Caso Almasri, perché il governo non invia alla Cpi i documenti per l’indagine e chiede altro tempo: cosa succede

Il governo italiano ha chiesto una proroga per l'invio delle informazioni richieste dalla Corte penale internazionale per l'indagine sul caso Almasri. Il termine per l'invio della documentazione infatti scadeva oggi, lunedì 17 marzo.
La richiesta dell'esecutivo è legata all'attesa degli esiti delle indagini avviate dal Tribunale dei ministri, che ha aperto un fascicolo d'indagine sulla premier Giorgia Meloni, sull'Autorità delegata alla Sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, e sui ministri della Giustizia, Carlo Nordio, e dell'Interno, Matteo Piantedosi, a partire da un esposto presentato dall'avvocato Luigi Li Gotti, il quale aveva chiesto accertamenti per i presunti reati di favoreggiamento e peculato.
Il favoreggiamento riguarda il rilascio di Almasri, accusato dalla Corte penale internazionale (Cpi) di crimini contro l’umanità. Il peculato è legato all'uso di un aereo dei Servizi segreti per riportalo a Tripoli.
L'ipotesi della Cpi è che lo Stato italiano non abbia rispettato l’obbligo internazionale di eseguire il mandato d’arresto nei confronti del generale libico Almasri, liberandolo e accompagnandolo nel suo Paese, a bordo di un volo di Stato. Per questo il governo Meloni è stato chiamato dalla Cpi a dare spiegazioni.
Cosa è successo: come nasce il caso Almasri
Osama Almasri Njeem, è il capo della polizia giudiziaria libica e responsabile della prigione di Mitiga, a Tripoli, ed è accusato di stupri, torture, abusi e omicidi sui migranti, reati commessi in Libia dal febbraio 2015 in poi. Su di lui pende un mandato di arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale, per crimini contro l'umanità. Almasri è stato arrestato a Torino, dove era arrivato il giorno prima dalla Germania con un'auto presa a noleggio, e dove aveva appena assistito alla partita Juventus-Milan, il 18 gennaio. Dopo 96 ore, però, è stato scarcerato: il suo arresto non è stato convalidato e l'uomo è stato accompagnato all'aeroporto di Caselle, fatto salire su un volo di Stato insieme alle sue guardie del corpo armate e riportato in Libia, dove è stato accolto e portato in trionfo.
Qualche giorno dopo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha annunciato via social di essere indagata dalla procura di Roma per favoreggiamento e peculato, insieme ai ministri Nordio e Piantedosi, e al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Questo passaggio ha aperto un nuovo scontro tra governo e magistratura, mentre le opposizioni hanno chiesto con insistenza alla premier Meloni di riferire in Parlamento (solo Piantedosi e Nordio sono intervenuti poi alla Camera e al Senato, spiegando che Almasri è stato rilasciato per una serie di errori procedurali imputati alla stessa Cpi e rimpatriato perché ritenuto un soggetto pericoloso).
Successivamente la Camera preliminare, l'organo giudiziario della Cpi, ha avviato una procedura di accertamento formale nei confronti dell'Italia, giudicata "inadempiente" per la mancata consegna del generale libico. L'organismo ha quindi invitato il governo a fornire spiegazioni sulle procedure, e a "presentare osservazioni in merito alla sua mancata perquisizione e al sequestro di materiali" in possesso di Almasri. Il 17 marzo era appunto la scadenza indicata dall'organismo per l'invio della documentazione.
Ora il governo ha chiesto un differimento della scadenza. Nel frattempo dovrebbe arrivare l'esito dell'indagine del Tribunale dei ministri. I magistrati si sono mossi acquisendo documentazione sia al ministero della Giustizia che a quello dell'Interno, con l'obiettivo di ricostruire quanto accaduto dall'arresto di Almasri alla scarcerazione ed al rimpatrio, due giorni dopo, sull' aereo dei servizi. Il Tribunale ha 90 giorni di tempo – scadranno a fine aprile, ma è possibile chiedere una proroga – per svolgere le indagini, che potrebbero concludersi con un'archiviazione oppure con l'invio del fascicolo in procura per chiedere al Parlamento l'autorizzazione a procedere nei confronti degli indagati.
Opposizioni all'attacco: "Governo non collabora con la Cpi sul caso Almasri"
"La richiesta del governo di prorogare l'invio delle informazioni alla Corte penale internazionale sul caso Almasri è un atto gravissimo che conferma, ancora una volta, l'atteggiamento ostile dell'esecutivo verso la giustizia internazionale e i diritti umani", ha scritto in una nota Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde. "Il generale libico Ahmad Almasri, uomo forte di Tripoli, è accusato – ricorda il parlamentare di Avs – di stupri, torture, abusi e omicidi ai danni di migranti. Nonostante queste accuse gravissime, il governo italiano lo ha accompagnato in Libia con un volo di Stato, rendendosi complice di una grave violazione del diritto internazionale. Per questa vicenda, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ricevuto un avviso di garanzia dal procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi per i reati di favoreggiamento e peculato, insieme ai ministri Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano".
A giudizio dell'esponente di Avs "oggi, con la richiesta di proroga dell'invio delle informazioni alla Cpi, il governo conferma la volontà di ostacolare il percorso della giustizia internazionale e di prendere tempo per evitare di rispondere delle proprie responsabilità. È un comportamento gravissimo che dimostra come questa destra utilizzi le istituzioni per difendere sé stessa invece che la legalità e i diritti umani".
"Da mesi chiediamo a Giorgia Meloni – rivendica Bonelli – di riferire in Parlamento per chiarire i contorni di questa vicenda, ma la nostra richiesta è rimasta inascoltata. Il governo si comporta come se ci fosse il segreto di Stato, ma il segreto di Stato non è mai stato apposto, esattamente come nel caso dello scandalo Paragon, in cui attivisti, preti e giornalisti sono stati spiati senza alcuna trasparenza. Ma da questo esecutivo arrivano solo silenzio e mancanza di trasparenza. Le responsabilità del governo nell'espulsione di Almasri dall'Italia e il mancato rispetto del diritto internazionale sono evidenti".
"La decisione del Governo di chiedere una proroga per l'invio delle informazioni richieste dalla Corte penale internazionale (Cpi) sul caso Almasri è gravissima e inaccettabile", è il commento della responsabile Giustizia del Pd, deputata Debora Serracchiani. "Ancora una volta l'esecutivo continua a non essere trasparente, rifiutandosi di collaborare pienamente con la giustizia internazionale e tradendo gli impegni presi – aggiunge -. Il governo deve spiegare perché ha deciso di rimettere in libertà un criminale accusato di reati gravissimi dalla Cpi, anziché garantirne la consegna alla giustizia. L'ostruzionismo nei confronti della Corte e il rinvio delle informazioni richieste non sono giustificabili e danneggiano la credibilità dell'Italia a livello internazionale".
"Chiediamo che l'esecutivo smetta di prendere tempo e trasmetta immediatamente alla Cpi tutti i documenti richiesti. La giustizia non può essere piegata a logiche di convenienza politica", ha detto la deputata, aggiungendo che "il rinvio appare ancora più incomprensibile visto che il ministro Nordio aveva dichiarato di avere tutto chiaro dopo aver attentamente studiato le carte, arrivando persino a entrare nel merito del mandato d'arresto".