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Cannabis light, governo inserisce il Cbd tra le sostanze stupefacenti: cosa succede adesso

Il ministro della Salute Schillaci accelera e con un decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale inserisce il cannabidiolo, CBD, uno dei principi attivi della cannabis, tra i farmaci stupefacenti, sebbene si tratti di un principio attivo non incluso nelle Convenzioni Onu sulle sostanze narcotiche e psicotrope. Il colpo di mano arriva prima del pronunciamento del Tar del Lazio, atteso per il 16 settembre 2024.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il cannabidiolo per uso orale entra ufficialmente nell'elenco delle sostanze stupefacenti. Nei giorni scorsi è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del ministro della Salute di ‘Aggiornamento delle tabelle contenenti l'indicazione delle sostanze stupefacenti e psicotrope'. Lo ha comunicato lo stesso dicastero, precisando che la pubblicazione è ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 309/1990 e s.m.i. (successive modifiche e integrazioni) che prevede appunto l'inserimento, nella Tabella dei medicinali – sezione B, delle composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di cannabis. Il decreto in questione entrerà in vigore il prossimo 27 luglio. Da subito associazioni e imprenditori del settore della canapa sono entrati in allarme.

La guerra del governo Meloni contro il Cbd

Il ministro della Salute Orazio Schillaci di fatto ha deciso di accorciare i tempi, forzando la mano, agendo senza aspettare la decisione finale del Tar del Lazio sul ricorso presentato un anno fa dall'Ici (Imprenditori Canapa Italia). Il braccio di ferro era iniziato l'anno scorso.

Nell'agosto 2023 il governo Meloni aveva pubblicato per la prima volta il provvedimento che limitava l'uso del cannabidiolo (CBD) – uno dei principi attivi della cannabis non stupefacente, e per questo non incluso nelle Convenzioni Onu sulle sostanze narcotiche e psicotrope – includendolo appunto nelle tabelle delle sostanze stupefacenti. In pratica da quel momento in poi sarebbe stato possibile venderlo solo come farmaco, con ricetta medica. Tradotto: il decreto del governo equiparava a tutti gli effetti i prodotti al cannabidiolo a uso orale alle sostanze stupefacenti. Contro questa stretta era arrivato il ricorso al Tar del Lazio, che aveva sospeso l'efficacia del decreto dall'autunno scorso.

Il 5 ottobre 2023 il Tribunale amministrativo aveva accolto l'istanza di sospensiva, decisione poi confermata a fine ottobre con un'ordinanza, che di fatto ha decretato la possibilità di vendere i prodotti orali contenenti cannabis light, non solo in farmacia a chi ha una prescrizione medica, ma anche nei canapa shop. A gennaio 2024 poi sempre il Tar del Lazio aveva rinviato il verdetto definitivo al 16 settembre 2024, concedendo la vendita libera per il cannabidiolo per altri otto mesi. Ora Schillaci a sorpresa ha deciso di accelerare.

Le proteste

"A parte la totale mancanza di considerazione per le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e l'abbondante letteratura scientifica che da decenni prevedono il CBD come terapia prescrivibile per molte condizioni, il ministro Schillaci sembrerebbe essersi assunto la responsabilità di forzare la mano, bloccatagli per almeno un paio di volte dal TAR del Lazio, che aveva fissato per il 16 settembre 2024 la decisione finale del ricorso presentato un anno fa da alcune organizzazioni che producono cannabis. Se così fosse sarebbe solo un terzo motivo per cui questa decisione va messa in mora", ha commentato Marco Perduca, dell'associazione Luca Coscioni.

"La giustificazione del ministro sarebbe l'aver ricevuto nel mese di maggio una nuova istruttoria da parte dell'Istituto superiore di sanità e dal Consiglio superiore di sanità di cui naturalmente non si rintraccia neanche l'indice degli studi consultato. Considerare stupefacente una molecola al centro di raccomandazioni internazionali perché efficace nel trattamento di diverse condizioni, dall'epilessia minorile a spasmi muscolari andrà ad aggiungere ulteriori ostacoli burocratici allo stigma che purtroppo ancora accompagna l'uso medico della cannabis e la sua cronica mancanza sul mercato italiano colpendo decine di piccole e medie imprese cresciute negli anni. Il decreto entrerà in vigore il 27 luglio, occorrerà approfondire se è andata veramente così perché si tratterebbe di un precedente molto grave".

Da anni nelle farmacie italiane si vendono diversi tipi di preparati galenici a base di CBD e, grazie a una legge del 2016, il prodotto con concentrazioni inferiori veniva venduto anche nei cosiddetti canapa shop, nelle erboristerie e nei tabaccai. Un settore produttivo e commerciale che aveva tenuto anche durante la pandemia. Ora invece i prodotti a base di CBD si potranno continuate ad acquistare solo in farmacia e solo su prescrizione medica e per determinate patologie.

"Alla luce dei recenti sviluppi – un significativo passo indietro per l'industria della canapa in Italia​ – chiederemo immediatamente e formalmente i pareri dell'Istituto superiore di sanità (Iss) e del Consiglio superiore di sanità (Css). Se questi pareri sono favorevoli all'inserimento del cannabidiolo (Cbd) nella tabella B dei medicinali, contrasteremo tali decisioni, poiché vanno in direzione contraria a tutta la letteratura scientifica disponibile e contro le disposizioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e della comunità europea sulla sicurezza del cannabidiolo. Le evidenze scientifiche internazionali, comprese quelle dell'Oms, dimostrano chiaramente che il Cbd è una sostanza sicura senza rischio di abuso e dipendenza", si legge in una nota dell'Ici, associazione Imprenditori canapa Italia.

"Solleviamo inoltre seri dubbi – hanno sottolineato gli imprenditori – sul fatto che questa serie di manovre legislative possa essere volta a favorire indebitamente le case farmaceutiche, consegnando loro un mercato dal grande potenziale economico. Questa preoccupazione nasce dall'apparente intenzione del Governo di restringere l'accesso al Cbd attraverso la medicalizzazione forzata, un'azione che sembra avvantaggiare esclusivamente le grandi aziende farmaceutiche a discapito dei piccoli produttori e degli operatori del settore della canapa".

"Annunciamo che ricorreremo nuovamente, se necessario per proteggere gli interessi del settore e garantire che le normative siano basate su solide evidenze scientifiche. Continueremo a monitorare da vicino l'evoluzione di questa situazione e a promuovere una regolamentazione che sostenga la crescita sostenibile dell'industria della canapa in Italia, tutelando al contempo la salute pubblica con misure proporzionate e razionali".

Il sondaggio

All'indomani della prima sospensiva del TAR a settembre scorso, l'Associazione Luca Coscioni aveva co-promosso un sondaggio di Swg che aveva coinvolto 1601 persone che utilizzano oli, estratti o farmaci a base di Cbd. Secondo 9 intervistati su 10 la difficoltà di reperimento dei prodotti legata a nuove regole comporterà un peggioramento della qualità della vita e delle condizioni di salute. Ciò potrebbe portare a cercare nuovi canali di approvvigionamento, rivolgendosi maggiormente al web o a canali non ufficiali, con la certezza di un significativo aumento dei costi.

Le opposizioni contro il decreto di Schillaci sul Cbd

"In questi giorni il ministro Schillaci ha pubblicato un decreto che include il cannabidiolo, CBD, uno dei principi attivi della cannabis, tra i farmaci sotto stretto controllo perché stupefacenti. Il cannabidiolo è un principio attivo non incluso nelle Convenzioni Onu sulle sostanze narcotiche e psicotrope. A parte l'approccio antiscientifico a cui ormai ci sta abituando questo governo e il disinteresse per le esperienze virtuose di altri paesi nel mondo la cosa che fa rabbrividire è il totale menefreghismo per i tantissimi pazienti che usano il CBD come terapia per molti disturbi e malattie. La giustificazione del ministro, per il decreto in questione, sarebbe l'aver ricevuto una nuova istruttoria da parte dell'Istituto superiore di sanità e dal Consiglio superiore di sanità che aggiornerebbe le informazioni ritenute necessarie per la decisione. Ovviamente di tali informazioni non troviamo traccia", ha attaccato Marco Furfaro capogruppo Pd in commissione affari sociali e membro della segreteria nazionale.

"L'obiettivo vero di questo governo è chiaro e semplice: disintegrare il settore della cannabis light. Un settore articolato e in crescita formato da migliaia di realtà imprenditoriali e che impiega migliaia di persone. È davvero vergognoso e inaccettabile, daremo battaglia in parlamento per impedire a Giorgia Meloni, al ministro Schillaci e al loro codazzo di novax di riportarci indietro nel tempo".

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