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Campagna elettorale a passo di Rango, tra litigi e veleni

Per Berlusconi Monti “sale” in politica perché proveniente da rango inferiore al suo, che invece ci è “sceso”. La dialettica politica delle prossime elezioni rischia di essere questa: ce lo meritiamo? E Monti può essere utile al fine di bonificarla?
A cura di Andrea Parrella
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Il metro di valutazione questo è. Ammesso che dei presupposti per una sfida tra Berlusconi e Monti esistano, il premier si sta giocando la carta del silenzio, dell'attacco a senso unico. Il remake del "il principale esponente dello schieramento a me opposto" che Veltroni escogitò nella sua semi fallimentare campagna elettorale del 2008 per evitare di rendere Berlusconi il protagonista della sua campagna al posto suo. Però quello di Monti è più efficace, sintetizzato in un vero e proprio vuoto reattivo. che resta la tattica migliore per scatenare reazioni inconsuete in chi prova ad attaccarti. Sino a che Monti non mollerà, l'avrà vinta, e non solo nell'ambito della "battaglia" con B. ma soprattutto per un gesto che in sostanza finiremo per apprezzare, cioè la resistenza strenua allo svilimento della conversazione politica.

Abituati come siamo ai litigi, ci affacciamo infatti su una campagna elettorale ancora contaminata da soggetti che faranno dell'attacco personale all'avversario una ragione politica, se non altro perché la formazione stessa è stata figlia di questo mood. Attacchi e refrain già sentiti che saranno a maggior ragione avvalorati dalla candidatura di quella consistente fetta di magistratura che sta venendo allo scoperto negli ultimi tempi. Non è un dissenso indirizzato ai singoli soggetti, siano essi Ingroia o l'ultimo Grasso, quanto più che altro al fatto che la loro presenza in campo darà legittimità di sfogo a chi pronuncerà la solenne sentenza "noi l'avevamo detto".

Da tutto questo sturm und drang, emerge una sintesi perfetta di ciò che saranno i prossimi due mesi, quella frase pronunciata ieri da Berlusconi, inventore di suggestioni, che propone un'esegesi al vetriolo dello slogan di Monti, il "salire in politica" annunciato su Twitter due giorni fa. Lui sale in politica perché era ad un rango più basso, io sono disceso da un rango più alto. Ora, davanti ad una prospettiva di composizione del prossimo parlamento che fa dell'incertezza la sua forma di chiarezza massima (non si sa chi comanderà e come, e l'obiettivo è proprio questo), l'augurio più grosso che possiamo farci in qualità di popolo di finti analisti politici, è che il livello dello scontro non resti legato allo spirito della conta per chi deve andare in porta. Se Monti può essere utile ad alleviare questo dolore, è in parte il ben accetto.

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