolo di storia per capire l’odio dell’Iran verso di noi”. Noi chi?).

In questa débâcle culturale che riduce il dibattito a ricatto, che vorrebbe schiacciare anche la voce degli ebrei democratici italiani, degli arabi israeliani che vivono in Italia, per fortuna è possibile una mossa del cavallo. Come il gesto di Zerocalcare, di Alessio Spataro, di Giancane e di altri fumettisti e artisti che hanno deciso di non andare a Lucca Comics, perché il cortocircuito di una manifestazione culturale patrocinata dall’ambasciata di uno stato che sta ammazzando civili in modo sistematico è moralmente ingestibile; e questo gesto si associa a quello di altri che hanno deciso di andarci, problematizzando la loro presenza, prendendo una pubblica parola che non è uno schieramento coatto in una polarità infingarda tra due schieramenti che esistono solo perché sperano di legittimarsi a vicenda, in nome di un’escalation che si auspica invece di temere.

Ieri in piazza si usava la parola genocidio, per descrivere quello che sappiamo, spesso possiamo solo immaginare – perché non è possibile nemmeno documentarlo – sta accadendo a Gaza. È un termine esagerato, o non è esattamente corrispondente a quello che accade, fuori scala, nel lager-Striscia? Assistiamo impotenti alla strategia suicida del governo di Netanyahu, che continua a descrivere le sue operazioni militari come quadri di un videogioco, e non ha nessuna idea di come garantire la pace di un solo giorno nel momento in cui a un certo punto – forse – smetterà di bombardare a tappeto.

Anni fa ebbi per qualche mese una corrispondenza con Vittorio Arrigoni; gli avevo chiesto – lavoravo come editor da minimum fax – di fare un libro con noi. Leggevo il suo blog come molti. Era già mezzo in parola con Manifesto libri, e non se ne fece nulla – e per fortuna i suoi testi sono usciti e sono ancora in catalogo lì – ma continuammo a scriverci per un po’ prima che fosse ucciso. Era sempre molto divertente, nonostante tutto intorno a lui fosse un massacro quasi quotidiano, e concludeva le sue mail con quel saluto, Restiamo umani, che mi sembrava quasi troppo confidenziale o retorico.

Quando è morto, quel saluto è diventato una sorta di amuleto per il movimento internazionalista, per chi vuole una Palestina libera, e persino oggi ha questo potere strano, di proteggerci contro i demoni della disumanità. La piazza di ieri è stata un importante esorcismo, dovremmo continuare a farne.

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Christian Raimo è docente di filosofia e storia in un liceo romano, scrittore, collaboratore de La Stampa, Domani, Internazionale, la Repubblica e consulente scientifico di Treccani. Docente di scrittura narrativa, editing, scrittura di non-fiction in master e corsi universitari o organizzati da case editrici e agenzie letterarie. Autore di programmi TV e radio. È stato assessore alla cultura del municipio III di Roma. Il suo ultimo libro è “Scuola e Resistenza” (Altreconomia, 2024).
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