L'Italia non è il Paese che amiamo. C'è poco da fare. Vorremmo cambiarlo, ma non ci riusciamo. Qualsiasi mezzo utilizziamo. C'è una generazione di giovani che chiede una svolta su tanti, troppi temi, ma non viene ascoltata. Delle oltre 1,2 milioni di firme raccolte per presentare il referendum sull'eutanasia, 326mila provenivano da persone nate dal 1990 in poi. Quasi una su tre. Se guardiamo le sottoscrizioni per il referendum sulla cannabis legale il dato è ancora più schiacciante: 630mila le firme totali, 389mila quelle dei nati tra il '90 e il 2003. Sono più della metà. I dati, pubblicati dall'Associazione Luca Coscioni, parlano chiaro.
Davanti a questi numeri la politica e il Parlamento non possono e non devono più nascondersi. Dopo la doppia bocciatura della Corte Costituzionale sui due quesiti referendari rimane tanta rabbia e amarezza. Al di là della discussione sulla formulazione, perché non è questo il punto. C'è una fetta di Paese, che nelle parole di tanti rappresenta il futuro dell'Italia, che chiede un cambiamento, un inversione di marcia. Insomma, qualcosa. E invece succede che qualcuno – sempre con i capelli bianchissimi in testa – ti dice che no, che alla fine va bene così. A chi serve il cambiamento.
C'è una generazione intera di giovani che chiede diritti civili, che chiede una legge decente sul fine vita per dimostrare che non siamo un Paese ostaggio del Vaticano e della Chiesa cattolica. E sarebbe ora di farlo, di non sopportare più le ingerenze, di rendersi conto che la laicità dello Stato è un principio costituzionale. C'è una generazione che chiede di uscire dal proibizionismo, di legalizzare le droghe leggere e colpire di conseguenza le mafie. È la stessa generazione che chiedeva di approvare il ddl Zan, che l'opinione pubblica e i partiti hanno già dimenticato. C'è una generazione che vuole un Paese moderno, meno paternalista, meno bigotto, meno patriarcale. Gli aggettivi per definire l'Italia di domani, l'Italia che i giovani vorrebbero, sono due: libera e civile.
La politica, intanto, fa finta di essere morta. Vivacchia, promette qualcosa. Dice sì, stiamo lavorando per voi. Con decine di proposte di legge ferme in Parlamento da anni, è difficile non leggere tutto questo come un insulto e una provocazione. Verso chi chiede il cambiamento, sì. Verso quei giovani che vengono puntualmente zittiti, trattati come un branco di idioti. Perché questo è un Paese vecchio per vecchi, che se la prende con i giovani.
E allora adesso sono gli stessi giovani che vi dicono una cosa: sono necessarie delle leggi per cambiare questo Paese. Ora. Non alla prossima legislatura, non tra qualche anno perché ora ci sono altre priorità. Altrimenti qui, tra qualche anno, non ci vorrà vivere più nessuno. Tutti si devono rendere conto che il meccanismo costruito dalla classe dirigente deve cambiare, perché si è inceppato. C'è una generazione sfruttata, sottopagata, frustrata, ignorata, disprezzata e presa in giro. Sono gli stessi che vi dovrebbero pure pagare la pensione. Ma certo, con piacere. Dopo tutto quello che avete fatto per noi.