C'è l'odore stantio di mimose oggi in giro. Mimose ai semafori, mimose accartocciate nella tasca degli impermeabili grigio topo. C'è tutta la marmellata della festa della donna in un Paese in cui non esiste la festa dell'uomo. Non esiste mica la festa dell'uomo perché le feste, qui da noi, si confezionano per una pietosa formula di cortesia istituzionale: la festa dei nonni (poveri nonni), la festa dei cani (poveri animali), la festa dei papà (poveri papà), la festa delle mamme (povere mamme). Non si nega una festa a nessuno qui, basta poi che non rompano i coglioni per il resto dell'anno.
C'è la festa della donna e nell'epoca della politica social diventa ancora più facile: basta cercare su google un aforisma, poi un'immagine buona ma ma non abusata, confezionare il bigliettino fatto di bit e spargerlo sulla bacheca di Facebook o sulla timeline di twitter del deputato o senatore. E per un giorno, tutto il giorno, farsi, frammette, mimosine, auguri pronunciati con la bocca a culo di gallina e ci si trascina fino a sera. La festa della donna è il viagra dell'attenzione da parte degli uomini. Dura ventiquattro ore. Poi la cura si affloscia. E si torna tutti come prima.
Sarebbe stato bello, ad esempio, che questa mattina qualcuno del governo, al suono della sveglia si fosse ricordato che nel mare magnum delle nomine "pubblicitarie" di questi anni non si sia trovato il tempo per qualcuno alle Pari Opportunità. Lì dove ci stava la Carfagna (per dire) oggi si è riuscito a fare peggio senza metterci nessuno. Oppure sarebbe bello che Renzi, anche dalla D'Urso sarebbe andato bene, avesse dichiarato che il miglior regalo per un 8 marzo che duri fino al 31 dicembre sia il diritto di esercitare i diritti. Perché la donna a cui oggi porgete la mimosa è la stessa donna che deve affrontare un percorso di colpevolizzazione per non riuscire nemmeno ad abortire nelle strutture pubbliche. Quella donna lì è la stessa che viene rimbalzata come un'adolescente dispettosa da qualche medico obiettore (che obietta sui diritti delle donne, appunto). La donna a cui porgete la mimosa è la stessa che ha studiato più e meglio di voi ed è la vostra segretaria. La donna a cui porgete la mimosa è quella che per "buon costume" ha saputo poco e male della contraccezione. La donna a cui porgete la mimosa è la stessa con gli occhi pesti che cadde tutte le settimane dalle scale e la incontrate sul pianerottolo. La donna a cui porgete la mimosa è la stessa che cavalcate per 30 euro, che non vi fa domande, a cui non dovete risposte.
Ecco, forse sarebbe il caso di prendersi cura. Nel senso affettivo e non medicale del termine. Prendersi cura della sceneggiatura mica di una festa che sia festosa come non mai ma prendersi cura del copione di tutti i giorni, tra uomo e donna, in un quotidiano che non può permettersi di abituarsi alla sclerotizzazione delle differenze come se fossero semplicemente il ritardo cronico del bus. Caro Matteo, fai un regalo alle donne, semplice semplice: che abbiano il diritto di esercitare i loro diritti. Facciamo un regalo alle donne. Ma che ci costi davvero. Non preso al volo a una bancarella all'incrocio o dal finestrino al semaforo.