Camera approva decreto Ministeri, il testo passa al Senato: cosa cambia
Via libera alla Camera al decreto Ministeri, con 164 voti a favore, 131 contrari e due astenuti. Il provvedimento, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei ministeri, passa ora all'esame del Senato. Il testo deve essere convertito in legge, pena la decadenza, entro il prossimo 10 gennaio.
Il decreto è composto da 15 articoli, e dà il via un complessivo riordino delle funzioni e delle competenze attribuite ad alcuni ministeri. Il ministero dello Sviluppo economico assume la nuova denominazione di ministero delle Imprese e del made in Italy, dicastero guidato da Adolfo Urso; il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali assume la nuova denominazione di ministero dell'Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, con a capo Francesco Lollobrigida; il ministero della Transizione ecologica assume la nuova denominazione di ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica, guidato da Pichetto Fratin; il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili assume la nuova denominazione di ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, per il quale è stato scelto il ministro Matteo Salvini; il ministero dell'Istruzione assume la nuova denominazione di ministero dell'Istruzione e del Merito, al cui vertice siede Giuseppe Valditara.
Ieri il Terzo polo aveva votato insieme alla maggioranza sulla conservazione del termine "merito" nella rinnovata denominazione del dicastero di viale Trastevere, respingendo dunque gli emendamenti presentati da Partito democratico, Movimento cinque stelle e Alleanza Verdi e Sinistra, tesi a cancellare appunto la parola "merito", concetto ritenuto discriminatorio nei confronti dei ragazzi che partono da condizioni svantaggiate, rispetto a chi ha più possibilità dalla nascita.
"Non c'è più la Transizione ecologica. In compenso è entrato il ‘merito', ma senza uguali opportunità. Non cambiano solo il nome ai Ministeri. Cambiano le priorità. Certi temi escono dall'urgenza. Il Paese rischia di tornare indietro", ha commentato su Twitter Debora Serracchiani, capogruppo del Partito democratico alla Camera dei deputati.
"Noi abbiamo votato contro il decreto sul riordino dei ministeri – ha commentato la deputata Pd Paola De Micheli – non solo perché è un caos amministrativo unico con competenze che non si capisce bene chi le abbia, ma anche perché è la conseguenza del comizio ideologico che la Meloni fece qui alla Camera, quando si presentò per la prima fiducia. Anche i nomi dei ministeri tratteggiano la visione del partito conservatore, di un partito che fa tornare indietro il Paese, non riconoscendo in un momento così difficile per le persone il principale valore dell'uguaglianza, che deve essere sostanziale e non solo declamata. E invece anche i nomi dei ministeri denotano una separazione dentro alla società, una società fatta di persone di Serie A, di Serie B e di Serie C", ha detto l'ex ministra ora candidata alla segreteria del Pd.
"Da un governo che fa dell'interesse nazionale la sua parola d'ordine ci saremmo aspettati segnali chiari a favore di temi importanti come Sud, tutela del territorio e scuola, anche in un provvedimento come quello sul riordino delle attribuzioni dei ministeri. Così non è stato. E poiché questo decreto non rappresenta soltanto un atto organizzativo, ma indica anche la direzione presa dal governo, per noi è chiaro che la direzione presa è sbagliata". Lo ha detto Mara Carfagna, deputata e presidente di Azione, annunciando in Aula il voto contrario di Azione-Italia Viva sul decreto.
"Sottolineo due elementi di riflessione: il primo – ha spiegato – riguarda la macroscopica questione del Sud, sceso nella scala delle priorità nazionali. Intanto c'è stato subito un pasticcio istituzionale senza precedenti, con un ministro nominato per esercitare le funzioni di ministro per il Sud e le Politiche per il mare trasformarsi nell'arco di tre settimane nel ministro per la Protezione civile e per… le spiagge, visto che le competenze su porti, Zes, pesca, quota Sud del Pnrr sono state attribuite ad altri ministri. Poi in legge di bilancio non un euro è stato stanziato per finanziare i Livelli essenziali delle prestazioni, non un euro per continuare l'implementazione delle Zes, non un euro per prorogare il credito d'imposta Sud e il credito d'imposta per le Zes. Ce ne faremo carico noi presentando appositi emendamenti, ma resta un primo segnale preoccupante".