Caso Almasri, cosa sono le prigioni libiche come quella di Mitiga dove i migranti vengono torturati
Questo pomeriggio il Governo italiano ha cercato di chiarire la controversa vicenda della scarcerazione di Njeem Osema Almasri Habish, capo della polizia giudiziaria libica e considerato dalla Corte penale internazionale autore di crimini contro l'umanità.
Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha risposto oggi in Senato a un’interrogazione del senatore Peppe De Cristofaro (Avs), annunciando che la prossima settimana fornirà ulteriori dettagli in Parlamento, e spiegando che il generale è stato riportato in Libia a causa della sua "pericolosità".
Almasri viene arrestato il 19 gennaio, dalla Digos di Torino, a seguito di un mandato di estradizione della Corte penale internazionale. Appena due giorni dopo, il 21 gennaio, la Corte d’Appello dichiara irregolare il fermo, considerato non "conforme alle procedure legali", e ne dispone l’immediata scarcerazione. L’uomo viene così immediatamente rimpatriato a Tripoli, su un aereo italiano.
Di questa vicenda Fanpage.it ne ha parlato con Valentina Brinis, advocacy officer di Open Arms.
Njeem Osama Almasri è stato prima incarcerato in Italia dalla Digos di Torino e poi scarcerato, per "difetti di forma nella procedura del suo arresto". Il ministro Piantedosi oggi ha dichiarato che l'uomo è stato scarcerato per "ragioni di sicurezza", poiché considerato un "soggetto pericoloso". Qual è la posizione di Open Arms in merito a queste dichiarazioni?
Da sempre la questione dell'immigrazione viene trattata esclusivamente ponendo un focus e un'attenzione al tema securitario che io credo sia molto importante. Credo sia importante mantenere un'attenzione alta in questo senso. Credo anche però che dall'altra parte questa attenzione vada bilanciata con l'attenzione che bisogna porre rispetto alla gestione dei flussi migratori. E all'interno della gestione dei flussi migratori, c'è il grandissimo tema del rispetto dei diritti umani, soprattutto delle persone con cui Open Arms si interfaccia, persone che si trovano ad attraversare le frontiere irregolarmente. Trovo che questo bilanciamento, questo equilibrio manchi. E anzi sia sbilanciato nei confronti di questa attenzione esclusivamente securitaria. E dalle risposte del ministro Matteo Piantedosi, rispetto alle interrogazioni poste al Senato, vediamo proprio che la scelta di scarcerare Almasri, cittadino libico accusato dalla Corte dell'Aia di crimini contro l'umanità e torture, sia una scelta motivata proprio in questo senso.
Cosa pensa rispetto al fatto che un individuo considerato dalla Corte Penale Internazionale di essere l'autore di crimini contro l'umanità, sia stato rispedito in Libia su un volo di Stato italiano?
Penso che il Governo, per l'ennesima volta, abbia mancato un'occasione nel prendere una posizione forte contro dei Paesi dove purtroppo non viene tutelato un principio fondamentale, che è il diritto alla vita. Vogliamo ricordare che quando si dice di proteggere i confini italiani, quando si dice che non stanno arrivando più persone e che i flussi sono diminuiti, bisognerebbe chiedersi a che prezzo. A cosa si stanno costringendo queste persone. Quindi rimandare un cittadino libico nel proprio Paese, dopo che ha commesso questi reati contro centinaia di persone, migranti, è sicuramente un comportamento che non possiamo condividere come organizzazione umanitaria, perché crediamo che la tutela della vita e della dignità delle persone, ancor prima della loro libertà di movimento, sia un tema che non si può assolutamente ignorare. Non è solo la Corte che accusa Almasri, ma moltissimi dei migranti che attraversano la Libia per arrivare in Europa a denunciano e hanno denunciato più e più volte torture, violenze, soprusi da parte di questo individuo.
Tra pochi giorni è l'anniversario del memorandum Italia-Libia, siglato il 2 febbraio del 2017. Il Governo italiano ha la possibilità di interrompere gli accordi, entro novembre. Pensa che si muoverà in questo senso?
Penso che il Governo dovrebbe prendere in considerazione questa idea, e magari gestire il dossier libico in un'altra maniera. Non si può pensare che parte di quel finanziamento, sia legato al memorandum Italia-Libia. L'Italia quando prosegue con il memorandum, non solo non protegge le persone in mare ma non protegge neppure gli operatori umanitari che si trovano lì a lavorare. Il memorandum altro non fa che sostenere la cosiddetta guardia costiera libica che, non solo, ha messo più volte in pericolo la vita delle persone migranti, ma anche più volte minacciato la vita delle persone che sono nel Mediterraneo a soccorrere le persone migranti. Ogni organizzazione umanitaria, negli anni, si è trovata a gestire degli eventi critici legati a questo.
Può raccontarci un episodio?
Ci sono stati episodi in cui sono state usate le armi, da parte della guardia costiera libica ovviamente, che ha sparato contro gli operatori umanitari. O scene di minacce in cui la guardia costiera libica cercava proprio di utilizzare i migranti come mezzo, come merce di scambio. Rivendicava proprio una proprietà sulle persone tratte in salvo. Oltre al fatto che in moltissime occasioni non sono assolutamente collaborativi sul tema proprio del soccorso in mare. Cioè anche quando non si creano delle vere e proprie violazioni palesi comunque questa. Per noi è un'assenza di questa forza che il nostro Paese, lo ricordo, sovvenziona. Molti dei fermi che le navi delle Ong hanno subito in questi anni sono addirittura legati alle denunce che i libici avrebbero fatto all'Italia, rispetto al nostro comportamento, dicendo che noi abbiamo ostacolato le operazioni di soccorso in moltissimi casi.
E se le missioni di soccorso in mare fossero ufficializzate e gestite dai governi, cosa cambierebbe?
Se ci fosse una missione di soccorso in mare coordinata dai governi, sicuramente le Ong non avrebbero neanche più nessun motivo, nessuna ragione di operare nel Mediterraneo centrale.
Può dare una fotografia su ciò che accade in Libia alle persone migranti? Perché vengono rinchiuse nelle carceri?
In Libia la presenza dei migranti non è assolutamente tollerata. Ed è il motivo per cui vengono incarcerati. Ma quando non vengono incarcerati sono comunque vittime di violenze e rapimenti. Questo accade in moltissimi Paesi, non solo in Libia. In questo caso, la Libia è un Paese in cui c'è bisogno di denaro contante e i migranti o ce l'hanno, perché per attraversare le frontiere sono costretti a pagare, oppure i parenti tante volte sono poi obbligati a pagare per loro.
Sono circolate delle immagini di una giovane donna etiope, Naima Jamal, mentre viene torturata dai libici. Le sevizie sono riprese in un video dai suoi aguzzini, allo scopo di chiedere soldi proprio alla famiglia.
Si, la tortura era finalizzata all'estorsione di denaro dei parenti. Ma queste non sono cose che diciamo da oggi. Sono cose risapute, non lo denunciamo solo noi, ci sono dossier aperti, sono intervenute in questo senso moltissime istituzioni europee, ci sono moltissime inchieste internazionali che hanno dimostrato questi fatti. Non si capisce come mai uno dei sistemi che l'Italia, supportata dall'Europa, ha, per gestire i flussi migratori, sia quello dell'esternalizzazione delle frontiere, che altro non fa che bloccare le persone in Paesi in cui poi la loro vita è messa a rischio. Una domanda a cui sarebbe bene venisse data una risposta. Si dovrebbe investire lo stesso denaro in percorsi di integrazione, nel miglioramento del sistema di accoglienza.
A proposito di integrazione: cosa ne pensa della proposta della Lega di vietare l’uso del burqa nei luoghi pubblici?
Questa è una questione importante, di cui si parla da tempo, dagli anni Novanta. Se ne parla a livello europeo. La Francia è stata il primo Paese in cui si è affrontato la questione del velo. Paese che poi ha imposto un sistema di laicismo. Il fatto di annullare dei simboli, il fatto di annullare un'identità, ha fatto si che creasse ancor più il conflitto sociale. Abbiamo questo esempio francese, perché dobbiamo replicarlo in Italia? Perché l'Italia non investe su un proprio modello di integrazione, perché il nostro Paese non crea una società che faccia della diversità il proprio valore aggiunto, il proprio valore fondamentale?
Lo chiedo a lei
Noi non pensiamo che l'immigrazione non vada gestita. Va gestita. Ma deve essere gestita nel rispetto di valori e principi fondamentali, il diritto alla vita, la libertà di espressione, di movimento. L'immigrazione si può regolare, ma non si deve ostacolare. E ostacolare non è regolare.