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“C’è un legame tra l’esposizione all’uranio impoverito e il cancro contratto dai militari italiani”

Nella relazione intermedia della Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Giampiero Scanu si sostiene l’esistenza di una correlazione tra tumore ed esposizione a uranio impoverito: “Per decenni le Forze Armate italiane hanno esposto personale militare e civile a elevatissime concentrazioni di gas radon, un gas radioattivo noto per la sua cancerogenità, e all’amianto”.
A cura di Annalisa Cangemi
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La Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito, presieduta da Giampiero Scanu, ha presentato in una conferenza stampa gli aggiornamenti sullo stato dei lavori, confluiti nella proposta di legge, la n.3925, sulla "Sicurezza sul lavoro e la tutela assicurativa contro gli infortuni e le malattie professionali del personale delle Forze armate". Una legge che dovrebbe servire a superare la contraddizione strutturale di un sistema in cui il "controllato", cioè le Forze Armate, è contemporaneamente il "controllante", cioè colui che deve scongiurare eventuali anomalie. Non esiste, a esempio, un controllo sistematico della concentrazione di sostanze inquinanti che impattano sull'ambiente durante le esercitazioni militari. “La Commissione – ha detto Scanu – ha finito per svolgere un ruolo suppletivo nei confronti degli organi di vigilanza, inducendo i soggetti obbligati a elaborare per la prima volta o a rivedere, in più casi in modo integrale, i propri Documenti di Valutazione dei Rischi”.

Dopo 13 mesi di sopralluoghi e 197 audizioni, la Commissione di Scanu ha cercato di mettere in relazione il cancro con l'esposizione a uranio impoverito. "Per decenni – si legge nella relazione intermedia presentata oggi – le Forze Armate italiane hanno esposto personale militare e civile a elevatissime concentrazioni di gas radon, un gas radioattivo noto per la sua cancerogenità, e all'amianto". Si citano rischi connessi a fumi, polveri, nanopolveri, contenenti tra l’altro metalli pesanti, ma non solo. Inoltre la Commissione dichiara di aver acquisito documenti specifici che mettono il luce proprio il legame tra le sostanze impiegate nelle diverse attività militari e i rischi di esposizione ad agenti chimici e cancerogeni.

Viene poi evidenziata la carenza di dati certi sulle malattie correlate: secondo quanto comunicato dalla Difesa, nel comparto si sarebbero verificati 126 casi di mesotelioma; dai dati raccolti dalla Procura della Repubblica di Padova, i casi registrati di malattie legate all'amianto sarebbero invece oltre 1000, 570 mesoteliomi pleurici. Nella relazione si legge la risposta del direttore dell’Osservatorio Epidemiologico della Difesa, rispetto a tale incongruenza: “Noi perdiamo i dati del personale in congedo”. Finora la raccolta di dati è stata infatti condotta in modo sommario e discontinuo. E' una delle criticità che emergono dallo studio della Commissione, che punta il dito proprio contro l'assenza di uno studio epidemiologico sui lavoratori delle Forze Armate, che dagli anni Cinquanta sono stati esposti al gas radon: "L’analisi dei rischi si sviluppa anche attraverso la conoscenza e lo studio degli eventi avversi. Tra questi i tumori professionali, i quali, ancorché soggetti a periodi di latenza talora assai lunghi, forniscono, al pari degli infortuni sul lavoro, un importante feedback". 

Non solo l'uranio impoverito quindi tra i principali agenti cancerogeni sotto indagine, ma anche l'amianto, che viene ancora impiegato nei mezzi delle Forze Armate, all'interno di navi, elicotteri e aerei.

Una seconda proposta di legge riguarda invece il codice dell'ambiente sui poligoni di tiro, per potenziare il monitoraggio all'interno e all'estero del perimetro dell'area. Secondo la relazione sarebbero queste infatti le zone maggiormente a rischio, insieme alle caserme e agli stabilimenti militari, in cui sono presenti materiali pericolosi sui quali non viene fatta un'adeguata manutenzione. Nel poligono di Capo Teulada, dove si stima la presenza di oltre duemila tonnellate di materiali inquinanti, nel poligono di Salto Quirra, nel poligono di Monte Romano e in quello del Cellina Medunanon è stata fatta la bonifica dei residui dei munizionamenti. La Commissione parlamentare nella relazione sottolinea come proprio nei poligoni di tiro, in area ad uso commerciale e industriale, la soglia di queste sostanze è di dieci volte superiori rispetto a quella ammessa nei siti a uso residenziale, ma "Le sostanze inquinanti – spiega la Commissione nella relazione – entrano nella catena alimentare e quindi di fatto l'accettazione di soglie più elevate espone ad un rischio significativo chiunque utilizza i prodotti derivati".

Come anticipato dal Fatto Quotidiano, il prossimo 26 luglio dovrebbe iniziare a Montecitorio il presidio di mogli e figli dei militari ammalati, perché costretti a lavorare con armi con munizioni all'uranio impoverito. Molti di loro sono stati mandati in missione durante la guerra dei Balcani, negli anni Novanta. Secondo l'Osservatorio militare diretto da Domenico Leggiero, che ha organizzato il sit-in insieme all'Associazione solidarietà diritto e progresso, sono 7mila le vittime dell'uranio e 344 i militari deceduti negli ultimi 20 anni.

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