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Omicidio Giulio Regeni

Caso Regeni, in 200 digiunano con la mamma di Giulio per la liberazione dell’attivista Amal

Oggi è un giorno decisivo delle indagini: il pm Sergio Colaiocco, è arrivato questa mattina al Cairo per prendere parte alle operazioni di recupero delle registrazioni delle videocamere di sorveglianza della metropolitana della capitale egiziana. E intanto prosegue lo sciopero della fame della mamma del ricercatore.
A cura di Annalisa Cangemi
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La madre di Giulio Regeni, Paola, sta continuando lo sciopero della fame, in alternanza con il suo avvocato Alessandra Ballerini, per chiedere la liberazione dell'attivista Amal Fathy, madre di un bambino di tre anni e moglie di Mohamed Lofty, il direttore esecutivo dell'ong egiziana che assiste i genitori del ricercatore torturato e ucciso due anni fa. La donna è accusata di terrorismo, secondo quanto ha spiegato Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecrf), l'ong in cui operano i legali egiziani che collaborano con i Regeni. Amal è stata arrestata nella notte dello scorso 11 maggio, dalla Sicurezza egiziana.

Ieri, in segno di protesta e come gesto di solidarietà, alla steffetta del digiuno di Paola Deffendi e dell'avvocato Ballerini, si sono aggiunte circa 200 persone, secondo quanto ha raccontato all’agenzia "Dire" il gruppo Verità per Giulio Regeni.

"Aderisco con indignata passione allo sciopero della fame della mamma di Giulio Regeni perché è necessario tenere alta l'attenzione su una vicenda che è tutt'altro che chiara e conclusa – ha detto la senatrice Pd Monica CirinnàQuanto sta avvenendo a Il Cairo, con il sequestro delle carte dei legali della famiglia e l'arresto degli attivisti per i diritti civili che si battono per la verità, è di una gravità enorme. In questo momento di latitanza della politica che non decide e dell'inattività della commissione Diritti umani del Senato è quanto mai importante tenere alta contro le menzogne, le mistificazioni e gli insabbiamenti".

Con lei in prima linea anche la deputata di LeU ed ex presidente della Camera Laura Boldrini"Liberate Amal. E fin quando non lo farete, digiunerò per lei'. Con queste parole la mamma di Giulio ha annunciato sciopero della fame contro detenzione Amal Fath. Sono con lei. La domanda di verità non si può arrestare". 

Oggi è un giorno determinante per le indagini sulla morte del ricercatore friulano Giulio Regeni. Il pm Sergio Colaiocco, che guida l'indagine della Procura di Roma sul caso, è arrivato questa mattina al Cairo per prendere parte alle operazioni di recupero delle registrazioni delle videocamere di sorveglianza di tutte le stazioni della linea 2 della metropolitana della capitale egiziana. L'attività di estrapolazione delle immagini non si limiterà quindi alle stazioni El Bohoth e Dokki (in quest'ultima fu agganciato per l'ultima volta il cellulare di Regeni ndr) ma riguarderà appunto l'intera linea.

Il recupero delle immagini viene eseguito con l'aiuto di una società russa (non più una tedesca come era stato indicato per mesi), grazie a un software appositamente sviluppato. Della delegazione italiana fanno parte tecnici che assisteranno al procedimento di recupero delle immagini, che andrà avanti per almeno 12 giorni, per passare in rassegna una mole di dati pari a 108 terabyte. Al termine delle operazioni una copia di quanto salvato sarà consegnata ai pm di piazzale Clodio. Il riferimento, implicito, è a quanto annunciato a suo tempo da fonti ufficiali egiziane: ossia le videocamere di sorveglianza della metro del Cairo cancellano automaticamente le registrazioni dopo un determinato lasso di tempo. Attraverso questi video sarà forse possibile individuare i volti di chi rapì Regeni. In particolare si cercherà di riconoscere poliziotti o agenti della National security coinvolti nelle indagini tra le 19 e le 21 del 25 gennaio del 2016, giorno in cui si sono perse le tracce del ricercatore universitario.

Una "fonte autorizzata" egiziana ha ricordato che la visita del pm Colaiocco è stata concordata in una telefonata svoltasi due domeniche fa tra il giudice Nabeel Sadek, Procuratore Generale della Repubblica Araba d'Egitto, e Giuseppe Pignatone, Procuratore della Repubblica di Roma.

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