«Mi dimetto da Ministro. L’ho deciso per la mia dignità: è la cosa più importante che ho e la voglio salvaguardare a qualunque costo. Ho deciso di lasciare un ministero e di lasciare un governo perché la mia dignità vale più di tutto questo ed è stata offesa da chi sa che non ho fatto nulla e avrebbe dovuto spiegare perché era suo dovere prima morale e poi politico. Non posso restare in un governo che non ha difeso la mia onorabilità”.
La scelta politica che indebolisce ancora di più il governo è innegabilmente il primo aspetto che salta agli occhi. Tuttavia, anche la comunicazione usata per lasciare la poltrona di ministro contiene diversi significati.
Il comportamento di Nunzia De Girolamo, quando era deputata di riferimento del Pdl nel Beneventano, non è stato né onorevole né dignitoso per un politico. Anche se non è un reato. Eppure, nel fornire pubblicamente le ragioni delle sue dimissioni da ministro ha usato parole come “onore” e “dignità” che altri – forse una famiglia ideale, o comunque, un potere maschile – avrebbero avuto il dovere di difendere. E perché mai? Perché, soprattutto, se lei per prima non l'ha fatto? Invece echeggia in quel frasario qualcosa di antico e retorico, qualcosa dei codici tribali e dei linguaggi mafiosi che colpiscono per la mancanza di “visione politica” e fotografano la politica italiana.
Prima di tutto viene il comportamento del governo. Il “caso” De Girolamo rimanda a quello Cancellieri. Entrambe sono due ministre della Repubblica “indifendibili”, entrambe per aver voluto proteggere in qualche modo “gente di famiglia”. Le reazioni contro Cancellieri dell'opinione pubblica furono pesantissime, eppure ci fu una levata di scudi piuttosto compatta e la ministra della Giustizia venne blindata dal governo. Nunzia De Girolamo no: è stata lasciata sola e quindi ha reagito.
Si tratterebbe allora di un linguaggio tutto femminile, che ricalca uno schema antiquato secondo cui una donna deve essere difesa dall'uomo o da un potere maschile? Significa che le donne devono ancora apprendere a gestire il potere? Abbiamo chiesto la ragione del disagio che si prova in questo tipo di comunicazione alla nota psicoterepeuta e criminologa Luana De Vita.
Perché colpiscono quelle frasi?
“Prevalentemente perché potrebbero rievocare un'Italia lontana che non vorremmo più sentire. Un certo tipo di dinamiche prevede che la donna sia sostenuta dal proprio nucleo, che vorrebbe poi che a ogni donna corrisponda un marito che la difende. Quante volte abbiamo sentito la frase: ‘ stasera quando torna papà…'. Non dimentichiamo che in Italia solo nell'81 è stato abolito il delitto d'onore, e il matrimonio riparatore, in caso di violenza sulla donna. In un caso la dignità dell'uomo era l'attenuante dell'omicidio, nell'altro, attraverso il matrimonio, si restituiva onore e dignità al nucleo familiare e alla donna, che per il fatto di essere stata stuprata era svergognata. Trent'anni sono pochi. Non mi stupiscono mai le reazioni di questo tipo. Sono legate alla nostra cultura che vorremmo aver superato…"
E quindi è sbagliata la comunicazione della De Girolamo?
“E' diverso. Secondo me il suo è un gesto eminentemente politico: ‘voi non avete fatto con me quanto fatto con Cancellieri, io vi indebolisco' sarebbe il sottotesto. Lascerei ad altri il commento nel merito, ma qui il punto interessante che si deve sollevare è un altro, e cioè se al posto di Nunzia De Girolamo ci fosse stato un uomo non ci sarebbe venuto in mente immediatamente lo schema dell' ‘onore da lavare con l'intervento maschile'. Nell'Italia in cui si chiedono le quote femminili perché non si capisce se è l'elettorato che non sceglie le donne o se sono i partiti che non le presentano, sono molto interessanti le cose che ci fanno reagire. Gli uomini che fanno politica sembra che abbiano il sesso degli angeli, o ce ne ricordiamo solo appunto per scandali legati al sesso. Di una donna invece valutiamo subito che è donna e la giudichiamo prima di tutto su quel fronte. Mi ricordo la storia delle lacrime dell'ex ministra del Lavoro Fornero: nel presentare la legge che ci distruggerà per i prossimi anni, si mise a piangere. I commenti si divisero in due: da una parte femminuccia nevrotica dall'altra meravigliosamente umana. Se si fosse trattato di un uomo avremmo semplicemente chiamato l'ambulanza. ‘Come? Ci distrugge e piange?'. E' che non siamo veramente abituate a vedere le donne in funzione. Uguale è stato quando Laura Boldrini sottolineò che solo in Italia passano pubblicità in cui le donne cucinano e servono a tavola la loro famiglia. Moltissime si sentirono offese da un'altra donna. I commenti furono di questo tenore ‘ma a te chi cucina la cameriera?' Oppure ‘io provo molto piacere a cucinare'. Fu un disastro. Se invece fosse stato un uomo a esprimere un augurio del genere, il messaggio sarebbe arrivato chiaro subito e cioè: ‘basta rappresentare lo stereotipo della casalinga come unico orizzonte di vita delle donne'. Avremmo colto subito la diversità. Per questo dico, prima ancora di chiederci se le donne sono veramente attrezzate per il potere dobbiamo imparare a giudicarle esattamente come faremmo se fossero un uomo e non partendo dal ‘genere'. Per questo non finisco mai di dire che il femminismo, se vuole incidere significativamente nel futuro, ha bisogno di un pensiero che produca riflessioni nuove”.