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Omicidio Giulio Regeni

Caso Regeni, agente egiziano confessa: “Lo abbiamo preso noi, io stesso l’ho picchiato”

Sul caso Regeni il racconto di un supertestimone, che ascoltò una conversazione tra uno degli agenti responsabili del rapimento di Giulio e un altro poliziotto africano: “Credevamo che fosse una spia inglese, lo abbiamo preso, io sono andato e dopo averlo caricato in macchina abbiamo dovuto picchiarlo”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Sul caso Regeni ci sarebbe una svolta. grazie al racconto di un supertestimone: Giulio Regeni fu ucciso dai servizi di sicurezza egiziani perché creduto una spia inglese. A dirlo, questa volta, non sono gli inquirenti italiani, ma un uomo che, secondo quanto scrivono Corriere e Repubblica, ascoltò una conversazione proprio tra uno degli agenti responsabili del rapimento e un altro poliziotto africano.

Uno dei funzionari della National security egiziana ha infatti raccontato di aver partecipato al sequestro del ricercatore italiano rapito al Cairo la sera del 25 gennaio 2016 e ritrovato senza vita dieci giorni dopo. Una testimonianza riportata dal Corriere della Sera: "Credevamo che fosse una spia inglese, lo abbiamo preso, io sono andato e dopo averlo caricato in macchina abbiamo dovuto picchiarlo. Io stesso l'ho colpito più volte al volto".

Questo il terribile racconto che l'agente ha fatto "a un collega straniero nel corso di una riunione di poliziotti africani, avvenuta in un Paese di quel continente nell'estate 2017. A rivelare l'episodio è una persona che ha assistito alla conversazione tra il funzionario del Cairo e il suo interlocutore", riporta il quotidiano. Il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco nei giorni scorsi hanno inoltrato al Cairo una nuova rogatoria in cui chiedono informazioni che potrebbero fornire ulteriori riscontri. Ne ha parlato ieri anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in visita nel foggiano, spiegando di aver avuto un lungo colloquio telefonico con il presidente egiziano Al Sisi.

Il funzionario indicato dal testimone sarebbe uno dei cinque che la Procura di Roma ha iscritto sul registro degli indagati con l'accusa di sequestro di persona. Secondo gli inquirenti ci sono indizi sufficienti a ipotizzare il coinvolgimento del generale Sabir Tareq, del colonnello Uhsam Helmy, del maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, dell'assistente Mahmoud Najem e del colonnello Ather Kamal, all'epoca capo della polizia investigativa del Cairo e coinvolto anche nel depistaggio con cui si voleva chiudere il caso addossando ogni responsabilità a una banda di criminali comuni, uccisi in un presunto conflitto a fuoco.

La nuova rogatoria è stata inviata nella serata di venerdì, dopo una lunga telefonata tra i titolari dell'indagine italiana ed egiziana, Il nuovo documento inviato al Cairo è composto da 12 punti che racchiudono il lavoro svolto negli ultimi sette mesi dai carabinieri del Ros e uomini dello Sco. Gli inquirenti italiani chiedono agli omologhi egiziani notizie relative ad una serie di personaggi, tutti appartenenti agli apparati pubblici egiziani, che ruotano intorno ai cinque indagati dalla Procura di Roma.

Il secondo elemento della rogatoria riguarda gli spunti investigativi presenti nelle tre memorie che il legale della famiglia Regeni ha messo a disposizione del pm Sergio Colaiocco e che rappresentano l'attività di indagine difensiva effettuata. In questo ambito anche le dichiarazioni del supertestimone. La persona che ha ascoltato la confessione ha indicato nome e cognome del funzionario: l'ha visto consegnare al collega straniero il proprio biglietto da visita.

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