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Briatore ha ragione: con 1.200 euro al mese non si vive dignitosamente, si sopravvive

No, Flavio Briatore non ha affatto torto. Uno stipendio da poco più di mille euro mensili non può essere un traguardo, solo in Italia lo sembra perché è considerato quasi un miraggio. Ma siamo noi italiani ad avere standard eccessivamente livellati al ribasso. Un inglese o uno svizzero scoppierebbero a ridere sentendosi proporre uno stipendio del genere. A noi, invece, sembra andare benissimo così. Ed è un grosso problema.
A cura di Charlotte Matteini
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"Se mi dite che 1.200-1.500 euro sono un traguardo, io non so come uno possa vivere con 1.300 euro al mese, onestamente". A dichiararlo l'imprenditore Flavio Briatore, intervistato pochi giorni fa da Bianca Berlinguer nel corso della trasmissione televisiva Carta Bianca. Nel giro di poche ore la sua affermazione ha letteralmente fatto il giro del Web: migliaia di utenti indignati hanno duramente attaccato l'imprenditore piemontese, bollando le sue dichiarazioni come irrispettose. Insomma, esistono milioni di uomini e donne che riescono, con sacrificio, a mantenere la propria famiglia guadagnando anche solo mille euro al mese, solo un ricco come Briatore, abituato a spenderli in pochi minuti, magari per pagare un pranzo di lusso in qualche ristorante di grido, può chiedersi come sia possibile vivere con uno stipendio che per la maggior parte dei lavoratori italiani è quasi un miraggio. Ascoltando l'intervista e la dichiarazione incriminata, io da ore mi sto domandando cos'abbia detto di sbagliato Flavio Briatore, onestamente. Uno stipendio da 1.200 – 1.500 euro al mese non è affatto un traguardo, non può essere il traguardo di una carriera professionale. Con uno stipendio da 1.200 – 1.500 euro al mese non si vive certo da pascià, tutt’al più si sopravvive.

Prendiamo ad esempio una grande città come Milano, con un costo della vita nettamente superiore alla media. Poco più di mille euro al mese sono nulla, altro che stipendio dignitoso. Si sopravvive, mica si vive. Una stanza in condivisione costa in media tra i 400 e i 500 euro al mese, un appartamento in affitto meglio lasciar perdere, le cifre sono proibitive. Se ci si allontana dalla città e si sceglie la provincia per risparmiare qualcosina sul costo della pigione mensile, quel risparmio va a incidere sul costo dei trasporti, che cresce esponenzialmente, e sulla qualità della vita del pendolare che si trova ogni mattina a combattere contro servizi di trasporto pubblico locale non propriamente eccellenti. Da calcolare, poi, ci sono le spese per il vitto, le bollette, eventuali costi per mantenere un'utilitaria magari necessaria e quindi aggiungiamo la benzina, il costo dell'assicurazione, il bollo, eventuali riparazioni dal meccanico o dal gommista. Poi abbiamo le spese impreviste: il dentista, visite mediche, esami vari. Insomma, a fine mese o a fine anno cosa rimane di questo stipendio? Poco o nulla.

Sì, è vero che esistono uomini e donne capaci di mantenere un'intera famiglia con soli 1000 euro al mese. Bravissimi, senza ombra di dubbio, sono dei moderni eroi. Ma torno a ripetere e ribadire: sopravvivono, mica vivono. Rinunciano a tutto, a qualsiasi vezzo o vizio, cena fuori, gita fuori porta, vacanze al mare o in montagna. Si può considerare vita questa? A parer mio, no. Vivere per lavorare è avvilente. Come si può davvero considerare un traguardo uno stipendio da 1.200-1.500 euro mensili? Non possono essere un traguardo, tutt’al più questo stipendio dovrebbe essere un punto di partenza, una cifra normalissima per un lavoro full time da 40 ore settimanali, e tendenzialmente nel corso della propria carriera professionale credo che chiunque ambisca a crescere, a guadagnare di più, a lavorare sodo per raggiungere un obiettivo e conquistare stipendi congrui che permettano di vivere e non, appunto, di sopravvivere barcamenandosi tra spese ed eventuali debiti fino alla pensione e spesso anche oltre.

No, Flavio Briatore non ha affatto torto. Siamo noi ad avere standard eccessivamente livellati al ribasso. Un inglese o uno svizzero scoppierebbero a ridere sentendosi proporre uno stipendio del genere. A noi, invece, sembra andare benissimo così. Ed è un grosso problema.

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Milanese, classe 1987, da sempre appassionata di politica. Il mio morboso interesse per la materia affonda le sue radici nel lontano 1993, in piena Tangentopoli, grazie a (o per colpa di) mio padre, che al posto di farmi vedere i cartoni animati, mi iniziò al magico mondo delle meraviglie costringendomi a seguire estenuanti maratone politiche. Dopo un'adolescenza turbolenta da pasionaria di sinistra, a 19 anni circa ho cominciato a mettere in discussione le mie idee e con il tempo sono diventata una liberale, liberista e libertaria convinta.
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