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Castellone (M5s) a Fanpage: “Superbonus? La vera tragedia è Meloni che mente spudoratamente al Paese”

Mariolina Castellone, vicepresidente del Senato e parlamentare M5s, ha parlato a Fanpage.it delle parole di Giorgia Meloni sul superbonus. Presto con il governo si riaccenderà lo scontro sul salario minimo, mentre la fine del reddito di cittadinanza aumenta le difficoltà per molte famiglie.
A cura di Luca Pons
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Il superbonus 110% è stato una "tragedia contabile che pesa sulle spalle degli italiani", ha detto Giorgia Meloni nell'ultimo Consiglio dei ministri, il primo dopo la pausa estiva. Dal Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte ha subito ribattuto e acceso lo scontro. Mariolina Castellone, vicepresidente del Senato e senatrice M5s, ha risposto alle domande di Fanpage.it sul superbonus, la legge di bilancio, ma anche la fine del reddito di cittadinanza e la trattativa sul salario minimo – tutti fronti di scontro con l'esecutivo.

Senatrice, pensa che l’attacco di Giorgia Meloni al superbonus, definito una "tragedia contabile", sia stato un "capro espiatorio" come ha detto Conte?

Purtroppo l’unica vera tragedia è avere un presidente del Consiglio che mente spudoratamente al Paese per cercare di nascondere l’assenza di politiche sociali ed economiche all’altezza delle sfide che attendono il Paese. C’è una strategia chiara da parte del governo, visibile anche a un bambino: provare a montare accuse del tutto infondate sul superbonus edilizio, per coprire una legge di bilancio che per il secondo anno consecutivo sarà all’insegna dell’austerità, senza investimenti, senza veri segnali contro l’inflazione, con prospettive sempre più concrete di una crescita da zero virgola qualcosa.

Secondo lei quindi le critiche al superbonus non hanno nessun fondamento?

Sono gli ultimi dati della Guardia di finanza (il rapporto annuale pubblicato a giugno, riferito al periodo da novembre 2021 in poi, ndr) a confermare che le truffe sono state solo lo 0,5% del totale dei crediti fiscali legati all’agevolazione. Mentre è stato uno studio del consigliere economico del ministro Giorgetti (Enrico Zanetti, ndr) a sottolineare che il Superbonus ha avuto un impatto positivo sugli investimenti, sulla crescita del Pil e sulla riduzione del rapporto debito/Pil.

A settembre partirà il Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl), per gli occupabili che non prendono più il reddito di cittaidnanza. Il sottosegretario Durigon ha detto che il Sfl sarà efficace, ma che tocca anche alle persone interessate “mettersi in gioco”. Crede che la misura funzionerà?

Ricordo a questo governo di smemorati che i percorsi di formazione e collocamento sarebbero già dovuti partire ad inizio anno, invece in otto mesi non se n’è vista l’ombra. Complice la grancassa di una certa stampa, sul Rdc la destra ha costruito una narrazione ‘tossica', infarcita di fake news come quella sugli stagionali introvabili, al solo scopo di tagliare 3 miliardi di euro alla lotta alla povertà. Ora non solo i cosiddetti ‘occupabili' dovranno fare lo slalom tra ostacoli per avviare la formazione, ma in migliaia resteranno fuori da tutto: con il decreto Lavoro, infatti, per questi percettori il governo ha deciso di abbassare l’Isee da 9.360 euro l’anno a 6mila euro. Ciò significa che una parte delle circa 155mila famiglie che hanno già ricevuto l’sms dell’Inps non avrà più alcuna protezione sociale dallo Stato. Un atto di totale irresponsabilità in un momento in cui inflazione e caro vita restano sopra il livello di guardia, ma che rende bene l’idea di cosa sia la povertà per questo governo: una colpa.

Pensa che le tensioni sociali dovute alla fine del reddito di cittadinanza scoppieranno, in qualche modo? A Napoli ci sono già stati scontri.

Noi non intendiamo certo speculare o soffiare sul fuoco. Ma è chiaro che la politica microcorporativa del governo, fatta di strizzate d’occhio solo a selezionati frammenti di società, rischia di esacerbare le difficoltà prodotte da due anni di erosione del potere di acquisto di famiglie e lavoratori, da un carrello della spesa che ancora oggi viaggia intorno a un’inflazione a doppia cifra, da un caro mutui che ha visto le rate aumentare fino al 75%, da un caro benzina che ha funestato le vacanze degli italiani, alimentando a cascata il prezzo dei generi alimentari, in gran parte trasportati su gomma. Rispetto a tutto questo la Meloni e Giorgetti prima hanno risposto tagliando sciaguratamente gli sconti sulle accise sui carburanti, con le conseguenze che vediamo ancora oggi; adesso continuano a rispondere con la solita retorica del ‘non ci sono le risorse’, ‘dobbiamo fare tanto con poco’, ‘ci vuole prudenza’. Ma è una precisa scelta politica non voler trovare le risorse, soprattutto dove si sono accumulate enormi ricchezze e ampliate le disuguaglianze.

Cosa bisognerebbe fare, secondo voi?

Noi proponiamo da tempo un contributo sugli extraprofitti dei settori economici che più hanno approfittato delle emergenze, una vera tassazione dei colossi del web, un taglio dei sussidi ambientalmente dannosi, un sapiente utilizzo del deficit per evitare la solita manovra lacrime e sangue. Da tutte queste voci potremmo davvero recuperare risorse per abbassare le tasse, per incentivare gli investimenti delle imprese con un rinnovato Piano Transizione 4.0.

Se dovesse indicare l'emergenza principale su cui intervenire oggi?

La nostra sanità al momento è l'emergenza numero uno del Paese. Con il secondo governo Conte eravamo riusciti a portare la spesa sanitaria in rapporto al Pil oltre il 7%, adesso la Meloni e Giorgetti hanno programmato di riportarla verso il 6,2%. L’obiettivo del 7%, invece, deve essere la base minima. Quel cambio di paradigma, innescato grazie al M5S durante la pandemia, dovrebbe essere difeso con le unghie e con i denti, mentre il governo lo sta archiviando.

Cosa si aspetta dalla manovra del governo, in tema di lavoro? Confermare il taglio del cuneo fiscale sarebbe positivo?

Il taglio del cuneo fiscale fatto da questo governo, se si escludono i due punti già tagliati dal precedente governo Draghi, ha portato in dote ai redditi fino a 35mila euro solo pochi spiccioli al mese, per giunta a tempo, mentre in due anni l’inflazione ha raggiunto il 15%, divorando di fatto il taglio del cuneo. Confermare questo taglio, come sta trionfalisticamente dicendo la Meloni, è quindi il minimo sindacale. Anzi, il taglio andrebbe potenziato. Resta agli atti l’ostinata avversione del governo per il salario minimo, che soprattutto in questo momento sarebbe una barriera protettiva per circa 4 milioni di lavoratori poveri in Italia. Purtroppo dobbiamo registrare che l’incontro sul tema voluto dalla Meloni con le opposizioni, lo scorso 11 agosto, è stato solo una messa in scena, con il presidente del Consiglio che ha buttato la palla in tribuna riesumando nientemeno che il Cnel per una non meglio precisata proposta

A proposito, questa proposta del Cnel arriverà a ottobre, e si riaprirà il dibattito. Ci saranno dei risultati o finirà in uno scontro politico?

Quello che lascia sgomenti è l’approccio del governo, reso drammaticamente palese il 1° maggio, con l’approvazione del Decreto ipocritamente ribattezzato ‘Lavoro’. In realtà il provvedimento, aumentando la possibilità di far riferimento a contratti a tempo e di utilizzare i voucher, si inserisce perfettamente in quella scia neoliberista degli anni ’90 e primi anni Duemila che ha puntato sulla precarizzazione e svalutazione del lavoro, con risultati che Giorgia Meloni dovrebbe conoscere: negli ultimi trent'anni l’Italia è l’unico Paese Ocse in cui i salari reali sono diminuiti, per l’esattezza del 2,9%. E poi l’esecutivo ha il coraggio di parlare di contrasto alla denatalità. E come, precarizzando sempre di più il lavoro di una giovane coppia?

Rispetto alle proposte del governo sul lavoro povero, in alternativa al salario minimo, ci sono dei punti che vi convincono e su cui si potrebbe cercare un compromesso?

Mi perdoni, ma la realtà è che il presidente del Consiglio ha palesato la più totale assenza di una proposta per contrastare il lavoro povero. Quindi non ci sono punti che ci convincono, semplicemente perché non si sono punti di discussione offerti dal governo.

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