Caso Almasri, Donzelli: “Meloni indagata? Non ci faremo intimidire, faremo riforma della giustizia”
Di Marco Billeci e Annalisa Cangemi
Prima dell'informativa di Piantedosi e Nordio, prevista per domani, la vicenda del generale libico Almasri, accusato di crimini di guerra, scarcerato e rimandato a casa su un volo di Stato, nonostante il mandato di cattura spiccato dalla Corte Penale Internazionale dell'Aja, ha avuto un'accelerazione improvvisa: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ricevuto un avviso di garanzia, per i reati di peculato e favoreggiamento.
La premier non è l'unica a essere stata raggiunta da un avviso di garanzia: la procura della Repubblica di Roma lo ha inviato anche ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e al sottosegretario Alfredo Mantovano.
Il responsabile organizzativo di fratelli d'Italia, Giovanni Donzelli, ha commentato così la notizia ai microfoni di Fanpage.it: "Faremo la riforma della giustizia: andremo avanti, non ci facciamo intimidire, non ci facciamo ricattare, quello abbiamo promesso agli italiani lo porteremo avanti fino in fondo. C'è una parte della magistratura che è particolarmente nervosa perché stiamo facendo la riforma della giustizia, e noi andiamo avanti con la riforma con ancora più convinzione".
"Oltre alla solidarietà agli esponenti del governo, li ringrazio, perché sono contento da cittadino italiano che un personaggio simile sia stato rimandato subito in Libia, dopo che era stato scarcerato dalla stessa giustizia". Donzelli ha detto la scarcerazione insomma è stata decisa dal "potere giudiziario", e non sarebbe da imputare al ministro Nordio, che non ha chiesto la convalida dell'arresto. "Ci sono atti che aspettano molto più tempo…" è stata la replica di Donzelli.
Nella denuncia, trasmessa il 23 gennaio scorso, Li Gotti, citando i reati, ricorda che secondo il reato di favoreggiamento personale (art. 378 co.1 cod.pen.) "chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l'ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell'Autorità, comprese quelle svolte da organi della Corte penale internazionale, o a sottrarsi alle ricerche effettuate dai medesimi soggetti, è punito con la reclusione fino a quattro anni".
Il penalista ha denunciato la premier e i ministri in relazione "alla liberazione di Osama Almasri, catturato su mandato della Corte Penale Internazionale, con l'accusa di tortura, assassinio, violenza sessuale, minaccia, lavori forzati, lesioni in danno di un numero imprecisato di vittime detenute in centri di detenzione libiche".
Gli atti sono stati trasmessi al Tribunale dei ministri, secondo quanto riportato nella comunicazione di "iscrizione nel registro delle notizie di reato", firmato dal procuratore Francesco Lo Voi.
Proteste in Aula dopo la notizia dell'avviso di garanzia a Meloni
Alla notizia dell'avviso di garanzia in Aula si sono registrate tensioni. Nicola Fratoianni (Avs), che stava parlando delle mozioni sul Medio Oriente, ha introdotto il tema suscitando le proteste della maggioranza. "Consiglierei un po' di relax ai colleghi della destra. Io parlo di quel che voglio. La notizia di un avviso di garanzia al presidente del Consiglio, ai ministri di Interni e Giustizia in relazione al caso Almasri è perfettamente attinente".
"E infatti non le ho tolto la parola…Colleghi per favore, vi prego…", ha risposto Giorgio Mulè cercando di riportare la calma. Nell'Aula di Montecitorio è partito anche un applauso di sostegno per la premier e per i ministri. "Esprimo tutta la solidarietà di Fdi al primo ministro e ai componenti del governo raggiunti da un avviso di garanzia. Per riprendere le parole di Meloni: non è ricattabile, non è condizionabile, insieme all'applauso, rivolgiamo un abbraccio corale a chi lavora quotidianamente per il bene del paese", ha detto Stefano Maullu (Fdi) prendendo la parola in Aula. I colleghi di partito si sono alzati in piedi e hanno applaudito a lungo.
Giovedì scorso il ministro dell'Interno Piantedosi, durante il question time al Senato, ha spiegato che il generale libico è stato rimandato a Tripoli per via della sua "pericolosità", e ha rimandato i dettagli della questione all'informativa inizialmente fissata per domani e poi annullata, in cui era previsto anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Secondo quanto ricostruito dal titolare del Viminale in Aula, l'uomo sarebbe stato rilasciato per poi essere rimpatriato a Tripoli "per ragioni di urgenza e sicurezza, vista la pericolosità del soggetto". Una tesi che non regge, secondo le opposizioni, che accusano invece il Guardasigilli di inerzia.