Cannabis, salario minimo, aiuti: quali provvedimenti saltano con la crisi di governo e quali no
Mario Draghi ha aperto il primo Consiglio dei ministri dopo le dimissioni dicendo alla squadra di governo che ci sarà tempo per i saluti, ma che ora bisogna rimettersi al lavoro. Infatti le elezioni sono fissate al 25 settembre e nel frattempo l'esecutivo rimane in carica per gli affari correnti. E c'è ancora molto di cui occuparsi, tra la crisi energetica, la siccità, la guerra in Ucraina e la pandemia. Con una circolare Draghi ha definito il perimetro entro cui si muoverà il suo governo negli ultimi giorni di legislatura, citando appunto "le emergenze nazionali", la "crisi internazionale", la "situazione epidemiologica da Covid 19", ma anche "l'attuazione legislativa e amministrativa del Pnrr".
Insomma, anche se dimissionario, il governo continuerà a lavorare per chiudere i provvedimenti necessari. Prima di tutto, come ribadito dalla circolare di Palazzo Chigi, le riforme del Pnrr: entro dicembre, ad esempio, bisogna chiudere quella della giustizia. Ma c'è anche il ddl Concorrenza, approvato in Senato e ora in esame alla Camera, di cui bisogna adottare i decreti attuativi entro la fine dell'anno. La settimana scorsa inoltre, mentre scoppiava la crisi di governo per il rifiuto del Movimento Cinque Stelle di votare il decreto Aiuti in Senato, il governo aveva anche annunciato un nuovo decreto di sostegno a famiglie e imprese entro la fine di luglio. Proprio ieri, dopo lo scioglimento delle Camere, il governo ha annunciato di essere al lavoro sul decreto Aiuti bis, un intervento per contenere il prezzo dell'energia e tagliare così le bollette in un momento di oggettiva difficoltà economica per il Paese.
Si arenano invece provvedimenti che avevano iniziato il proprio iter in Parlamento, ma che non riusciranno sicuramente a vedere l'approvazione con questa maggioranza, così divisa. Parliamo in primis delle proposte di legge su ius scholae e cannabis, che erano già slittate diverse volte e che già in commissione si erano trovate di fronte a un pesante ostruzionismo da parte del centrodestra. Impossibile discuterle e votarle in questa fase.
Nell'agenda di governo c'erano anche molte altre questioni aperte, che ora difficilmente potranno essere chiuse con il ritorno alle urne previsto per il 25 settembre. I sindacati, ad esempio, avevano chiesto di riaprire urgentemente il tavolo sulle pensioni: quota 102 è infatti in scadenza a fine anno e se non si trova un'alternativa si tornerà alla legge Fornero. Essendo le pensioni un altro tema complesso e divisivo, però, è praticamente impossibile trovare una quadra nei prossimi due mesi. C'è poi il tema del fisco. La riforma fiscale era un altro dei grandi obiettivi del governo Draghi, razionalizzare i prelievi e al tempo stesso ridurre il carico fiscale preservando la progressività. La legge delega ha ricevuto il via libera dalla Camera, ma è ora destinata ad arenarsi in commissione al Senato.
Infine, ovviamente, la legge di Bilancio. Il governo ha tempo fino al 27 settembre (il 25 però, lo ricordiamo, si vota) per presentare la nota di aggiornamento al Def, per poi inviare entro il 15 ottobre il documento programmatico alla commissione Ue. C'è poi tempo fino al 30 ottobre per approvarlo in via definitiva, altrimenti scatta l'esercizio provvisorio, con tutti i vincoli del caso.