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Caso Tempa Rossa, il testo delle mozioni di sfiducia al Governo Renzi

Depositate le due mozioni di sfiducia al Governo Renzi che saranno discusse in Aula il 19 aprile: ecco il testo integrale.
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Le dimissioni del ministro allo Sviluppo Economico Federica Guidi, in seguito alla pubblicazione delle intercettazioni dell’inchiesta sul centro oli di Viggiano, rappresentano uno dei momenti di maggiore crisi dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi. Le intercettazioni hanno infatti mostrato la “permeabilità” degli ambienti di Governo a pressioni, più o meno dirette, da parte di lobby e gruppi di interesse, mettendo a nudo i limiti del processo decisionale dell’esecutivo, in particolare per quel che riguarda temi complessi e specifici.

Su questi punti le opposizioni hanno concentrato le loro critiche, animando una polemica che ha coinvolto anche altri membri del Governo: dal ministro Boschi (citata nell’intercettazione che è costata il posto alla Guidi) a Graziano Delrio (che sarebbe stato oggetto di pressioni e intimidazioni), fino ad arrivare alla Pinotti e allo stesso Presidente del Consiglio. Renzi, del resto, ha rivendicato la paternità dell’emendamento su Tampa Rossa, spiegando di aver voluto sbloccare una situazione ferma da anni e dichiarandosi pronto a “gestirne” le conseguenze.

Anche per questo le opposizioni hanno deciso di presentare due mozioni di sfiducia nei confronti del Governo, secondo una pratica disciplinata dall’articolo 94 della Costituzione e dall’articolo 161 del Regolamento del Senato. La conferenza dei capigruppo ha deciso per la calendarizzazione delle mozioni il giorno 19 aprile, mentre questa settimana l’Aula si occuperà di mozioni sulla sottrazione internazionale di minori, sulla stabilizzazione degli ecobonus e sulla privatizzazione parziale di Ferrovie dello Stato Italiane (poi sono in calendario, ove licenziati dalle Commissioni, anche i ddl 54-B, sul reato di negazionismo, e 1458, sull'istituzione del sistema nazionale di Agenzie ambientali).

Malgrado le indiscrezioni della vigilia, non c’è stata una mozione unitaria delle opposizioni, dunque sarà discussa prima la mozione numero 551, del Movimento 5 Stelle, poi la numero 555 di Forza Italia, Lega Nord, Gal.

Ecco il testo della mozione del Movimento 5 Stelle:

Il Senato,

preso atto che:

il programma di governo costituisce l'essenza del rapporto fiduciario dell'Esecutivo con il Parlamento e rappresenta, altresì, il parametro costante di riferimento su cui è valutabile la sua responsabilità politica;

nel corso del suo mandato, il Governo Renzi ha adottato numerosi provvedimenti rivelatisi, a parere dei proponenti non solo idonei a configurare i profili tipici del conflitto di interesse in capo a esponenti governativi, ma funzionali a esigenze delle maggiori lobby economiche del Paese, quali quelle bancarie, finanziarie e petrolifere;

i fatti riportati dimostrano a giudizio dei proponenti l'esistenza di comportamenti governativi sanzionabili, sia sotto il profilo politico sia, ove confermate le risultanze di indagini in corso, sotto quello penale, mediante cui il Governo, attraverso i suoi membri, avrebbe abusato dei suoi poteri e violato i suoi doveri;

sulla base dell'articolo 93 della Costituzione e ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento di fedeltà alla Repubblica, nonché di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e «di esercitare le funzioni nell'interesse esclusivo della nazione»;

valutato, infatti, che:

la recente indagine della Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Potenza (soltanto l'ultima in ordine temporale) condotta anche attraverso il supporto di intercettazioni telefoniche, svela l'operato di un articolato e consolidato «comitato d'affari», che occupava la scena e il retroscena governativo, per garantire gli interessi di rilevanti compagnie petrolifere e di società legate a soggetti in rapporti personali con membri dell'Esecutivo, anche in relazione a esponenti della classe politica locale e nazionale;

nell'ambito degli atti concernenti i procedimenti penali in corso, emergerebbero, in particolare, le posizioni dell'ex Ministro dello sviluppo economico, Federica Guidi, del Ministro per i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, del sottosegretario di Stato pro tempore per lo sviluppo economico, Simona Vicari, attualmente sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti, del sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, del capo di Stato maggiore della Marina militare, Giuseppe De Giorgi, nonché di altri imprenditori, esponenti politici e funzionari pubblici di vario livello;

considerato, in particolare, che:

in data 31 marzo 2016, il Ministro dello sviluppo economico ha rassegnato le dimissioni, dopo che sono stati resi noti a mezzo stampa i contenuti di intercettazioni telefoniche (risalenti al periodo novembre/dicembre 2014), in cui, parlando con il proprio compagno, Gianluca Gemelli, il Ministro gli avrebbe garantito il via libera a un emendamento del Governo al disegno di legge di stabilità per il 2015, all'epoca in discussione al Senato, che sarebbe andato incontro ai suoi interessi imprenditoriali. In quella circostanza, il ministro Guidi avrebbe chiamato esplicitamente in causa il ministro Boschi, asserendo che la stessa fosse d'accordo con l'operazione connessa al citato emendamento, il cui effetto sarebbe stato quello di sbloccare opere relative al progetto di estrazione di petrolio "Tempa Rossa", sul quale Gemelli e aziende particolarmente importanti, tra le quali Shell, Total, Mitsui, ENI e Tecnimont, avrebbero nutrito forti e diretti interessi. Come è poi effettivamente verificabile, il Governo presentava in Senato, dapprima in 5ª Commissione permanente (Programmazione economica, bilancio) e poi in Aula, ponendo sul medesimo testo la questione di fiducia, annunciata dallo stesso ministro Boschi in data 19 dicembre 2014, proposte emendative contenenti le disposizioni anticipate dal Ministro dello sviluppo economico al proprio compagno, il quale sarebbe accusato di traffico di influenze illecite nell'ambito dell'inchiesta della procura di Potenza su illeciti legati alla gestione dei rifiuti nel centro Eni di Viggiano e sull'impianto di Tempa Rossa nella Val d'Agri. In tale indagine è ipotizzato il reato di disastro ambientale e sono contestati anche i delitti di abuso d'ufficio e associazione per delinquere;

in particolare, l'emendamento citato, confluito nella legge di stabilità per il 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190, articolo 1, commi 552-554), estende il regime di autorizzazione unica alle opere e infrastrutture necessarie e indispensabili per assicurare lo sfruttamento di titoli concessori relativi agli idrocarburi. Sono dunque assimilate alle opere strategiche, per quanto concerne il procedimento di autorizzazione, quelle necessarie al trasporto, stoccaggio, trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento di titoli concessori, comprese quelle localizzate fuori dal perimetro delle concessioni di coltivazione. Tali autorizzazioni sono rilasciate dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con le Regioni interessate (nel caso in esame, quindi, d'intesa con la Regione Puglia). In caso di mancato raggiungimento delle intese, gli atti vengono rimessi alla Presidenza del Consiglio dei ministri. L'emendamento alla legge di stabilità finiva, dunque, col riconoscere al Ministro dello sviluppo economico (e anche, soprattutto, alla Presidenza del Consiglio) il potere di concedere le autorizzazioni alle società del settore petrolifero per tutte quelle opere ed infrastrutture che potevano agevolare la fase di stoccaggio e trasporto del materiale. Ciò riguardava direttamente le opere, nelle aree di Taranto e della Regione Basilicata, in relazione alle quali, in quelle stesse settimane, una complessa rete di interessi premeva per lo sblocco normativo delle procedure e per le quali, successivamente, sarebbe emerso un complesso di illeciti attualmente oggetto di diversi filoni di indagine;

il ministro Guidi, che mai, dal dicembre 2014 fino al momento in cui ha rassegnato le dimissioni per lo scandalo emerso, ha rivelato gli interessi imprenditoriali del proprio compagno nel campo interessato dai provvedimenti governativi in itinere, né tantomeno la conversazione, in cui anticipava un emendamento governativo funzionale a tali interessi e a quelli di imprese del settore estrattivo petrolifero, era già stata oggetto, sin dal febbraio 2014, di una mozione di sfiducia individuale presentata in Senato dal MoVimento Cinque Stelle, ma mai discussa (1-00221), in cui già si evidenziava l'intreccio tra gli interessi pubblici e aziendali, personali e familiari, che non la rendevano idonea al proprio delicato mandato. Nonostante la fondatezza, lampante già all'epoca, ma constatabile ora in tutta la sua evidenza, delle ragioni poste alla base di tale atto di sfiducia, il Ministro ha potuto continuare a dirigere a lungo il Dicastero. Si tratta di un Ministero, del quale ora ha assunto l'interim il Presidente del Consiglio dei ministri, competente, fra l'altro, in materia di: comunicazioni, concorrenza, liberalizzazioni, competitività del sistema imprenditoriale, amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, nomina, sostituzione e revoca dei commissari liquidatori; politica energetica nazionale, comprese le reti di trasporto e le infrastrutture energetiche. Con quali modalità il Ministro abbia interpretato il proprio ruolo sta emergendo dall'inchiesta della magistratura, cui spetta il compito di analizzare le eventuali responsabilità personali. Ciò che, in questa sede, rileva è che tutto questo sia avvenuto, senza che nessun membro del Governo, a cominciare dal Presidente del Consiglio dei ministri, il quale dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile, ponesse il problema del conflitto di interessi del Ministro o, peggio, senza che se ne avvedesse: conflitto che si trasferisce in capo a tutto il Governo, nel momento in cui il Presidente del Consiglio dei ministri assume, e anzi rivendica, la responsabilità di un emendamento, quale quello oggetto dell'indagine, che per il proprio contenuto e le sue ricadute aveva da subito suscitato le forti, ma inascoltate, proteste del Gruppo parlamentare MoVimento Cinque Stelle;

come testimoniano, infatti, i resoconti stenografici delle sedute dell'Assemblea del Senato, in particolare quello del 19 dicembre 2014, il Gruppo M5S ha fatto chiaro riferimento all'impianto di Tempa Rossa e alle infrastrutture da realizzare nel porto di Taranto, indicando come l'emendamento in questione avrebbe arrecato un indubbio vantaggio per l'azienda Total e chiedendo di accertare se vi fossero stati contatti con tale o eventuali altre aziende riguardo all'emendamento medesimo. Si apprende, inoltre, che l'inchiesta della magistratura vede indagato per traffico di influenze proprio un dirigente della Total e che vi sarebbe altresì traccia, negli atti di indagine, di incontri, nel novembre 2014, tra il ministro Guidi, i rappresentanti della Total e il sottosegretario Simona Vicari. Emergerebbero, inoltre, interessi di altre aziende, oltre alla Total, nonché di più Ministeri, che sarebbero coinvolti nell'approvazione della norma in questione, sfociati anche nell'attività di sottosegretari e viceministri, in occasione del tentativo di concretizzare le disposizioni in oggetto, nell'ambito dell'iter di altro decreto-legge del Governo. Gli organi di stampa riferiscono, altresì, di svariati incontri avvenuti in ambiti ministeriali, in taluni dei quali avrebbero avuto luogo promesse di interessamento del Governo, ottenute, sempre nell'ipotesi accusatoria, in cambio di favori. Emergerebbe soprattutto l'attività, oltre che del dimissionario Ministro dello sviluppo economico, di esponenti politici e funzionari della Presidenza del Consiglio dei ministri e, dunque, anche la responsabilità amministrativa, dati i ruoli istituzionali ricoperti, da parte della Presidenza del Consiglio medesima, nelle persone del Presidente del Consiglio e del Ministro per i rapporti con il Parlamento. Risulta infatti sempre più chiaro dai riscontri documentali, il ruolo che la Presidenza del Consiglio dei ministri, ancor più che il Ministero dello sviluppo economico, avrebbe assunto nella vicenda;

diversamente da ciò che accade nelle aule parlamentari, in cui i resoconti stenografici consentono con la massima trasparenza e pubblicità la lettura dei fatti, l'attività normativa dei ministeri, nelle cruciali fasi preparatorie degli atti (solo alcuni dei quali sono poi destinati a un passaggio parlamentare pubblico) rimane in gran parte riservata, vale a dire oscura nei dettagli. È pertanto assolutamente imprescindibile comprendere come quel disposto normativo abbia materialmente avuto origine, quali interessi privati siano stati consultati, prima che esso vedesse la luce (o comunque in vista della sua predisposizione) e chi lo abbia effettivamente redatto negli uffici ministeriali. È altresì necessario sapere se abbiano effettivamente avuto luogo contatti preventivi con le aziende interessate, anche a livello internazionale, quali esponenti politici e funzionari pubblici, in ragione dei rispettivi ruoli, siano stati preventivamente informati del contenuto e dell'intenzione del Governo di inserirlo nell'ambito del maxiemendamento, destinato ad approvazione certa, per la scelta di apporre la questione di fiducia. Va infatti ricordato che analoga proposta emendativa, sempre di iniziativa governativa, presentata in 5a Commissione permanente (Bilancio) al Senato, non era stata approvata (atto Senato 1698) e che circa due mesi prima, precisamente alle ore 5 di venerdì 17 ottobre 2014, una norma simile, presentata sempre dal Governo (emendamento 37.52 all'Atto Camera 2629), recante in calce la firma dell'allora sottosegretario, Simona Vicari, fosse stata dichiarata inammissibile per estraneità di materia, nell'ambito dell'iter di conversione del decreto-legge cosiddetto Sblocca Italia. Anche in quel caso sarebbe emersa l'irrituale preponderanza del ruolo della Presidenza del Consiglio dei ministri;

dalla conversazione telefonica in cui l'imprenditore Gemelli anticipa l'emendamento del Governo, emergerebbe chiaramente che l'accordo fosse «con Boschi e compagni», e che fossero «d'accordo tutti», dimostrando così il coinvolgimento dell'intera compagine governativa a diversi livelli. Negli atti processuali affiorerebbe, del resto, il ruolo del sottosegretario per la salute Vito De Filippo, in relazione a uno degli imprenditori indagati; emergerebbe il ruolo di esponenti della difesa, compreso il capo di Stato maggiore della Marina italiana; emergerebbero interessi legati a nomine di competenza governativa e a ripetuti tentativi di sbloccare, con provvedimenti amministrativi di almeno 3 diversi ministeri, l'uso di fondi pubblici per determinati progetti di interesse diretto, di taluni tra coloro che aspiravano alle medesime nomine e consulenze governative; sarebbero documentate le attività, oggetto di indagine, di alcuni amministratori locali che, intenzionati a trarre il massimo del profitto personale, non avrebbero avuto remore nello svilire la pubblica funzione rivestita. Le notizie riguarderebbero anche il presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella, indicato come «favorevole alle estrazioni», in relazione ai contatti, definiti «fortissimi», che suo fratello, europarlamentare, intrattiene con il Presidente del Consiglio;

da ultimo, si è appreso che il ministro Guidi ed il ministro Boschi, nonché il sottosegretario Vicari, in qualità di persone informate dei fatti, si trovano nella posizione di dover essere ascoltate dalla magistratura inquirente, che al momento risulta aver provveduto ad assumere sommarie informazioni dal Ministro per i rapporti col Parlamento. Aspetto ancora più grave, sembra emergere la circostanza per cui, sin dal gennaio 2015, il ministro Guidi sarebbe stato al corrente dell'indagine, senza però che ciò abbia determinato, a livello ministeriale, alcun provvedimento in relazione alla prevenzione dei possibili illeciti riguardanti le opere in oggetto;

in relazione alle informazioni di stampa relative al capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio De Giorgi, l'ipotesi accusatoria sarebbe quella dell'esistenza di un sistema di reciproci favori, in grado di assicurare «vantaggi convergenti» ai componenti della presunta associazione a delinquere, i cui componenti sarebbero, oltre al De Giorgi, il già citato compagno dell'ex ministro Guidi, il capo ufficio bilancio della Difesa e consulente del Ministero per lo sviluppo economico, Valter Pastena, e il facilitatore Nicola Colicchi. I capi d'accusa formulati sarebbero: associazione a delinquere, traffico d'influenze e abuso d'ufficio. In particolare, il compagno dell'ex ministro Guidi «sarebbe entrato in contatto con De Giorgi e il capo ufficio bilancio della Difesa, nonché consulente del Ministero dello Sviluppo Economico, Valter Pastena (…) per ottenere una concessione per un pontile militare all'interno del Porto di Augusta. Pontile in relazione al quale avrebbe ottenuto il permesso di far attraccare le petroliere, trasformando così la zona in un punto strategico dell'altro suo business, quello del petrolio subappaltato da Total a Tempa Rossa. In cambio avrebbe offerto il suo portafoglio di relazioni, a partire dal legame con la Guidi, nel cui dicastero sarebbe transitata buona parte dei fondi per la realizzazione delle nuove navi della Marina», il cui stanziamento ammonta a circa 5,4 miliardi di euro. Il «concreto riparto delle risorse globalmente stanziate sul capitolo 7419 dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico attraverso contributi ventennali» (Atto del Governo n. 128), come riportato dai resoconti parlamentari, è stato approvato dalla 4ª Commissione permanente (Difesa) del Senato, in una rapida seduta, lo scorso 7 gennaio 2015;

ritenuto, dunque, che:

l'articolo 54 della Costituzione recita solennemente che «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge». La situazione soggettiva del Presidente del Consiglio dei ministri e di altri ministri, alla luce dei nuovi fatti emersi, risulterebbe sempre più incompatibile con la delicatezza degli incarichi da essi ricoperti, non potendo l'Italia proseguire ad avere un Governo le cui attività amministrative e normative, sono anche velatamente ravvisabili tra quelle riferite a interessi economici privati, se non di persone legate da rapporti di varia natura a esponenti del Governo stesso;

è imprescindibile che il nostro Paese e le sue istituzioni siano salvaguardate, nel loro prestigio e nella loro dignità, anche attraverso il doveroso principio di «onorabilità» per coloro a cui sono affidate funzioni pubbliche. Ne consegue la responsabilità politica ed amministrativa del Presidente del Consiglio dei ministri, che, ai sensi dell'articolo 95 della Costituzione, dirige la politica generale del Governo;

il Ministro per le riforme costituzionali ed i rapporti con il Parlamento cura gli adempimenti riguardanti l'informazione sull'andamento dei lavori parlamentari, l'azione di coordinamento circa la presenza in Parlamento dei rappresentanti del Governo, la partecipazione del Governo alla programmazione dei lavori parlamentari, la presentazione alle Camere dei disegni di legge, la presentazione di emendamenti governativi, l'espressione unitaria del parere del Governo sugli emendamenti parlamentari, i rapporti con gli altri organi delle Camere, la verifica degli impegni assunti dal Governo in Parlamento e non può dunque dirsi in alcun modo estraneo al contenuto degli atti governativi sottoposti al voto delle Camere, come nel caso di specie, configurandosi, laddove ciò fosse, comunque una gravissima responsabilità omissiva. I fatti citati, e la loro inquietante concatenazione temporale, gettano a giudizio dei proponenti un'ombra sul Ministro per i rapporti col Parlamento, esplicitamente chiamato in causa dall'ex ministro Guidi, sulla sua funzione istituzionale con riguardo alla cura e alla salvaguardia degli interessi pubblici, del principio generale di assoluta imparzialità, nonché della necessità di tutelare il rispetto delle procedure e delle leggi in tutte le forme, come espressamente previsto dalla Costituzione. Anche il solo sospetto che, attraverso la sua funzione di governo, il ministro Boschi abbia potuto influenzare l'andamento delle attività di Governo nella vicenda in questione, non ne consente la permanenza nel prosieguo dell'incarico. La situazione soggettiva e oggettiva dell'onorevole Boschi, laddove avesse omesso di vigilare sulle norme che, a sua firma, venivano poste al voto delle Camere sotto il vincolo della fiducia, appare del tutto incompatibile con la delicatezza dell'incarico ministeriale affidatole, anche a non voler fare riferimento all'intreccio tra i suoi legami familiari e l'attività del Governo di cui è parte, già ampiamente sollevati in riferimento alle vicende connesse alla pessima gestione di istituti bancari che hanno recato gravissimo danno all'economia di diverse regioni italiane e a decine di migliaia di risparmiatori;

con particolare riferimento al Presidente del Consiglio dei ministri, che ha parimenti difeso la necessità politica del progetto "Tempa Rossa" e, conseguentemente, della norma che ne ha agevolato l'iter, è evidente come la responsabilità politica e amministrativa del vertice del Governo non possa limitarsi a tale assunto. Egli è infatti il supremo rappresentante del Governo stesso e deve dunque assicurare il rispetto delle leggi e delle procedure, nonché il rispetto del principio di trasparenza degli atti e delle decisioni. Egli deve curare che le norme siano redatte correttamente, assicurando il giusto contemperamento tra gli interessi, a cominciare dall'interesse dei cittadini ad un ambiente sano ed al corretto uso dei fondi pubblici. Egli deve soprattutto assicurare che non vi siano ambiti, nell'ambito degli uffici del Governo che dirige, in cui possano aver luogo manovre o trattative come quella emersa dalle indagini e dalle inchieste giornalistiche, dal momento che la legge gli riserva espressamente il compito di adottare le direttive per assicurare l'imparzialità, il buon andamento e l'efficienza degli uffici pubblici, di promuovere le verifiche necessarie e richiedere al Ministro competente relazioni e verifiche amministrative in casi di particolare rilevanza. Egli deve assicurare, nell'ambito del potere esecutivo, che l'attuazione delle decisioni assunte non consenta alcuno spazio alle illegalità. Da quanto emerge, ciò non è avvenuto per la vicenda di cui in premessa. Si tratta quindi, quantomeno, di una responsabilità per condotta gravemente omissiva, stante l'assenza di tempestivi provvedimenti governativi, generali ed astratti, volti a mettere in sicurezza, ex ante, il sistema Paese dagli esiti perniciosi della commistione di interessi pubblici e privati, che anzi sembra prosperare proprio negli ambiti che dovrebbero prevenirla. Dall'altro lato, si configura comunque una palese responsabilità politica in vigilando, da parte del Presidente del Consiglio e dei Ministri competenti nelle scelte in questione, stante l'emergere, nella vicenda, che sembrerebbe paradigmatica di uno stile di governo, di plurime commistioni di interessi nell'ambito di più ministeri;

il coacervo di interessi che si delinea, lungi dal configurare una legittima interlocuzione con realtà imprenditoriali nazionali ed internazionali, assumerebbe invece, nell'ipotesi degli inquirenti, le forme illecite del traffico di influenze, se non fattispecie ancor più gravi, anche in ragione del fatto che la mancanza di informazione sulle attività di lobbying a qualunque titolo svolte favorisce spazi per manovre di cui la pubblica opinione è tenuta all'oscuro, fintanto che esse non divengono pubbliche per l'intervento della magistratura. Di una simile situazione il Governo e, soprattutto, chi ha la responsabilità di guidarlo, non può dirsi immune, tanto più in quanto il dibattito parlamentare ne ha individuato pubblicamente e precisamente i contorni, prima che la norma citata venisse approvata e, dunque, prima che entrasse in vigore. Vi sarebbe dunque stata, in presenza di volontà politica e di autentico rispetto per il principio di trasparenza, ogni possibilità di approfondire i rilievi critici esposti e così impedire che i fatti in oggetto avessero luogo, tanto più alla luce del fatto che i dati contenuti nel primo Rapporto OCSE sulla corruzione internazionale, presentato a Parigi proprio a fine 2014, mostrano come il settore delle estrazioni (petrolio, gas e risorse minerarie) costituisce tuttora il settore a maggior rischio corruzione. In un campione di 427 casi di corruzione registrati tra il 1999 e la fine del 2014, quelli riguardanti il settore citato rappresentano da soli il 19 per cento del totale;

considerato, infine, che a giudizio dei proponenti in perfetta coerenza con l'attività governativa enunciata, risulterebbe, inoltre, la palese, oltreché illecita, volontà di sabotare politicamente il referendum abrogativo del 17 aprile 2016, concernente le operazioni di estrazione, produzione e stoccaggio di idrocarburi;

visto l'articolo 94 della Costituzione e visto l'articolo 161 del regolamento del Senato della Repubblica, esprime la propria sfiducia nei confronti del Governo.

Questo invece il testo della mozione Fi – Lega Nord:

Il Senato,

premesso che:

il 31 marzo 2016 il Ministro dello sviluppo economico, dottoressa Federica Guidi, ha rassegnato le proprie dimissioni, a seguito dell'inchiesta relativa, tra l'altro, al giacimento petrolifero "Tempa Rossa", ubicato nell'alta valle del Sauro nella Regione Basilicata e gestito dalla compagnia francese Total (50 per cento) in associazione con le compagnie Mitsui (25 per cento) e Shell (25 per cento), che ha visto coinvolto il suo compagno, dottor Gianluca Gemelli;

a conferma di ciò, le intercettazioni della Guardia di finanza, diffuse in questi giorni dalla stampa, riportano come il coinvolgimento di quest'ultimo e dell'ex Ministro trae origine dall'approvazione di un emendamento, riguardante il suddetto giacimento petrolifero, avvenuto nel corso dell'iter della legge di stabilità per il 2015;

giova evidenziare che un emendamento avente analoga portata modificativa (che autorizzava procedure di esproprio in ambiti di particolare rilevanza ambientale e, in particolare volto a inserire le opere relative al trasporto e allo stoccaggio di idrocarburi tra le infrastrutture alle quali si applicano le procedure autorizzative derogatorie di cui all'articolo 52-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica n. 237 del 2001, previste per le infrastrutture appartenenti alla rete nazionale dei gasdotti e per gli oleodotti facenti parte delle reti nazionali di trasporto), inizialmente presentato dal Governo in data 17 ottobre 2014 nel decreto-legge n. 133 del 2014, recante "Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive" (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014) a seguito delle proteste dei gruppi di opposizione, era stato dichiarato inammissibile dal presidente, Realacci, per estraneità alla materia ivi trattata, nella seduta dell'VIII Commissione ambiente alla Camera (resoconto della VIII Commissione, venerdì 17 ottobre 2014: "… Ermete REALACCI, presidente, ritiene che l'emendamento 37.52 del Governo, sia inammissibile per estraneità di materia…");

in data 17 dicembre 2014, un emendamento sostanzialmente analogo a quello citato è stato presentato dal Governo al Senato, nel corso dell'iter della legge di stabilità per il 2015, garantendosi l'approvazione, nella seduta notturna, di una misura così critica e probabilmente poco condivisa all'interno della stessa maggioranza, obbligata nei fatti, attraverso l'apposizione della questione di fiducia, a votare in senso favorevole;

sebbene il dialogo tra Governo e Parlamento su progetti strategici di interesse nazionale, che coinvolgono importanti investimenti, sia considerato normale prassi, è di tutta evidenza, come emerge dagli articoli e dalle intercettazioni riportate dalla stampa in questi giorni, come l'intervento da parte dell'Esecutivo sia stato preceduto da una serie di attività anomale molto discutibili e di operazioni poco trasparenti;

l'inserimento di simili misure conferma un giudizio totalmente negativo nei confronti delle modalità procedurali del Governo, considerato che un Esecutivo che, nell'assumere decisioni e scelte, non guarda all'interesse di quasi 60 milioni di Italiani, non merita fiducia,

considerato che:

occorre stigmatizzare fortemente il fatto che decisioni importanti, riguardanti i settori vitali del nostro Paese, non trovino adeguati spazi di dibattito, in particolare in Senato, così come è accaduto per il cosiddetto decreto salva-banche e per la riforma delle banche di credito cooperativo, quest'ultimo in attesa di conversione presso questo ramo del Parlamento;

se, da un lato, sarà compito degli organi giudiziari accertare eventuali responsabilità civili e penali, che scaturiscono da una gestione viziata del potere per interessi personali, dall'altro lato è doveroso sottolineare che i cittadini non meritano di essere governati da un Esecutivo la cui autorevolezza viene costantemente minata da vicende che interessano, di volta in volta, alcuni dei suoi membri;

tenuto conto che:

occorre rilevare come il Governo Renzi risulti totalmente inadeguato e non convinca per tutta la sua politica economica, per la conduzione della politica estera, per la totale assenza di tematiche risolutive sul Mezzogiorno;

il Governo Renzi, in carica dal 22 febbraio 2014 al 31 dicembre 2014, risultava composto da 64 titolari di carica: il Presidente del Consiglio, 16 ministri, 9 vice ministri, 35 sottosegretari di Stato e 3 commissari straordinari del Governo. Dal secondo semestre del 2014 al primo semestre 2015 si è registrato l'avvicendamento in carica di 2 Ministri, un vice ministro, tre sottosegretari di Stato e due commissari straordinari del Governo (nominati ai sensi dell'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400); a far data dal 2016 il Presidente del Consiglio dei ministri ha ulteriormente modificato la compagine di Governo con una maggiore presenza di rappresentanti di Area Popolare-Nuovo Centro Destra-Unione di Centro e di Scelta Civica, rafforzamento politicamente necessario al Governo per poter proseguire il proprio programma;

le anomalie hanno sino ad ora riguardato situazioni di non trasparenza, riconducibili a grandi interessi economici, banche ed energia, due asset strategici, con interessi anche transnazionali, che hanno fortissime ricadute, positive o negative, a seconda di come vengono condotte, per il Paese, nel suo complesso, e per ciascun cittadino. Sono indiscutibilmente settori economici che permettono enormi guadagni per gli azionisti e per i vertici degli istituti e delle aziende che si occupano di risparmio e di impianti per la ricerca, produzione e approvvigionamento di energia. Anomalie che possono generare il dubbio che l'operatore, principe, di decisioni non sia il Governo, ma gruppi di interesse economico, ai quali il Governo risponde;

procedere con le dimissioni di un Ministro, necessarie qualora si evincano situazioni marcatamente in conflitto di interessi, non risolve il problema che sta a monte: una debolezza strutturale del Governo che ha proposto, ma non ha raggiunto, l'obiettivo di innovare e rinnovare il Paese, un Paese che permane in una situazione di debolezza economica, anche a causa dei livelli di corruzione inaccettabili e di una disoccupazione necessariamente destinata a crescere, perché l'occupazione sostenuta dal Governo si basa su temporanei incentivi alle imprese, cioè l'aumento dei contratti a tempo indeterminato è effimero ed estremamente volatile;

è di tutta evidenza come la compagine guidata da Matteo Renzi sia viziata da manifesta incapacità nell'affrontare e nel risolvere i problemi del Paese. Le tre emergenze che tormentano i cittadini italiani (quella economica e del lavoro, quella della sicurezza e dell'immigrazione, quella del terrorismo di matrice islamica) si sono aggravate progressivamente dal momento in cui, il 22 febbraio del 2014, l'Esecutivo, figlio di una congiura di palazzo e senza alcuna legittimazione popolare, ha giurato al Quirinale;

le dimissioni della ministra Guidi e le motivazioni di questo atto prontamente accettato dal Presidente del Consiglio, così da soffocare lo scandalo, sono la certificazione della debolezza strutturale di questo Governo, che, privo di mandato popolare e per questo totalmente privo di autorevolezza interna ed esterna, ha dovuto reggersi sul sostegno opaco di poteri forti (gruppi finanziari e bancari, che controllano anche ampi settori dell'editoria) fino a diventare terminale di interessi di multinazionali in settori strategici per il nostro Paese;

il peccato originale di questo Governo è di moralità politica: si regge alla Camera sul voto di 130 deputati, esito di un premio incostituzionale e cammina sul fango al Senato, trascinandosi stancamente nel pantano di una maggioranza che si basa su circa 90 parlamentari (di cui 50 solo al Senato) che hanno tradito il patto con gli elettori di centrodestra del Popolo della Libertà, cambiando casacca e sostenendo il Governo Renzi;

i risultati disastrosi del Governo Renzi sono visibili a occhio nudo e rintracciabili nei dati che, inutilmente, il Presidente del Consiglio e i suoi ministri nascondono o falsificano;

serve una riflessione non rituale e non retorica su quanto è avvenuto il 22 marzo scorso a Bruxelles e su quanto sta avvenendo da tempo in Europa. Come accennato, ci sono davanti a noi, oltre a quella terroristica, almeno altre 2 emergenze tra loro correlate: quella dell'immigrazione e quella economica;

l'emergenza immigrazione, figlia dell'incapacità dell'Ue di gestire le tensioni geopolitiche, finora ha avuto risposte inadeguate a livello europeo. Il recente accordo con la Turchia sembra non solo ipocrita, ma soprattutto inefficiente: non può funzionare. Allo stesso modo, l'emergenza economica sta nuovamente scuotendo il nostro Continente;

contro la rete globale terroristica deve esserci, per forza di cose, se si vuole essere vincenti, una risposta della stessa ampiezza geopolitica. Una risposta che sia allo stesso tempo economica, culturale, valoriale;

la pessima gestione del fenomeno migratorio, che colpisce in modo particolare l'Italia (in quanto Paese "di primo approdo"), caricando le comunità di piccoli centri e delle periferie delle grandi città di disagi insostenibili, e il fallimento di una politica europea dell'immigrazione, sono anche il prodotto della marginalità di Renzi in ambito Ue ed internazionale. Tra l'altro, su qualsiasi confronto con la Commissione europea, pesa il fatto che il Governo italiano è comunque disposto a cedere sempre, "senza se e senza ma", in cambio della non bocciatura di una legge di stabilità tutta in deficit. Il segnale è arrivato chiaro in Europa: Renzi è disposto a tutto pur di avere via libera per il suo deficit spending. E Francia e Germania approfittano di questo atteggiamento per far passare tutte le loro proposte svantaggiose per il nostro Paese;

ne deriva che, per finanziare i suoi provvedimenti clientelari, elettoralistici e di acquisto del consenso, il Presidente del Consiglio svende puntualmente il nostro Paese in Europa;

sul piano della politica estera, l'assoluta inconsistenza del Governo Renzi si misura anche nella vicenda delle sanzioni alla Federazione russa, che danneggiano economicamente il nostro Paese e non aiutano la pace; nell'incapacità di far valere le nostre ragioni per affrontare la questione della Libia, dove le varie potenze europee gestiscono i loro interessi nell'incapacità italiana di affermare nella lotta al terrorismo e per la stabilità del Mediterraneo una leadershipche ci è assegnata dalla storia e dalla geografia;

quanto all'emergenza economica, i temi sono 2: rallentamento della crescita globale e deflazione. Sulla base delle ultime previsioni pubblicate da Ocse, Fondo monetario internazionale, Commissione europea, Banca d'Italia, Corte dei conti, Istat e Standard & Poor's sull'andamento del Pil e dell'inflazione in Italia, nel 2016 avremo una crescita nominale (data da crescita reale più inflazione) nel nostro Paese pari, nell'ipotesi più ottimista, all'1,3 per cento (1 per cento-1,1 per cento di crescita reale più 0,2 per cento-0,3 per cento di inflazione);

esattamente la metà del 2,6 per cento (1,6 per cento di crescita reale, più 1 per cento di inflazione) previsto dal Governo nei suoi ultimi documenti di finanza pubblica. Ma ritiene possa andare anche peggio, perché le stime ad oggi disponibili non scontano ancora gli effetti dell'aggravata deflazione, degli ultimi attacchi terroristici e dell'incertezza delle aspettative di consumatori e imprese che ne deriva. Per cui si avrà più deficit, più debito, più disoccupazione, meno investimenti e crollo dei consumi;

in particolare, la recessione economica si evidenzierà proprio nel momento in cui l'Esecutivo, che da quando si è insediato ha sempre mascherato i conti pubblici per consentire la scellerata politica del deficit spending del Presidente del Consiglio, più interessato a comprarsi il consenso che al bene del Paese, sarà chiamato a risponderne all'Europa con la legge di stabilità;

tutto ciò vorrà dire una manovra correttiva da 40-50 miliardi: 21,8 miliardi per riportare il deficit dal 2,4 per cento del 2016 all'1,1 per cento del 2017 pattuito con la Commissione; 17 miliardi per evitare le clausole di salvaguardia già previste per il 2017; e altri 5-8 miliardi per colmare i buchi delle mancate privatizzazioni e della mancata spending review;

proprio con riferimento alla spending review, i numeri sono chiari. Dal 2014 al 2016 la spesa pubblica in Italia è aumentata da 826,2 miliardi del 2014 a 840,4 miliardi del 2016: più 14,2 miliardi. E sarà sempre peggio, se è vero, come è scritto nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (quindi stime del Governo), che nel 2019 la spesa pubblica italiana supererà gli 866 miliardi di euro. Altri 24 miliardi di spese in più;

quanto al debito, i dati sono di Banca d'Italia: a febbraio 2014, quando ha cominciato a governare Renzi, il debito pubblico italiano ammontava a 2.107,6 miliardi di euro, mentre, a gennaio 2016, ultimi dati disponibili, ha raggiunto quota 2.191,5: più 83,9 miliardi;

a questo si aggiunga che, già da gennaio, ossia da quando sono stati dimezzati gli incentivi, ha cominciato a manifestarsi in tutto il suo fulgore quello che, secondo i firmatari del presente atto, è un vero e proprio "Flop Act", metafora del riformismo renziano, simbolo dell'imbroglio strategico di questo presidente del Consiglio e di tutta la sua politica economica, fatta di bonus e di incredibili e false riduzioni delle tasse in deficit. Politica economica volta alla sopravvivenza di breve periodo del Governo, piuttosto che ispirata dalla volontà di cambiare il Paese, tagliando drasticamente il debito e la cattiva spesa pubblica e rilanciando gli investimenti;

la stessa riforma costituzionale è stata portata avanti con forzature in nome di un'"emergenza" dovuta alla necessità di sbandierare in Europa una sorta di "risultato". E la logica della riforma è sempre quella di rafforzare il ruolo dell'"uomo solo al comando": le modifiche proposte alla Costituzione, che si integrano con quelle connesse al nuovo sistema elettorale per la sola Camera dei deputati, comporterebbero infatti un cambiamento surrettizio della forma di governo che, con il tempo, porterebbe ad una sorta di "Premierato assoluto". Un modello che, come sottolineato da diversi esperti in materia, diventerebbe preoccupante nella misura in cui risulti privo degli idonei contrappesi;

il combinato disposto tra riforma costituzionale e riforma elettorale, nei fatti, spiana la strada ad un orizzonte nel quale il momento più basso della legittimazione parlamentare nella storia della repubblica produce il cambiamento più radicale degli ultimi 70 anni. È una contraddizione stridente che scuote le basi del vivere civile, perché elimina le fondamenta sicure e consegna ad un mostro giuridico che sarà oggetto di contestazione perenne. Dalla sommatoria delle due riforme è infatti di tutta evidenza il prefigurarsi di un pregiudizio dei principi supremi della medesima Costituzione. L'"Italicum" aggiunge all'azzeramento della rappresentatività del Senato l'indebolimento radicale della rappresentatività della Camera dei deputati. In particolare, il premio di maggioranza alla singola lista consegna la Camera dei deputati nelle mani del leader del partito vincente, anche con pochi voti, nella competizione elettorale, secondo il modello dell'uomo solo al comando. Ne vengono effetti collaterali negativi, anche per il sistema di checks and balances. Ne risente infatti l'elezione del Capo dello Stato, dei componenti della Corte costituzionale, del Consiglio superiore della magistratura. E ne esce indebolita la stessa Costituzione. Un sistema complessivo che risulterebbe quindi privo di bilanciamento, ovvero di quei pesi e contrappesi necessari per garantire l'equilibrio politico istituzionale tra poteri, e tra le diverse forze politiche in campo, a piena garanzia del popolo sovrano;

preso atto dello svilimento del ruolo del Parlamento, a causa della incessante approvazione delle leggi tramite l'apposizione della questione di fiducia (53 richieste in due anni), anche su temi etici, o di rilevanza costituzionale, come la legge elettorale, l'adozione di oltre 400 previsioni di delega legislativa, che, insieme alla riforma costituzionale, rischia di instaurare una sorta di dittatura;

preso atto che:

il Governo si regge su una maggioranza diversa rispetto a quella da cui ha ricevuto la fiducia, in occasione del suo insediamento il 22 febbraio 2014;

il gruppo Alleanza Liberalpopolare-Autonomie, composto attualmente da 19 Senatori, ha ufficializzato il suo debutto nel luglio del 2015. Sorto dalle ceneri del "patto del Nazareno", con la dichiarata intenzione di tenerlo comunque in vita, per sostenere il Governo Renzi, è divenuto il pendolo della maggioranza di governo;

con il voto al Senato sulle Unioni civili, il 25 febbraio 2016, il gruppo AL-A ha certificato l'ingresso in maggioranza. È stata infatti la prima volta che ha dato la fiducia al Governo Renzi;

sebbene il soccorso dei voti dei componenti del gruppo AL-A non sia stato determinante per l'approvazione del provvedimento sulle unioni civili, tuttavia questo "soccorso" è già stato decisivo per raggiungere la maggioranza dei voti al Senato;

la logica dell'uomo solo al comando, il disprezzo per la democrazia, il giglio magico, le lobbies, i poteri forti, l'occupazione militare dell'informazione e l'azzardo morale sono cifre malate e perverse, ma inconfondibili, del sistema Renzi; il sistema di un Presidente del Consiglio, figlio di una congiura di palazzo, che odia il voto, in tutte le sue forme: che permette di fissare la data per le elezioni amministrative quasi in piena estate a ridosso di un "ponte", e che per il giorno del referendum sulle trivelle consiglia agli Italiani di andare al mare;

per queste ragioni, per l'incapacità e inadeguatezza manifesta e non più tollerabile del Governo in carica,

visti gli articoli 94 della Costituzione e 161 del Regolamento del Senato della Repubblica, esprime la sfiducia nei confronti del Governo e lo impegna a rassegnare le dimissioni.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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