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Caso Stellantis, Meloni critica i sindacati italiani e dice che il governo difenderà indotto e occupati

Giorgia Meloni ha preso posizione sul caso di Stellantis: il governo farà “del suo meglio” per “difendere i livelli occupazionali” e “l’indotto”, ha detto. Poi ha criticato i sindacati italiani che sono stati “afoni” nelle proteste contro la multinazionale. La premier ha parlato anche dei centri migranti in Albania, criticando ancora una volta i giudici che si sono occupati della questione.
A cura di Luca Pons
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"Non entro nel merito delle scelte di una grande multinazionale", questa la linea di Giorgia Meloni sul caso Stellantis, salito all'attenzione della cronaca dopo le dimissioni dell'amministratore delegato Carlos Tavares. La premier però non si è fermata: "Credo che sia anche figlia di alcune battaglie sindacali molto forti che sono state fatte in particolare dai sindacati francesi e americani". Il sindacato italiano invece, ha detto, "rispetto a questi urli è stato un po' afono".

Stellantis ha in Italia decine di migliaia di dipendenti, che diventano molti di più se si considera l'indotto. "La trattativa con il governo è neutrale", ha assicurato Meloni a Quarta repubblica su Rete 4, "vale per Stellantis e vale per tutte le aziende". In ogni caso, ha garantito: "Vogliamo fare del nostro meglio per difendere i livelli occupazionali e, nel caso dell'automotive, l'indotto che è fondamentale. Abbiamo un altro tavolo convocato a metà dicembre, speriamo sia risolutivo". Il 17 dicembre, infatti, il ministro delle Imprese Adolfo Urso incontrerà il responsabile di Stellantis in Europa per proseguire il confronto iniziato negli scorsi mesi.

Meloni contro i giudici "ideologizzati"

La premier è tornata a parlare anche di magistrati e dei centri migranti in Albania. Per quanto riguarda il progetto albanese, ha detto di aver sempre saputo che "ci sarebbe stata un'opposizione molto ‘ampia'", suggerendo che si trattasse di un'opposizione che va al di là della politica, da "vari ambiti e ambienti". Poco dopo, rompendo gli indugi, ha criticato "i pochi magistrati molto ideologizzati", che vanno distinti "dalla stragrande maggioranza di una magistratura che cerca di fare il suo lavoro in condizioni di difficoltà".

Meloni ha commentato una norma che avrebbe dovuto essere nell'ultimo decreto Giustizia ma poi è saltata. Si trattava di un obbligo, per i magistrati, di non occuparsi di alcuni temi "per gravi ragioni di convenienza". Una formula vaga, che sembrava studiata su misura per alcuni giudici che non hanno validato il trattenimento di persone migranti in Albania e che in passato avevano criticato pubblicamente l'iniziativa del governo.

"Esiste già nel regolamento comportamentale dei magistrati una norma che dice che tu non dovresti esprimere opinioni su materie che sono oggetto di quello che stai trattando", ha detto la presidente del Consiglio. "Alcuni si agitano perché effettivamente c'è qualcuno che ha un po' esagerato e che quindi con una norma del genere avrebbe difficoltà a trattare alcune materie". In realtà, almeno stando ai retroscena, la norma nel dl Giustizia sarebbe saltata soprattutto per timore che il Quirinale intervenisse, dato che era scritta in modo poco definito e poteva risultare incostituzionale.

La promessa sui centri in Albania: "Funzioneranno"

Per quanto riguarda i centri in Albania, il progetto "funzionerà, deve funzionare", ha promesso Meloni. "Ci sono delle soluzioni. Ci sto lavorando. Farò tutto quello che devo fare per farlo funzionare. Credo che sia un progetto assolutamente innovativo e non è un caso che sia attenzionato dalla quasi totalità dei Paesi dell'Unione europea". Questa settimana è attesa una sentenza della Corte di Cassazione sul caso, mentre la Corte di giustizia europea che è stata chiamata in causa da diversi tribunali italiani potrebbe richiedere molto più tempo per esprimersi.

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