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Caporalato, Caramiello a Fanpage: “Governo Meloni non fa nulla per contrastare sfruttamento nei campi”

“Vantarsi per aver intensificato i controlli dopo quanto è successo a Latina, con la tragica morte di Satnam Singh, è utile a guadagnarsi qualche titolo sui giornali, ma non cambia la sostanza. E la sostanza è l’inerzia del governo davanti a 230mila lavoratori sfruttati”: lo dice Alessandro Caramiello, capogruppo M5s in commissione Agricoltura alla Camera in un’intervista con Fanpage.it all’indomani del tavolo sul caporalato.
A cura di Annalisa Girardi
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Fonte: Facebook
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Sul fronte del contrasto al caporalato dal governo di Giorgia Meloni sono arrivati tanti slogan e promesse, ma nulla è stato fatto: è questo, in estrema sintesi, il pensiero di Alessandro Caramiello, capogruppo del Movimento Cinque Stelle in commissione Agricoltura alla Camera, illustrato in un'intervista con Fanpage.it in seguito al tavolo istituito trai ministeri del Lavoro, dell'Agricoltura, le imprese agricole e le parti sociali sul fenomeno.

Come Movimento Cinque Stelle avete denunciato l’inazione del governo su questo fronte: può spiegarci il perché?

Questo è il “governo dei pagherò”. Convoca tavoli dove promette, ma poi non fa. Anche martedì è successa la stessa cosa. Non nascondiamoci dietro a un dito: il problema del caporalato non nasce oggi, ma per il governo è come se fosse così. Fino alla tragica morte di Satnam Singh, da quando è in carica la ministra Calderone aveva convocato una sola volta il Tavolo caporalato, istituito nel 2019 quando al dicastero di via Veneto sedeva Nunzia Catalfo. Vantarsi per aver intensificato i controlli dopo quanto è successo a Latina è utile a guadagnarsi qualche titolo sui giornali, ma non cambia la sostanza. E la sostanza è l’inerzia del governo davanti a 230mila lavoratori sfruttati.

La ministra Calderone, al termine dell’incontro, ha detto che sta ragionando sulla possibilità di estendere l’Assegno di inclusione alle vittime di caporalato: cosa ne pensa?

In linea di principio non si può non essere d’accordo, ma attenzione: sul punto, cos’ha detto di preciso la ministra al termine dell’incontro con le parti sociali? Cito testualmente: “Stiamo facendo le verifiche di compatibilità”. Significa che non c’è niente di concreto, solo parole scritte sull’acqua. Intanto però si dà all’opinione pubblica l’impressione di fare. Ma non è con le chiacchiere che si risolvono i problemi. In questo come in molti altri campi.

Un’altra proposta, suggerita da Coldiretti, è quella di un permesso di soggiorno temporaneo per chi denuncia il caporale: pensate che possa essere una soluzione?

Può esserlo, ma anche in questo caso bisogna fare delle precisazioni. Il governo Meloni, ossessionato dall’immigrazione, considera il caporalato un tema circoscritto esclusivamente agli extracomunitari. Non è così. L’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil ha rilevato che il 30% degli sfruttati, ossia 69mila individui, non sono migranti provenienti da Paesi extra-Ue ma cittadini italiani o della Ue. Come dimenticare il caso di Paola Clemente, l’operaia agricola uccisa il 13 luglio 2015 dalla fatica e dal caldo nelle campagne di Andria? Tutto ciò premesso, mi sembra che anche sulla possibilità di concedere permessi di soggiorno temporanei per chi denuncia i caporali siamo fermi agli annunci. Di recente, alla Camera, abbiamo presentato una mozione con cui – fra le altre cose – chiediamo al governo di adottare misure premiali a livello nazionale per le aziende che si iscrivono alla rete del lavoro agricolo di qualità, prevedendo, altresì, strumenti che penalizzino quelle colpevoli di reati di sfruttamento del lavoro e caporalato, non solo con la restituzione dei premi ricevuti ma anche con una interdizione dalla percezione degli stessi per diverse annualità. Il punto è sempre lo stesso: più che intervenire a valle, bisogna agire innanzitutto sulla prevenzione.

Coldiretti ha anche criticato il meccanismo del decreto Flussi, affermando che lasci ampi margini perché si creino situazioni di sfruttamento. È così?

È indubbio, ma di chi è la colpa? Come si dice in questi casi: citofonare Palazzo Chigi. Secondo un dossier della rete Ero straniero, nel 2023 solo il 23,5% di chi ha “vinto la lotteria” del click day è riuscito a convertire la propria domanda in un contratto e un regolare permesso per poter lavorare. Proprio a Fanpage, l’avvocato Francesco Mason dell’Asgi ha spiegato bene le falle di questo sistema. Quando egli dice che “i ‘click day’ fanno sì che i datori di lavoro debbano fare le assunzioni quando lo vuole il governo e non quando lo vogliono loro” rende bene l’idea del fatto che si tratta di un disastro su tutta la linea. Meloni, Calderone, Lollobrigida etc. però dormono sonni profondi.

Del tema caporalato si torna a parlare ciclicamente, soprattutto quando emergono casi tragici come quello di Satnam Singh quest’estate: secondo voi quale sarebbe la chiave per affrontare il problema alla radice?

Bisogna abolire la Bossi-Fini e varare i decreti attuativi della legge anticaporalato del 2016. Ricordo poi che ci sono 200 milioni di euro stanziati dal Pnrr per superare gli insediamenti abusivi dei braccianti agricoli. Risorse preziose che non sappiamo che fine abbiano fatto. Il governo ha nominato il commissario straordinario, l’ex prefetto di Latina Maurizio Falco, 60 giorni dopo quanto previsto dal decreto 19/2024; malgrado ciò, non è cambiato nulla. Noi, altresì, abbiamo proposto di estendere il Durc di congruità dell’edilizia al settore agricolo. Circa un mese fa l’Aula della Camera ha approvato, con parere favorevole del governo, un nostro ordine del giorno al DL Agricoltura per impegnare il governo stesso in questa direzione. Che stanno aspettando?

Oltre a quello dello sfruttamento, c’è anche il tema della sicurezza sul lavoro: da questo punto di vista il governo ha promesso più controlli e ispezioni. Come stanno andando le cose a suo avviso?

Sono questioni strettamente interconnesse. Ha detto bene lei: il governo ha fatto, anche qui, delle promesse. Ma sulla sicurezza sul lavoro, finora, abbiamo visto solo norme contrarie al buonsenso, che contribuiscono ad alimentare il senso di impunità. Alle nostre proposte, vale a dire l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e l’istituzione di una Procura nazionale del lavoro, Meloni&Co. hanno opposto una patente a crediti basata su una autocertificazione che, per come è stata fatta, non serve a nulla; di avvisare preventivamente le imprese da ispezionare e di risolvere con una diffida da regolarizzare entro venti giorni le violazioni commesse sanzionate fino a 5mila euro, il cosiddetto “errore scusabile”. Il tutto di fronte a 1.041 morti sul lavoro nel 2023 e 469 nel primo semestre del 2024, +4,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. L’Ispettorato nazionale sul lavoro (Inl) ha rilevato che nel 2023 le violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro sono aumentate del 44%. Esiste, quindi, un problema culturale a cui va posto rimedio. Questo governo però non è in grado di farlo.

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