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Elezioni politiche 2022

Carfagna a Fanpage.it: “Reddito di cittadinanza non va abolito, ma Sud non vuole vivere di questo”

“Il Piano Sud incluso nel Pnrr dà gli strumenti per creare ricchezza e benessere. Non conosco un giovane o un adulto del Sud che voglia vivere di reddito di cittadinanza”. Lo afferma Mara Carfagna, ministra per il Sud e candidata con Azione e Italia Viva, intervistata dal direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato.
A cura di Luca Pons
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"Il reddito di cittadinanza non va abolito. Noi crediamo invece che vada riformato, perché in questo momento immaginare di abolire un sostegno al reddito, in una fase in cui la povertà è aumentata, è totalmente sbagliato". Lo dice Mara Carfagna, ministra per il Sud e candidata con Azione e Italia Viva alle prossime elezioni, nell'intervista con il direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato che si è svolta il 14 settembre. Tuttavia, continua, il reddito "va riformato. Intanto, per quel che riguarda la capacità di sostenere le famiglie numerose. E poi bisogna totalmente sganciare il sostegno al reddito che c'è, che esiste in quasi tutti i Paesi europei e che deve esistere anche in Italia, dalle politiche attivo per il lavoro". La soluzione dal punto di vista lavorativo sarebbe "far entrare le agenzie private, formare i lavoratori per formare quelle competenze che le imprese oggi faticano a trovare".

Il reddito di cittadinanza è un tema centrale di questa campagna elettorale, specialmente nel Sud Italia, dove potrebbe aver contribuito a rilanciare le speranze del Movimento 5 stelle. "Però mi lasci dire anche una cosa, io non vedo un Sud affamato di reddito di cittadinanza", afferma Carfagna. "Io non trovo un giovane del Sud, un adulto del Sud che vuole vivere di reddito di cittadinanza, perché io conosco un Sud orgoglioso e dignitoso che vuole lavorare e che vuole vivere del proprio lavoro". Con le politiche del governo Draghi "noi abbiamo detto al Sud: vi diamo gli strumenti, vi diamo le opportunità per vivere grazie alla produzione, alla creazione di ricchezza e benessere. Tutto questo è ricompreso nelle azioni del Piano Sud che noi abbiamo incluso nel Pnrr".

Per quanto riguarda la campagna elettorale in sé, Carfagna non crede che "il Paese se la meritasse in uno dei momenti più drammatici della storia recente. Sarebbe stato più saggio aspettare otto-dieci mesi per arrivare a scadenza naturale della legislatura". In questo modo, sostiene, "il governo avrebbe avuto più tempo per proteggere il Paese, per metterlo in sicurezza, per approvare la legge di bilancio, per stanziare ulteriori risorse per proteggere le famiglie e le imprese, e anche per rispettare molte delle scadenze concordate con Bruxelles per l'erogazione dei fondi del Pnrr".

Subito dopo la crisi di governo, Carfagna ha lasciato Forza Italia, il partito in cui ha militato per quasi vent'anni, ed è passata ad Azione. "Non me ne sono pentita", spiega, "perché più ascolto Giorgia Meloni e Matteo Salvini e più mi rendo conto che lì dentro non c'è spazio per una proposta liberale", e perché, nonostante l'amarezza, "io credo che oggi non esista più un centrodestra in Italia, ma soltanto una destra, tra le peggiori destre europee. L'anima liberale ha scelto di sottomettersi a quella destra, assecondando la decisione di far cadere uno dei governi più autorevoli, più rispettati e più efficienti degli ultimi tempi, soltanto per interessi personali". Tutto questo è avvenuto "soltanto per consentire a Salvini di fare le liste elettorali, perché magari non sarebbe arrivato a maggio in condizioni tali da essere ancora il leader di quel partito, e soltanto per consentirgli di agganciare la Meloni nei sondaggi".

L'addio a Forza Italia è stato criticato da esponenti del partito, ma Carfagna confessa che "molti di Forza Italia, molti amici e colleghi che ancora oggi sono in Forza Italia mi chiamano per dire che lì si sentono a disagio, e mi dicono "Brava, hai avuto coraggio". Io credo e spero che presto il coraggio ce l'avranno anche loro". Invece sulla comunicazione della decisione a Silvio Berlusconi, presidente del partito, ci sono state difficoltà: "Sono riuscita a parlargli soltanto quando la mia decisione ormai era matura, perché molti di noi negli ultimi tempi hanno avuto difficoltà a parlargli. Anche nei giorni più drammatici della crisi di governo, credo che Forza Italia sia stato l'unico partito a non aver ascoltato i suoi ministri, a non averli interpellati. E quando noi cercavamo di parlare con Berlusconi non ci siamo riusciti".

Per le elezioni, poi, Azione prima ha formato una coalizione con il Partito democratico, ma poco dopo ne è uscito e si è unito a Italia Viva, partito di Matteo Renzi. Le due forze di centro, secondo Carfagna, hanno "il dovere di costruire un polo liberale moderato, riformista ed europeista", perché moltissimi moderati "non si riconoscono più in Forza Italia, non si riconoscono più nelle vecchie famiglie politiche, nei vecchi schemi, nei vecchi partiti, e chiedono la costruzione di una casa fondata sulla serietà, sulla responsabilità e sulla concretezza".

La destra che Carfagna definisce "tra le peggiori" in Europa, però, è guidata nei consensi da Giorgia Meloni, che potrebbe quindi diventare la prima presidente del Consiglio donna. Questo pone un tema: è un cambiamento positivo per le donne? Secondo Carfagna, sarebbe sicuramente "un passo in avanti per chi crede nella parità, nell'emancipazione femminile. Significherebbe sfondare un tetto di cristallo senza dubbio, questa immagine che noi sempre utilizziamo quando una donna riesce a raggiungere posizioni di vertice". E tuttavia, aggiunge, "mi auguro che i cocci del tetto non cadano sulle donne".

In fondo, spiega Carfagna, "il partito di Giorgia Meloni è quello che in Europa ha votato contro la Convenzione di Istanbul, quella convenzione contro la violenza sulle donne che fornisce un quadro giuridicamente vincolante per tutti gli Stati membri per contrastare la violenza sulle donne. E ricordo anche la contrarietà di Giorgia Meloni alle quote rosa".

La questione delle quote rosa è più articolata: "Anche io per principio sono contraria alle quote rosa, io penso che tutte le donne siano contrarie all'idea di potersi affermare soltanto in virtù di una quota che le protegge e le blinda". Però, continua Carfagna, "in Italia, in alcuni casi, la situazione era talmente tanto emergenziale che bisogna per forza digerire le quote rosa e introdurre dei meccanismi che potessero incrementare la presenza femminile, per esempio, nei Cda delle società quotate, dove grazie alle quote rosa è passata dal 7% a oltre il 40%. Quindi diciamo che queste posizioni di Giorgia Meloni mi preoccupano".

Carfagna ha anche un passato da consigliera comunale a Napoli, all'opposizione durante il mandato Luigi De Magistris. Lo ricorda come "la peggiore stagione di Napoli, all'insegna del populismo, delle finte rivoluzioni, dei conti pubblici letteralmente scassati. Io ricordo le notti passate in Consiglio comunale a discutere sui conti del Comune di Napoli". Oggi il sindaco è Gaetano Manfredi, a cui Carfagna riconosce "un cambio di passo e una serietà di cui Napoli aveva assolutamente bisogno. Con lui, peraltro, abbiamo lavorato molto bene su alcuni dossier che io ho aperto a Napoli come ministro per il Sud. Ricordo non soltanto l'Albergo dei poveri e la riqualificazione di questo bellissimo complesso monumentale che si attendeva da decenni, e poi ricordo anche il dossier su Bagnoli".

Proprio l'ex area industriale di Bagnoli, chiusa da 30 anni e in attesa di bonifica e riqualificazione, "è una delle ferite del Sud che come ministro per il Sud ho voluto avviare a soluzione", dice Carfagna. "Io ricordo la prima cabina di regia su Bagnoli che ho presieduto. Sono rimasta sconcertata dall'immobilismo, dalla paralisi, dai conflitti istituzionali e ho detto a me stessa, o cedo la delega su Bagnoli e non me ne occupo, oppure ribalto il tavolo e si fa come dico io", racconta Carfagna. Ha scelto la seconda opzione e ha proposto "una norma che ha cambiato radicalmente la governance di Bagnoli. Abbiamo affidato al sindaco il ruolo di commissario e oggi iniziamo a cogliere i primi risultati".

Tra questi risultati, spiega, c'è il fatto che "abbiamo formalizzato un accordo per azzerare tutti i contenziosi che gravavano sui siti e così abbiamo liberato il sito di Bagnoli dai contenziosi che impedivano l'avvio della bonifica" e in più si è deciso "quale sarà il nuovo sito dove ricostruire Città della scienza. Questa è una decisione anche molto simbolica, che trasforma Bagnoli da causa persa della città in un'occasione di rilancio e di sviluppo".

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