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Carlo Calenda andrà a processo per diffamazione contro Clemente Mastella: cosa ha detto

Carlo Calenda potrà andare a processo per diffamazione aggravata dopo la querela di Clemente Mastella: lo ha stabilito il Senato oggi, con i voti del centrosinistra, mentre il centrodestra si è astenuto. La denuncia era partita dopo un tweet in cui Calenda aveva parlato di “cultura della mafia” dopo aver citato il nome di Mastella.
A cura di Luca Pons
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L'Aula del Senato ha dato il via libera all'autorizzazione a procedere nei confronti di Carlo Calenda: il leader di Azione, perciò, andrà a processo per diffamazione aggravata nei confronti di Clemente Mastella, che lo aveva querelato. La decisione di palazzo Madama è arrivata poco dopo quella sull'ex ministro Gennaro Sangiuliano: in quel caso i senatori hanno invece negato la richiesta del Tribunale dei ministri, di avere accesso alle conversazioni private di Sangiuliano con Boccia e non solo.

Durante la votazione in Senato, sul caso di Calenda il centrodestra si è interamente astenuto. Il senatore di Fratelli d'Italia Salvatore Sallemi ha detto di avere delle perplessità perché la relazione della Giunta per le autorizzazioni che chiedeva di mandare Calenda a processo era stata compilata dalla senatrice del M5s Ada Lopreiato: "Sembra celare regolamenti di conti nel campo largo", ha detto Sallemi. Così, ci sono stati 85 astenuti e 54 voti, e la relazione della Giunta è stata approvata.

Entrando nel caso concreto su cui si svolgerà il processo, la dichiarazione da cui è partita la querela di Mastella (classe 1947, ex ministro della Giustizia con una lunga carriera parlamentare alle spalle e attuale sindaco di Benevento in carica dal 2016) era contenuta in un tweet. Secondo Mastella, infatti, Calenda lo avrebbe associato alla mafia.

Era il 3 aprile di quest'anno quando il leader di Azione criticò apertamente sui social la decisione di Emma Bonino di portare alle europee una lista unica chiamata Stati Uniti d'Europa che includeva anche Italia viva (di Matteo Renzi) e altri schieramenti centristi. Su Twitter, Calenda scrisse: "Non ha alcun senso fare una lista che include movimenti che andranno in gruppi politici europei diversi. Non ha alcun senso portarsi dietro, sia pure per interposta persona, Cuffaro, Cesaro e Mastella. La cultura della mafia è l’opposto dei valori europei". Negli scorsi mesi, Calenda ha affermato che l'espressione "cultura della mafia" era riferita a Cuffaro, e non a Mastella.

Poco dopo il sindaco di Benevento annunciò che avrebbe sporto querela, e lo fece. Le indagini per diffamazione aggravata sono state gestite dalla Procura di Roma, e il giudice per le indagini preliminari ha chiesto al Senato di valutare se in questo caso dovesse scattare l'immunità parlamentare.

Si parlava, in particolare, della insindacabilità. Ovvero del privilegio riservato ai parlamentari dall'articolo 68 della Costituzione: i parlamentari "non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni". La questione era, quindi, se Calenda si fosse espresso "nell'esercizio delle sue funzioni" oppure no. E la Giunta ha deciso che non era questo il caso.

Oggi era circolata anche l'ipotesi che il centrodestra intervenisse in ‘difesa' di Calenda, votando contro la relazione della Giunta. Ma lo stesso Calenda aveva chiesto di non farlo: "Io vado serenamente al confronto di merito e invito tutti ad adeguarsi al parere espresso dalla Giunta", aveva dichiarato.

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