Il primo maggio è la festa del lavoro. Si celebrano i traguardi raggiunti da chi ha protestato e scioperato per ottenere diritti. Ma in che condizioni si trovano i lavoratori nel 2016? Alcune cose sono cambiate. Anzitutto, grazie soprattutto agli sgravi fiscali per le imprese sulle assunzioni, si è registrato un aumento degli occupati nel 2015 assieme a un aumento degli assunti a tempo indeterminato (cioè del posto fisso ora a tutele crescenti).
I dati Istat di marzo, ad esempio, vedono una crescita dello 0.4% degli occupati con 90mila persone in più, e un tasso di disoccupazione sceso dello 0.3%. Nel 2015, poi, si sono contate 184mila persone disoccupate che hanno trovato un lavoro, e 207mila contratti a tempo indeterminato in più rispetto al 2014 – numeri notevolmente inferiori rispetto al “milione” di assunzioni riportato da Matteo Renzi, ma comunque positivi.
Ma è migliorata la condizione dei lavoratori? Per quanto positivi possano essere questi dati, è necessario comprenderli. È quindi importante sottolineare che questi numeri fanno “tira e molla” da un mese all’altro: un po’ crescono e un po’ diminuiscono e il saldo rimane stabile. E un “avviamento lavorativo” non è un lavoro: può durare anche poche ore. Affermare, quindi, che l’occupazione è definitivamente aumentata non è del tutto vero.
D’altro canto c’è la questione dei costi: la recente analisi dei ricercatori Michele Raitano e Marta Fana spiega come queste assunzioni siano dovute principalmente agli sgravi fiscali per le imprese che stanno creando un mercato del lavoro “drogato”, carissimo per il contribuente, e capace di reggere per un periodo di tempo limitato. Si parla di 22 miliardi di euro in 3 anni, con un costo per singolo occupato tra i 25mila e i 50mila euro l’anno. E a sgravi finiti, nel 2018, cosa accadrà?
C’è poi la vera emergenza del lavoro in Italia: quella dei giovani. La quasi totalità delle nuove assunzioni, infatti, continua a riguardare gli over 50. Il tasso di disoccupazione per i giovani rimane costantemente fra i più alti in Europa, e questo dato fa il paio con una quota troppo grande di inattivi che non lavora, non studia e non cerca lavoro. Un fenomeno di cui non si vede la fine e che pesa soprattutto sulle donne e chi vive al sud.
Non basta. C’è il fenomeno voucher, la nuova modalità di pagamento che è la più precaria di tutte – peggio dei contratti a progetto e delle finte partite Iva. E sta crescendo. Se vogliamo dare un quadro generale dei lavoratori nel 2016, insomma, potremmo riassumere così: al dato positivo dei nuovi contratti indeterminati si affianca un’emergenza lavoro per i giovani ormai insostenibile. Mentre i lavoratori più anziani non riescono ad andare in pensione.
In più, esiste una realtà difficile dei controlli sul lavoro: dai voucher utilizzati per coprire il lavoro nero agli sgravi per le assunzioni utilizzati in maniera irregolare da troppe aziende – secondo il Ministero del Lavoro da un’azienda su cinque – alla crescita dei morti e degli infortuni sul lavoro, il mercato del lavoro italiano sembra vivere a scapito di un’illegalità sempre più diffusa, e di un sistema che non permette ai giovani di entrare.
I GIOVANI SENZA LAVORO. La disoccupazione giovanile resta ancora la vera emergenza del lavoro in Italia, vicina a un tasso che oscilla attorno al 40%. Negli ultimi dati Istat anche questo dato è in calo di 1.5 punti percentuali, al 36.7%, riferito ai giovani dai 15 ai 24 anni, mentre per i 25-34enni – cioè coloro che si affacciano al mondo del lavoro – il tasso di disoccupazione è cresciuto dello 0.4%.
In breve, anche qui come nei dati generali assistiamo a un “sali e scendi” dei numeri, che rimangono sostanzialmente stabili fra i peggiori in Europa. Sono dati che il programma Garanzia Giovani non è riuscito a cambiare in due anni dalla sua entrata in vigore. Il problema? I nuovi avviamenti riguardano soprattutto gli over 50, come spiega l’Istat: “Su base annua si conferma la tendenza all’aumento degli occupati, pari a 263 mila occupati in più, che coinvolge soprattutto gli over 50”.
GLI INATTIVI GIOVANI SONO TROPPI. L’emergenza giovani, però, non riguarda solamente la disoccupazione. Esiste una percentuale troppo alta di inattivi: giovani scoraggiati che non studiano e cercano lavoro. Le ragioni sono diverse, anzitutto la caratteristica “seniority driven” del mercato italiano, che favorisce gli over 50 nella ricerca di un’occupazione. E l’inattività è cresciuta soprattutto fra le donne, fra cui nel quarto trimestre del 2015 la stima degli inattivi è aumentata di 143mila unità, a fronte di 107mila inattivi in meno negli uomini.
Ma il numero degli inattivi è preoccupante soprattutto nei giovani, dove il fenomeno “Neet” (i giovani fino ai 29 anni che non studiano e non cercano un lavoro) rimane in fase di stallo. Nell’ultimo trimestre del 2015 l’Istat riporta che il tasso di inattivi giovani dai 18 ai 29 anni è del 30.1%, e in valori assoluti sono 1 milione e 200mila. 500mila non cercano un lavoro e non sono disponibili a lavorare. Insomma, un terzo dei giovani in Italia rientra fra gli inattivi, e al sud la media arriva a circa un giovane su due (perfino di più fra le donne al sud).
I SALARI ITALIANI SONO I PEGGIORI DI TUTTI. Questi dati su disoccupazione e inattivi giovani, fanno il paio coi pessimi dati delle retribuzioni per gli under 40 in Italia. Secondo una recente ricerca effettuata dal giornale britannico The Guardian, che confronta la perdita dei salari rispetto alle generazioni precedenti nei numeri di Italia, Francia Germania, Canada, Australia e USA… l’Italia rimane il “paese peggiore in cui vivere”per i giovani.
Più si è giovani e peggio va. I 20-24enni ad esempio hanno perso rispetto al 2010 circa il 39% del reddito. I 25-29enni il 16%, e i 30-34enni il 10%. Sono dati che vengono direttamente confrontati con quelli relativi alle generazioni più anziane dello stesso paese. I 35-39enni ad esempio dispongono di 1.288 dollari in più dei loro coetanei del 1986, mentre gli attuali 50-54enni italiani godono di ben 4.834 dollari in più rispetto a quell'anno. Significa che gli over 50 godono, rispetto ai trentenni, di una differenza di reddito di oltre il triplo della cifra (in confronto al 1986).
VOUCHER: LAVORARE PER UN BUONO PASTO. È la più recente forma precaria per pagare un lavoratore che è stata estesa dal governo Renzi. Inizialmente nata per permettere agli agricoltori di far lavorare i parenti nei campi senza dovere versare i contributi, è diventata ora la forma in assoluto più precaria di lavoro, e il suo uso sta crescendo nel turismo e nei lavori stagionali, così come nei supermercati e nei lavori precari. Si tratta di un buono di 10 euro l’ora, di cui 7.50 vanno al lavoratore e i restanti 2.50 all’Inps.
Il voucher rimane fuori dei contratti di lavoro nazionali: se lavori in un supermercato a voucher, per esempio, non vieni pagato coi minimi salariali imposti dal contratto del commercio. Nel 2015 il voucher ha interessato un milione e mezzo di lavoratori. Un terzo sono under 25, per un importo medio di 500 euro al mese. Ora l’Inail lancia l’allarme: molti starebbero usando il voucher per coprire il lavoro nero, soprattutto in caso di infortuni e morti sul lavoro.
TROPPA ILLEGALITÀ E I MORTI SUL LAVORO CRESCONO. E qui, anche, sta un importante spaccato della situazione dei lavoratori italiani nel 2016. Perché il 2015 è stato anno record per le morti sul lavoro, un dato che per la prima volta è stato certificato da tre istituti diversi: Osservatorio Indipendente di Bologna, Anmil, Osservatorio Vega. Mentre solo una settimana fa l’Inail denunciava che nel 2015 gli infortuni sono aumentati del 16% rispetto all’anno precedente: “Un dato preoccupante”, scrive l’istituto.
Ma un dato che da tempo si poteva prevedere, dato che gli incidenti si ripetono sempre identici e nelle stesse aziende, come all’Ilva di Taranto dove negli ultimi quattro anni ci sono stati quattro morti. Quella degli infortuni e dei morti sul lavoro, è solo la punta più estrema dell’iceberg illegalità in Italia. Sui voucher e sulla sicurezza, ma non solo: sui famosi sgravi alle imprese il Ministero del Lavoro ha reso noto che un’azienda su cinque li avrebbe richiesti in maniera irregolare.
Insomma, nel 2016 a fronte di un modesto aumento dell’occupazione e dei contratti stabili, esiste un dramma per i giovani che sembra senza soluzione. E una situazione di illegalità diffusa che rende poco sicuri anche i nuovi posti di chi ora ha trovato lavoro.