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News sul caso Daniela Santanchè

Caso Visibilia, la ministra Santanchè rinviata a giudizio: andrà a processo per falso in bilancio

Daniela Santanchè andrà a processo per falso in bilancio nel caso Visibilia. Per la ministra del Turismo e senatrice di FdI è arrivato oggi il rinvio a giudizio, insieme al compagno Dimitri Kunz d’Asburgo Lorena e l’ex Canio Giovanni Mazzaro tra gli altri. Il processo inizierà il 20 marzo a Milano. Una seconda richiesta di processo è pendente, nell’indagine per presunta truffa all’Inps.
A cura di Luca Pons
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La ministra del Turismo, Daniela Santanchè, andrà a processo per presunte irregolarità nei bilanci del gruppo Visibilia. La giudice per le indagini preliminari di Milano, Anna Magelli, ha accolto la richiesta dei pubblici ministeri Luigi Luzi e Marina Gravina dopo una breve camera di consiglio. È arrivato quindi il rinvio a giudizio per la senatrice di Fratelli d'Italia, che del gruppo Visibilia è stata fondatrice, presidente e amministratrice delegata fino al 17 dicembre 2021. Si tratta solo di una delle varie accuse mosse a Santanchè.

"È una decisione che ci aspettavamo, ma che lascia l'amaro in bocca. Dimostreremo nel processo l'estraneità della ministra Santanchè alle accuse", ha commentato il legale della senatrice, Nicolò Pelanda. Acceso l'attacco delle opposizioni, che sono tornate a chiedere le dimissioni della titolare del dicastero del Turismo. Solidarietà dalla Lega, con una nota molto stringata: "Si è colpevoli dopo tre gradi di giudizio, non prima: ribadiamo la fiducia al ministro Santanchè".

La decisione della gup, il processo parte il 20 marzo

Anche altri 16 indagati sono stati rinviati a giudizio. Tra di loro il compagno di Santanchè Dimitri Kunz d'Asburgo Lorena, il suo ex Canio Giovanni Mazzaro e la sorella Fiorella Garnero. Coinvolta anche una società, Visibilia srl in liquidazione. Il processo inizierà il 20 marzo davanti alla seconda sezione penale del Tribunale di Milano.

Per un indagato (l'ex consigliere di amministrazione Federico Celoria) e due società (Visibilia Editore, che è stata ceduta da Santanchè ed Editrice) la giudice ha invece accettato le alternative: patteggiamento per Celoria, sanzioni amministrative per le aziende.

Il caso Visibilia e le altre accuse a Santanchè

La Procura aveva chiesto di andare a processo per condannare un presunto " disegno criminoso", da parte di chi guidava la spa Visibilia Editore all'epoca dei fatti, per omettere "ogni attività di accertamento" sul bilancio per "conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto". Così, avrebbero convinto gli investitori a puntare erroneamente sulla società. Le indagini riguardano i bilanci tra il 2016 e il 2022. Secondo gli inquirenti, sarebbero stati di fatto ritoccati per nascondere i problemi.

Quella di oggi è solo la prima di diverse decisioni giudiziarie che riguarderanno la ministra Santanchè. Infatti, il 29 gennaio la Corte di Cassazione stabilirà se deve essere Roma o Milano o occuparsi di un'altra indagine, quella in cui la senatrice è sospettata di truffa aggravata ai danni dell'Inps perché avrebbe messo in cassa integrazione Covid alcuni dipendenti a loro insaputa.

C'è anche l'indagine per bancarotta, dopo il fallimento di Ki Group srl, società del settore bio-food che in passato fu guidata da Santanchè. La liquidazione giudiziale è arrivata anche per Bioera, un'altra società del gruppo.

Pd, M5s e Avs: "Ora Meloni le chieda le dimissioni"

Già nelle scorse settimane, Santanchè aveva detto che anche in caso di rinvio a giudizio non sarebbero arrivate le sue dimissioni. A inizio anno, la stessa Giorgia Meloni aveva ribadito in conferenza stampa di non voler commentare prima della decisione della giudice, e che nel caso si sarebbe confrontata con la sua ministra, ma non aveva detto che le avrebbe chiesto di lasciare l'incarico. Dopo la notizia del processo, però, le opposizioni sono tornate alla carica.

"Appena una settimana fa Giorgia Meloni diceva di voler aspettare la decisione della magistratura: ora è arrivata", ha dichiarato la segretaria del Pd Elly Schlein. "Non può più continuare a far finta di niente. Lei, che quando era all'opposizione chiedeva le dimissioni per molto meno, ora che fa? Cambia idea anche su questo? Una presidente del Consiglio non può usare due pesi e due misure, soprattutto verso gli amici che lei ha voluto al governo e per cui adesso è politicamente responsabile. Daniela Santanchè si dimetta. E Giorgia Meloni deve pretendere le sue dimissioni". Per i dem, Sandro Ruotolo ha chiesto: "Per quanto tempo ancora Palazzo Chigi farà finta di nulla? Questa destra italiana è forte con i deboli e debole con i forti. Chiede le manette per chi protesta e fa finta di nulla per una sua ministra rinviata a giudizio".

Anche Giuseppe Conte ha preso posizione: "Insistiamo per le dimissioni immediate della ministra, senza volere anticipare l’esito dei processi penali". È "assolutamente indecoroso per le istituzioni di governo che la ministra rimanga lì", ha aggiunto, per poi rivolgersi direttamente a Giorgia Meloni: "Non avverti neppure adesso un sussulto di dignità che ti spinga finalmente a tutelare l’immagine e l’onore delle istituzioni?". Sempre dal M5s, il capogruppo al Senato Stefano Patuanelli ha detto che il gruppo è pronto a presentare una seconda mozione di sfiducia se la ministra non si dimetterà.

"Chi rappresenta lo Stato non può stare in una condizione del genere", ha affermato Nicola Fratoianni di Avs. È una questione, ha aggiunto, "di dignità e rispetto delle istituzioni". Se non sarà Santanchè a farlo, ha concluso Fratoianni, "tocca alla presidente del Consiglio Meloni assumersi la responsabilità". Daniela Santanchè "deve dimettersi subito", ha detto invece Angelo Bonelli: "La sua permanenza nel governo è ormai inaccettabile: uno scandalo".

Riccardo Magi ha detto che per "chiedere le dimissioni di Daniela Santanchè da ministro del Turismo" sarebbe bastato il suo operato degli ultimi anni, dalla "difesa della lobby dei balneari di cui fa parte" al "forte calo del turismo interno a causa dei costi proibitivi per gli italiani delle località turistiche". In ogni caso, ora "il passo indietro è d’obbligo, anche per potersi difendere meglio dal processo e soprattutto per non creare imbarazzo alle nostre istituzioni".

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