Le dittature iniziano picchiando i giornalisti, non con il green pass, l'ha ricordato il mio direttore Francesco Cancellato.
Serve ricordarlo a tutti.
Non che io senta odore di dittatura, ma visto che la richiesta di vaccinarsi contro la più grave pandemia della storia contemporanea viene fatta passare come tale, forse è bene ricordarlo: le dittature non iniziano impedendo a una persona non vaccinata di entrare in una RSA.
Le dittature non iniziano chiedendo alle persone di vaccinarsi per proteggere se stessi e le persone più vulnerabili, penso ad esempio alle persone immunodepresse che davvero non possono vaccinarsi.
Le immagini dei campi di concentramento per paragonare il green pass agli ebrei a cui era impedito l'accesso nei negozi ariani, forse sono un tantinello un'assurdità, possiamo dirlo? Anzi urliamolo: rappresentano un utilizzo immondo della Storia.
I bambini usciti dai camini di Auschwitz ed esibiti in foto durante i cortei sono una mancanza di consapevolezza umana, e di conseguenza anche storica. Eppure quelle immagini le abbiamo viste nelle manifestazioni no green pass in tutta Italia: foto con la svastica accanto alla siringa del vaccino, o il passaporto verde.
Foto di bambini denutriti fotografati al momento della liberazione di Auschwitz a significare "siamo come loro perché ci volete impedire di andare al ristorante", tra l'altro al chiuso, perché all'aperto ci potranno comunque andare anche i non vaccinati.
Cari no green pass, nessuno vi vuole rinchiudere, vi vorremmo liberi, ma non di ammalarvi e di contagiare. Siamo una società, nessuno può fare a meno degli altri.
Non esiste libertà personale disgiunta da quella degli altri, ricordatevelo sempre.
Libertà non è l'urlo scomposto in piazza "Libertà Libertà Libertà" e poi tentare di impedire a un giornalista di raccontare quello che sta avvenendo.
Perché è grave impedirgli di fare il suo lavoro, ma è ancora più grave impedire ad altre persone di conoscere e di farsi un'opinione, a questo infatti servono i giornalisti, mica a tagliare nastri o a regalare megafoni a chi che sia. I giornalisti servono a raccontare i fatti, servono a inquadrarli.
E ora un pensiero sul mio cosiddetto "momento peggiore durante la giornata di sabato". Qualcuno me lo ha chiesto, ma ve lo avrei raccontato lo stesso. Per me il momento peggiore è stato vedere la mamma che incitava la bambina, la figlia, di 5 o 6 anni, a urlarmi "scemo". La bambina – impaurita – obbediva. Ed ecco che la mamma allora gridava: "Hai visto che anche i bambini ti dicono che sei scemo?" e poi voleva che la riprendessi, che io riprendessi con la telecamera sua figlia di 5 anni, per mostrare a tutti che "anche i bambini ti dicono che sei scemo".
No, signora. Come ho detto a lei non riprendo una bambina di 5 anni mentre è vittima di un atto violento – perché questo è stato: un atto violento – da parte di sua madre. Questa è stata la scena peggiore che ho vissuto.
Un'ultima considerazione, è breve: ho visto Giorgia Meloni che ieri con un'immagine ha definito folle quella che lei chiama la discriminazione del non poter mangiare in un ristorante al chiuso se non si è vaccinati, paragonata ai "clandestini" che invece arriverebbero qui a frotte passando la frontiera senza documenti, "altro che green pass", il ragionamento meloniano era questo.
Cara Giorgia Meloni, a parte che clandestino non è la parola corretta, si tratta infatti di richiedenti asilo, ma soprattutto: cara Giorgia Meloni, non ti vergogni?
Paragonare chi scappa da torture e stupri (e riesce ad arrivare qui nonostante te e nonostante gli scafisti) a chi non può mangiarsi una parmigiana al chiuso per evitare che diffonda il Covid, davvero ti sembra un paragone possibile?
Ripeto una frase che ho già scritto, mi sembra importante: non esiste libertà personale disgiunta da quella degli altri, ricordiamocelo sempre.