Caso Ruby, iniziata alla Camera discussione su perquisizioni
E' iniziata in Aula alla Camera con l'intervento del relatore Antonio Leone, pdl, la discussione sulla decisione della Giunta per le Autorizzazioni di Montecitorio che propone di restituire gli atti con cui la Procura di Milano ha chiesto di poter perquisire l'ufficio di Giuseppe Spinelli (contabile di Silvio Berlusconi), nell'ambito dell'inchiesta sul caso Ruby.
"Non dobbiamo fare il processo ad alcuno – ha esordito Leone – ma una valutazione tecnica, cioè stabilire se vi sia o meno un fumus persecutionis nei confronti del presidente del Consiglio", che secondo il deputato del Pdl è proprio quello che sta accadendo perché la Procura di Milano, "non ha preso neanche in considerazione" che uno dei reati di cui è accusato Berlusconi – la concussione – sia avvenuto "nell'esercizio delle sue funzioni di premier" e sia quindi competenza del Tribunale dei ministri. Inoltre, secondo Leone, "si pone anche un problema di competenza territoriale visto che se quanto riportato nei verbali fosse corrispondente al vero la concussione si sarebbe consumata in un luogo che non compete a Milano ma a Monza".
Infine, ha dichiarato con un velo di polemica che "se i pm hanno intenzione di chiedere il rito immediato vuol dire che il quadro probatorio è completo. Quindi a cosa servirebbero le perquisizioni?". "Non può escludersi alla luce dei difetti di competenza territoriale e di utilità della perquisizione un intento persecutorio della Procura di Milano" da far risalire ai rapporti, che "definire burrascosi è forse un eufemismo", tra Berlusconi e "la cosiddetta magistratura politicizzata": "La preoccupazione che vi possa essere un intento ritorsivo, se non persecutorio, non sembra facilmente fugabile. Per questo chiediamo la restituzione degli atti all'autorità giudiziaria per un riequilibrio dei poteri in ballo".
Successivamente è intervenuta la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti: “La tesi della presunta parentela di Ruby con il presidente Mubarak è risibile e inverosimile perché Berlusconi non agì per salvaguardare il prestigio internazionale dell’Italia, ma per bassi interessi personali: aveva paura che la giovane minorenne potesse raccontare in Questura delle sue partecipazioni alle serate nella villa San Martino di Arcore. Altro che funzioni istituzionali”, ricordando l’intervista del 28 ottobre in cui la giovane disse che proprio Silvio Berlusconi la invitò a dire in giro di essere la nipote di Mubarak così da poter giustificare uno sfarzoso stile di vita.
“Dalle carte della Giunta non sappiamo quando Berlusconi disse questa cosa alla giovane, ma se questo invito avvenne prima del fermo, avremmo la dimostrazione che il premier era a conoscenza della sua reale identità. Se invece fu successivo avremmo la dimostrazione che in quel modo Berlusconi ha cercato di crearsi un alibi per aver avuto contatti e frequentazioni assidue con una minorenne. Comunque – conclude – cari colleghi della maggioranza, se credete veramente che Berlusconi era convinto di avere davanti a sé la nipote del presidente egiziano, bhè, preoccupatevi, perché vuol dire che siamo davanti ad un capo di governo che può credere a qualsiasi cosa, che può essere ricattabile e che rappresenta un serio pericolo per la sicurezza nazionale”