Caso Almasri

Caso Almasri, il viceministro Cirielli ammette: “Lui come Putin, arrestarlo avrebbe avuto effetti in Libia”

Rispondendo a Fanpage.it, il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli ha sottolineato le possibili ripercussioni diplomatiche dell’arresto del generale libico Almasri, lasciando intendere che la sua detenzione avrebbe potuto destabilizzare ulteriormente la Libia. Pur senza confermare un collegamento diretto, ha paragonato la vicenda a un ipotetico arresto di Putin, evidenziando le implicazioni geopolitiche della decisione.
A cura di Redazione
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Di Marco Billeci e Francesca Moriero

Il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli, per la prima volta, ha rotto il silenzio sulle reali preoccupazioni del governo riguardo alla detenzione del generale libico Njeem Osema Almasri. Intervenendo a margine della direzione di Fratelli d'Italia, ha risposto alle domande di Fanpage.it, sottolineando le possibili ripercussioni politiche e diplomatiche che l'arresto di una figura di spicco come Almasri avrebbe potuto avere sulla già fragile situazione libica.

"È evidente che quando un alto esponente di un governo riconosciuto a livello internazionale viene arrestato con accuse così gravi, ciò può destabilizzare ulteriormente un Paese già in difficoltà", ha dichiarato Cirielli, lasciando intendere che il rischio di tensioni diplomatiche fosse una delle principali preoccupazioni dell'esecutivo.

Pur evitando di affermare esplicitamente che queste considerazioni abbiano influenzato la decisione di rilasciare Almasri, Cirielli ha comunque suggerito che il caso andava oltre la mera questione giudiziaria: "Questa è una vostra valutazione", ha risposto alla domanda che chiedeva se questi timori avessero inciso sulla scarcerazione. Poi ha aggiunto un paragone significativo: "È come se qualcuno arrestasse Putin o il capo di Stato Maggiore della Russia… Si tratta di un'azione che ha delle conseguenze".

Della vicenda parla anche il capogruppo di Fdi Galeazzo Bignami che dichiara: "Quei cavilli procedurali erano essenziali", per poi aggiungere, "in questi casi è prevista anche una valutazione di ordine politico, ma Almasri è stato liberato per decisione della magistratura". 

Chi è Almasri e quali sono le accuse a suo carico

Njeem Osema Almasri, nato a Tripoli nel 1979, è un alto ufficiale libico a capo della Polizia giudiziaria e responsabile della prigione di Mitiga, tristemente nota per gravi violazioni dei diritti umani. La Corte penale internazionale lo accusa di crimini di guerra e contro l'umanità, tra cui torture, stupri, omicidi e persecuzioni ai danni di detenuti politici, sospetti terroristi e migranti intercettati in mare. Le indagini su di lui risalgono al 2011 e riguardano episodi di abusi avvenuti proprio all'interno del carcere di Mitiga, sotto il controllo della milizia Rada, un gruppo armato islamista guidato dal comandante Abdul Rauf Kara.

Il fermo e la scarcerazione di Almasri in Italia

Il 18 gennaio, la Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso un mandato di cattura contro Almasri, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità commessi nel carcere di Mitiga a partire dal 15 febbraio 2011. Queste accuse hanno portato alla sua identificazione e al suo arresto immediato da parte della Digos, su segnalazione dell'Interpol, mentre si trovava a Torino per assistere alla partita Juventus-Milan. Tuttavia, la comunicazione ufficiale dell'arresto alle autorità di Roma è arrivata solo il 20 gennaio, come risulta dai documenti del Procuratore generale della capitale.

Tre giorni dopo, il 21 gennaio, il Ministero della Giustizia ha diffuso un comunicato in cui confermava la detenzione del generale libico e dichiarava che il caso era ancora sotto esame. La nota precisava: "Considerato il complesso carteggio, il Ministro sta valutando la trasmissione formale della richiesta della CPI al Procuratore generale di Roma, ai sensi dell’articolo 4 della legge 237 del 2012". Il ministro Carlo Nordio, quindi, stava ancora analizzando la documentazione necessaria per procedere con la richiesta della CPI.

Meloni accusata di favoreggiamento e peculato

Questa lentezza ha suscitato l'allarme della Corte Penale Internazionale, che ha ribadito l'obbligo di trasferire immediatamente i soggetti arrestati in base a un mandato internazionale, senza margini di ritardo o discrezionalità.

Il nodo cruciale della vicenda risiede in un aspetto procedurale: il Procuratore generale avrebbe sostenuto che l'arresto di Almasri sia stato eseguito senza il coinvolgimento del Ministero della Giustizia, l'organo preposto a gestire i rapporti con la CPI. Senza questa autorizzazione, la Corte d'Appello di Roma ha ritenuto irregolare il fermo, nonostante la gravità delle accuse, e ne ha quindi disposto l’immediata scarcerazione.

Questa lacuna procedurale ha permesso ad Almasri di rientrare in Libia e riprendere le sue attività a Tripoli, sottraendosi così al giudizio della Corte dell'Aia per i crimini commessi nel carcere di Mitiga. Per questo motivo, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, insieme ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e al sottosegretario Alfredo Mantovano, è ora indagata per favoreggiamento personale e peculato.

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