Mentre continuano febbrili le trattative ed i conteggi sul numero di consiglieri regionali disposti a dimettersi e a costringere nei fatti Renata Polverini a lasciare la Regione, l'unica vera novità di giornata è costituita dalla decisione dell'unione di Centro di convocare un ufficio politico per prendere una decisione. Infatti, sembra siano già 29 i consiglieri che hanno aderito all'iniziativa dell'opposizione e hanno lasciato intendere la volontà di dimettersi. Si tratta nello specifico dei 14 consiglieri del PD, dei 5 dell'Italia dei Valori, dei 2 della Federazione della Sinistra, dei 2 Radicali, dei 2 di Sinistra Ecologia e Libertà, di Angelo Bonelli dei Verdi, di Luciano Romanzi del PSI, di Giuseppe Celli della civica Bonino e Pascucci dell'Mpa.
Decisivi, anche se tecnicamente mancherebbe ancora un altro nome, potrebbero essere i 6 consiglieri dell'Unione di Centro, che solo poche ore fa sembravano saldamente legati alla maggioranza che sostiene la Polverini. Tanto che il capogruppo Carducci aveva sottoscritto una nota congiunta che recitava testualmente: "La maggioranza è orgogliosamente al fianco di una presidente di Regione onesta e determinata, incitandola a proseguire nell'incisiva azione di governo fin qui svolta".
Che sia cambiato qualcosa dopo il vertice tra Mario Monti e Renata Polverini? Probabile, anche se le ragioni della cautela dei centristi sono altre e ben più profonde. In effetti, la stessa Polverini si attendeva da Monti ben più che un invito ad "assumersi la responsabilità" di un problema di natura politica. Ed in molti avevano visto l'incontro con il professore come un tentativo di mandare un chiaro messaggio a Pierferdinando Casini, che le voci di qualche settimana fa volevano vicinissimo all'ex segretario generale dell'UGL. Una convergenza che non c'è stata allora e che non ci sarà a breve, a meno di strappi clamorosi. Già, perché la situazione dei centristi appare estremamente complessa.
L'UDC ha infatti 6 consiglieri e 2 assessori nella Giunta Polverini: urbanistica e politica sociale, due ruoli chiave e che rivestono particolare importanza in una Regione come il Lazio. E sui quali gravano pressioni di diversa natura, con possibili ricadute significative sugli equilibri "politico – amministrativi" (e non solo) di un partito cha ha faticato non poco per radicarsi sul territorio. Allo stesso tempo però Casini sa che restare sul treno della Polverini è operazione assai rischiosa: meglio scendere in tempo prima che ulteriori risvolti giudiziari (attesi a breve) travolgano del tutto la Regione.
Del resto, il Lazio è solo il primo passaggio sulla strada che porta alle politiche del 2013 e Casini potrebbe anche pensare di legare tale scelta alle "intenzioni future" del Partito Democratico. Certo, solo una suggestione, ma che il tempo della politica dei due forni sia destinato a finire appare abbastanza chiaro. Anche perché sull'intera questione pesa il giudizio tranchant del cardinal Bagnasco e della CEI, che a questo punto si aspettano quantomeno una presa di distanza da parte di Casini. Un mosaico complesso cui aggiungere un'ulteriore tessera: sempre ammesso che l'ufficio politico dei centristi scelga la linea dura nei confronti della Polverini, siamo davvero sicuri che i 6 consiglieri "obbediranno" e accetteranno di dimettersi?