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Calderoli, ora basta: dimissioni. Senza se e senza ma

Calderoli ha toccato il fondo. Ora non è necessario che comincia a scavare. Faccia la sola cosa che serve al Paese: si dimetta. È una questione di decenza.
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Basta. Come si suol dire, Calderoli ha già dato abbastanza. Ha indissolubilmente legato il suo nome ad una serie di porcate clamorose (qui solo un assaggio di ciò che il Calderoli – politico è stato in grado di concepire). Ha occupato per giorni le pagine dei giornali con le sue provocazioni, dopo che come ministro era riuscito solo a ritagliarsi lo spazio del ridicolo (chi non ricorda quel surreale falò di moduli ed il suo sorriso soddisfatto mentre annunciava la "rivoluzione" della semplificazione normativa?). Ha avuto il suo quarto d'ora di celebrità, con una imitazione (quella di Fabio De Luigi) decisamente più adatta dell'originale a ricoprire un incarico istituzionale. Ha fatto il suo percorso parlamentare, fino ad essere considerato uno dei saggi, degli esperti (poi c'è da chiedersi il perché del fallimento della Seconda Repubblica). Ci ha regalato una delle peggiori leggi elettorali della storia delle democrazie occidentali. Dunque può ritenersi soddisfatto. Ci ricorderemo di lui, stia tranquillo.

Ora però, basta. Toccato il fondo non è necessario mettersi a scavare. E arriva un momento nel quale si può ragionare lucidamente e chiedersi quanto la politica e le istituzioni abbiano bisogno di Calderoli. Quanto cioè sia tollerabile che ai vertici di una istituzione sieda una persona incapace di trattenere i suoi istinti più biechi, meschini, ignobili. Quanto cioè sia sensato accettare che a rappresentare le istituzioni nel momento più delicato della nostra storia recente sieda una persona che non sa che cosa sia la decenza. La risposta è francamente semplice. E si sostanzia nell'unico modo possibile: Calderoli si dimetta. Subito, senza ridicole, ipocrite e pretenziose giustificazioni.

E, si badi bene, non c'entra nulla la libertà d'espressione. Calderoli è libero di pensare e dire ciò che ritiene opportuno. Solo che non può farlo da rappresentante delle istituzioni, come ha spiegato la stessa Kyenge. Semplicemente perché non ci rappresenta, non rappresenta gli italiani, i loro principi e la loro storia. Certo, non è il solo, siamo d'accordo. Ma questo non basta a tollerare la presenza ai vertici del Senato di chi non conosce la differenza fra un insulto razziale e una battuta (confine sottile, del resto, ma non è di una analisi sociologico – comportamentale che abbiamo bisogno). Di chi offende la Costituzione e ciò che essa rappresenta. Di chi offende la memoria storica del nostro Paese e secoli di progresso civile. Perché stavolta si è ampiamente superato il limite della decenza e Calderoli dovrebbe trarne le conseguenze: si dimetta, subito. Lo faccia per noi e un po' anche per se stesso.

Ps: ovviamente non manca il fronte dei garantisti a prescindere. Di quelli cioè che gridano "all'ipocrisia", al perbenismo e al qualunquismo di coloro che "vogliono Calderoli come vittima sacrificale". Lorsignori spiegano che Calderoli dice ciò che in tanti pensano e che in fin dei conti sono gli elettori a decidere da chi essere rappresentati. Dimenticando la distinzione che passa tra un insulto (a sfondo razziale e "fisico", evidentemente) e tra il voto degli italiani e la ratifica di decisioni prese dai segretari di partito. E non dite loro che questo è un altro regalo del formidabile Calderoli…

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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