Caso Paragon, Don Mattia Ferrari: “Provarono a entrarmi in casa, non sono intimidito e voglio la verità”

Don Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea Saving Humans, è tra gli spiati dello scandalo Paragon, che vede tra le vittime oltre ai fondatori dell'associazione italiana, Luca Casarini e Beppe Caccia, anche il nostro direttore Francesco Cancellato e il portavoce del movimento Refugees in Libya, David Yambio. Al parlamento europeo era in programma l'audizione di Don Mattia Ferrari nella commissione LIBE, quella dedicata alle libertà civili, ma è stato rinviata a causa dell'ostracismo dei gruppi sovranisti delle destre europee. Con Don Mattia abbiamo ricostruito le attività di spionaggio ai suoi danni, che sono passate anche per un tentativo di infiltrazione nell'abitazione di sua residenza, avvenuto nel dicembre del 2023. Due mesi dopo, 8 febbraio 2024, arrivò il primo messaggio di Meta, attraverso Facebook, che lo avvisava di una attività di hacking sostenuta dal governo. Per ammissione del sottosegretario agli interni, Alfredo Mantovano, gli attivisti di Mediterranea Saving Humans, sono stati spiati dai nostri servizi segreti, mentre è ancora avvolta nel mistero l'attività di spionaggio ai danni del direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato.
Don Mattia tu hai ripercorso delle tappe dell'ultimo anno, mettendo in fila diversi episodi che conducono allo spionaggio nei tuoi confronti. Quali sono?
A dicembre del 2023, dopo Natale, ci fu un tentativo di effrazione nell'abitazione della mia residenza legale. Un uomo, coperto con un passamontagna e dei guanti, riuscì a raggirare il sistema di sorveglianza e provò ad entrare in casa. Mentre era intento in quest'opera fu spaventato da qualcosa e decise di andare via. Solo in quel momento, a tentativo ormai fallito, passando dal giardino fece scattare l'allarme che fotografò poi il tentativo di effrazione. Successivamente, l'8 febbraio del 2024, io e Luca Casarini riceviamo il primo messaggio da Meta, attraverso Facebook, che ci avvisava di questo sofisticato attacco sostenuto da hacker con spyware. Il messaggio preciso diceva: "avviso di attacco hacker sofisticato appoggiato dal governo". Queste erano le parole. Poi nell'estate del 2024 io ho cambiato il telefono. Successivamente ci sono state le notifiche a David Yambio (portavoce di Refugees in Libya ndr) il 13 novembre 2024, poi a Luca Casarini, Beppe Caccia e Francesco Cancellato, il 31 gennaio del 2025.
Perché ti hanno spiato secondo te?
L'attenzione va sempre posta su un fatto, noi svolgiamo un lavoro molto delicato di solidarietà e fraternità con le persone che si trovano in Libia e Tunisia, in condizioni estremamente vulnerabili, persone che si trovano nelle mani della mafia libica. Noi siamo al servizio del loro grido, che è un grido di fraternità, che prova a risuonare, e quindi è molto preoccupante che veniamo spiati nello svolgimento di questa nostra attività.
C'è un collegamento tra il caso Almasri e la vicenda dello spionaggio ai tuoi danni?
Non sappiamo se c'è un collegamento diretto, ma un collegamento indiretto questo per lo meno sicuramente c'è. Noi lavoriamo con le vittime di Almasri, con persone che sono prigioniere di Almasri o di altri capi della mafia libica. raccogliamo denunce e testimonianze contro la mafia libica, questo è un elemento di cui bisogna tenere conto. Altro appunto non lo sappiamo, però noi siamo molto preoccupati per il crescente potere della mafia libica.
Sulla tua vicenda è intervenuta anche la Conferenza Episcopale Italiana che ha chiesto di arrivare alla verità
Si c'è stata la presa di posizione del vice presidente per il Sud, monsignor Francesco Savino, la richiesta è esattamente quella, noi chiediamo verità perché la verità è il presupposto per operare una riconciliazione. Noi non siamo interessati ad uno scontro, ma siamo interessati alla riconciliazione, a noi sta molto a cuore il dialogo e la collaborazione con le istituzioni, ed il presupposto per la riconciliazione è la verità. E quindi siamo tutti quanti a chiedere verità e chiedere giustizia e riconciliazione.
Dovevi essere ascoltato dalla commissione LIBE del parlamento europeo, per le libertà civili, invece cosa è successo?
E' successo che l'audizione è stata rimandata, speriamo che possa tenersi presto. A noi sta molto a cuore proprio perché ci sta a cuore il dialogo e la collaborazione con le istituzioni. Abbiamo presentato degli esposti su quanto avvenuto, quindi ci teniamo al dialogo ed alla collaborazione con la magistratura, e ci interessa il dialogo e la collaborazione con tutte quante le istituzioni. E' stata la commissione LIBE a convocarci, non ci siamo autoconvocati, a noi questa cosa ha fatto molto piacere, perché vogliamo dialogare e collaborare con le istituzioni fornendo quegli elementi che è importante che le istituzioni sappiano e che assumano, proprio perché si possa insieme arrivare a chiarire la verità. I nostri avversari sono le ingiustizie, le forme di dominio e sopraffazione, le mafie, la Corte penale internazionale è un esempio molto bello. Si era arrivati alla incriminazione e inizialmente alla cattura di un famigerato capo della mafia libica come Almasri, che era stato catturato per crimini di guerra e crimini contro l'umanità. E' anche uno dei capi del sistema dei trafficanti. Purtroppo chiaramente quel risultato è saltato.
Tra gli spiati c'è anche il nostro direttore, che paese è quello dove si spiano preti e giornalisti?
Questa è la domanda che ci dobbiamo porre ed è il motivo per cui si deve arrivare alla verità. L'opera dei giornalisti è sacrosanta, è sacrosanta per la democrazia, noi lo sappiamo bene nel nostro campo, senza giornalisti coraggiosi che hanno fatto inchieste coraggiose, noi anche sul tema della mafia libica, moltissime cose non le sapremmo. Quindi è fondamentale che ci sia rispetto e tutela dell'attività dei giornalisti e questo comincia dallo scoprire la verità su quello che è successo al direttore Francesco Cancellato come nel caso nostro.
Tu sei un giovane prete, ti sei trovato al centro di una attività di spionaggio internazionale, ti ha intimorito questa vicenda?
Intimorito direi proprio di no. Anche perché questa è solo l'ennesima pagina di una serie di attacchi che sono stati fatti contro di noi. Oggi siamo in un momento in cui c'è un avanzamento terribile nella società, non solo in Italia ma in gran parte del mondo, di questa cultura dell'individualismo, il nuovo motto è praticamente "me ne frego", il menefreghismo. A questo "me ne frego" noi sempre di più tutti quanti insieme dobbiamo contrapporre "i care" di Don Milani, che in questo tempo diventa "we care". Mediterranea e tante altre realtà della società civile in Italia, in Europa e nel mondo, fanno esattamente questo: "we care". Chi pratica il "we care" non deve essere criminalizzato o spiato, anzi deve essere ascoltato, e le istituzioni devono collaborare, perché insieme allora sì che potremmo costruire la società della solidarietà e della fraternità.