Caso Almasri, le opposizioni presentano una mozione di sfiducia contro Nordio
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I partiti di opposizione hanno annunciato la presentazione in Parlamento di una mozione di sfiducia nei confronti del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Come si legge in una nota congiunta del Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi Sinistra, Italia Viva e Più Europa, la richiesta sarebbe motivata dalla "gravissima vicenda" della liberazione e del rimpatrio su un volo di Stato di Njeem Osama Almasri, noto torturatore libico su cui pende un mandato di cattura della Corte penale internazionale (CPI) per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Mentre il Ministero della Giustizia ha avviato interlocuzioni informali con la Corte penale internazionale (CPI) per esaminare le criticità della gestione del caso e "prevenire situazioni analoghe in futuro", la stessa Corte ha aperto un fascicolo per analizzare il comportamento dell'Italia in relazione alla mancata esecuzione del mandato d'arresto per Almasri. L'indagine non riguarda direttamente la responsabilità individuale dei membri del governo Meloni, ma si concentra sulle scelte compiute dallo Stato italiano dopo la richiesta di consegna del generale libico.
La Corte dell'Aja chiede chiarimenti all'Italia
La Corte penale internazionale ha ufficialmente avviato un esame sul caso Almasri, chiedendo spiegazioni al governo italiano per la mancata esecuzione del mandato d'arresto. Il dossier potrebbe finire sul tavolo del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, anche se al momento non risultano indagini nei confronti della presidente del Consiglio Giorgia Meloni o dei ministri Nordio e Piantedosi, nonostante il ricorso presentato da una vittima sudanese del torturatore libico. Secondo quanto dichiarato dal portavoce della CPI, il fascicolo aperto riguarda la possibile violazione da parte dell'Italia degli obblighi di cooperazione internazionale. Il caso sarà affidato alla Camera preliminare della Corte, che dovrà stabilire se procedere con indagini su singoli funzionari o politici italiani, oppure archiviare la questione.
L'apertura di un'inchiesta era un'eventualità prevedibile: l'articolo 87 dello Statuto di Roma stabilisce infatti che, in caso di mancata collaborazione da parte di uno Stato, la Corte può avviare un procedimento e, in determinate circostanze, sottoporre il caso al Consiglio di Sicurezza dell'ONU per eventuali provvedimenti. Questo lo scenario quindi più concreto, considerando che l'intervento della CPI sulla Libia era stato avviato proprio in seguito a una risoluzione del Consiglio.
Un possibile cambio di strategia
Una risposta ufficiale a queste domande era già stata fornita la scorsa settimana in Parlamento dai ministri Piantedosi e Nordio: il ministro della Giustizia aveva duramente attaccato la Corte penale internazionale, definendo "nullo" il mandato d'arresto per presunte irregolarità procedurali e mettendo in discussione l'intero impianto accusatorio della CPI. Una posizione che, secondo diversi esponenti dell'opposizione, si era spinta addirittura oltre le argomentazioni avanzate dalla difesa di Almasri. Ora, però, sembra che il governo stia optando per un approccio più prudente: fonti governative hanno riferito che il ministero di Nordio avrebbe avviato contatti con la Corte dell'Aja per organizzare delle consultazioni volte a riflettere sulle criticità emerse e a prevenire il ripetersi di episodi simili in futuro.
Non è ancora chiaro quando queste consultazioni inizieranno né quali saranno i temi centrali del confronto, ma la prima reazione del governo lascia intendere un cambio di rotta. È possibile che, nelle prossime settimane, la premier Meloni e i suoi ministri cercheranno di evitare ulteriori attacchi pubblici alla Corte dell'Aja, con l'obiettivo di chiudere il caso rapidamente ed evitare così ulteriori tensioni diplomatiche che potrebbero isolare ulteriormente l'Italia a livello internazionale. Resta da vedere quali argomentazioni il governo fornirà alla CPI per convincere i giudici a non proseguire l'indagine.