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Autonomia differenziata delle Regioni

Calderoli dice che se non passa l’autonomia differenziata abbandona la politica

La Lega continua a spingere sul progetto dell’autonomia differenziata: “Se si arenasse, abbandonerei la politica. Sul serio, non come disse Renzi”, dice in un’intervista il ministro Calderoli.
A cura di Annalisa Cangemi
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Sulla riforma dell'autonomia differenziata la Lega non intende fare passi indietro. Al punto che il ministro per gli Affari regionali e e le autonomie Roberto Calderoli minaccia di ritirarsi e abbandonare la politica se dovesse fallire il progetto.

Dopo l'incontro della scorsa settimana della presidente del Consiglio Giorgia Meloni con le opposizioni, durante il quale il governo ha ascoltato le istanze delle forze di minoranza sulle tre ipotesi di riforma delle istituzioni, presidenzialismo, semipresidenzialismo ed elezione diretta del premier, il ministro leghista Calderoli fissa alcuni paletti. "Ora serve il governatore d'Italia" e se si dovesse fermare l'autonomia differenziata "abbandonerei la politica", spiega in un'intervista a "La Repubblica". Dall'incontro alla Camera tra governo è opposizioni è emerso un punto fermo: i partiti di minoranza in coro dicono no all'elezione diretta del Presidente della Repubblica. Maggiori aperture invece sono emerse sull'opzione premierato. E di questo orientamento Meloni dice che intende tenerne conto per elaborare una proposta di riforma, assicurando comunque di non voler toccare il ruolo di garanzia del Capo dello Stato. In ogni caso una eventuale riforma entrerebbe sicuramente in vigore dalla prossima legislatura.

"Le riforme costituzionali – osserva Calderoli – non rallenteranno l'autonomia differenziata: se si arenasse, abbandonerei la politica. Sul serio, non come disse Renzi", dice. Sul tavolo tra le proposte che la Lega sta studiando c'è il "governatorato", cioè un presidente del Consiglio eletto direttamente sul modello delle Regioni, prevedendo però contrappesi come la "fiducia costruttiva". 

Il ministro del Carroccio è contrario al modello del sindaco d'Italia, che invece piace a Matteo Renzi e a Carlo Calenda: "L'elezione diretta del presidente del Consiglio non è il sindaco d'Italia, che personalmente giudico una bestemmia. Piuttosto penso al modello ‘governatore' della Regione, ma calato nel contesto nazionale. Significa che il capo del governo è eletto direttamente dal popolo però collegato a una coalizione di governo che gli garantisca una maggioranza certa in entrambe le Camere". 

"Il principio del premier eletto – aggiunge – deve essere controbilanciato dal ruolo del Parlamento, pertanto occorrerebbe introdurre la ‘fiducia costruttiva', ovvero solo la maggioranza che ha espresso il premier, ha la possibilità di trovarne un altro, in casi particolari". 

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