Cartelli anti migranti, Cassazione condanna la Lega: “Chi scappa da un pericolo non è clandestino”
"Saronno non vuole i clandestini. Vitto, alloggio e vizi pagati da noi. Nel frattempo, ai saronnesi tagliano le pensioni e aumentano le tasse, Renzi e Alfano complici dell’invasione". Questo dicevano i cartelli affissi da Lega a Saronno, città di 40mila abitanti circa in provincia di Varese, nel 2016. Il contesto era quello di una manifestazione di protesta, convocata proprio dai leghisti perché a un centro di assistenza (messo a disposizione dalla parrocchia cittadina) erano state assegnate 32 persone migranti da ospitare.
Si trattava di uomini e donne che avevano fatto richiesta di asilo ed erano in attesa dell'esito della loro domanda: in nessun modo, quindi, erano immigrati irregolari o "clandestini". Lo ha confermato la Cassazione, che il 16 agosto ha respinto il ricorso della Lega e ribadito l'obbligo di risarcimento verso le due associazioni che avevano intentato una causa sette anni fa.
"Gli stranieri che fanno ingresso nel territorio dello Stato italiano perché corrono il rischio effettivo, in caso di rientro nel Paese di origine, di subire un ‘grave danno', non possono a nessun titolo considerarsi irregolari e non sono dunque ‘clandestini'", si legge nel testo della sentenza. Hanno avuto ragione, quindi, l'Asgi (Associazione studi giuridici sull'immigrazione) e il Naga (associazione milanese di volontariato per i diritti dei cittadini stranieri). I due enti avevano portato la Lega (locale e nazionale) in tribunale sette anni fa, e i primi due gradi di giudizio avevano già dato loro ragione, nel 2017 e nel 2020.
La linea delle associazioni era che usare il termine "clandestini" fosse una "molestia discriminatoria" cioè "un comportamento idoneo a offendere la dignità della persona e a creare un clima umiliante, degradante e offensivo". Al contrario, gli avvocati della Lega avevano invocato il diritto di un partito politico a manifestare liberamente la sua posizione. Per la corte, però, "il diritto alla libera manifestazione del pensiero, cui si accompagna quello di organizzarsi in partiti politici, non può essere equivalente o addirittura prevalente, sul rispetto della dignità personale degli individui", soprattutto per individui in situazioni di fragilità, come le persone migranti.
Da Asgi, l'avvocato Alberto Guarisio ha commentato: "La sentenza, benché riferita a una vicenda di anni fa, dice molto anche alla politica di oggi . In particolare sulla inaccettabile consuetudine di continuare a usare il termine ‘clandestini' per coloro che arrivano sul nostro territorio, comunque arrivino, per cercare protezione: persone con una dignità da rispettare e non clandestini".