Borsellino, Sergio Mattarella: “Non smettere di cercare la verità sulla strage di via D’Amelio”
"Onorare la memoria del giudice Borsellino e delle persone che lo scortavano significa anche non smettere di cercare la verità su quella strage". Con questa parole, in una nota pubblicata sul sito del Quirinale, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella commemora il 26esimo anniversario delle strage di Via D'Amelio, in cui furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta. "Sono vivi il ricordo e la commozione per il vile attentato di via d’Amelio, in cui hanno perso la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina. Borsellino era un giudice esemplare: probo, riservato, coraggioso e determinato. Le sue inchieste hanno costituito delle pietre miliari nella lotta contro la mafia in Sicilia. Insieme al collega e amico Giovanni Falcone, Borsellino è diventato, a pieno titolo, il simbolo dell’Italia che combatte e non si arrende di fronte alla criminalità organizzata".
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha ribadito la necessità di continuare a ricercare la verità: "Coltiviamo la loro memoria nella lotta quotidiana alle mafie. La ricerca della verità su #ViaDAmelio è un dovere per l'Italia che crede nel loro esempio e nell'onestà #19luglio"
Anche la ministra della Difesa Elisabetta Trenta è intervenuta su Twitter: "Sono trascorsi 26 anni, ma il ricordo di quei tragici momenti è ancora vivo, così come lo sforzo di cercare la verità. Oggi e ogni giorno ringraziamo un grande uomo".
Ieri aveva parlato, con una lettera aperta pubblicata da "Repubblica", Fiammetta Borsellino, la figlia del giudice: “Sono passati 26 anni dalla morte di mio padre, Paolo Borsellino. E ancora aspettiamo delle risposte da uomini delle istituzioni e non solo. Ci sono domande – le domande che io e miei fratelli Manfredi e Lucia non smetteremo di ripetere – che non possono essere rimosse dall’indifferenza o da colpevoli disattenzioni. Domande su un depistaggio iniziato nel 1992, ordito da vertici investigativi ed accettato da schiere di giudici”, elencando poi nel seguito 13 quesiti.
La Corte d’assise di Caltanissetta ha depositato solo venti giorni fa le motivazioni dell’ultimo processo sulla strage, conclusosi nell'aprile 2017. La Corte ha accusato gli investigatori di aver compiuto "una serie di forzature, tradottesi anche in indebite suggestioni e nell’agevolazione di una impropria circolarità tra i diversi contributi dichiarativi, tutti radicalmente difformi dalla realtà se non per la esposizione di un nucleo comune di informazioni del quale è rimasta occulta la vera fonte". Gli investigatori sarebbero stati mossi da "un proposito criminoso", esercitando "in modo distorto i poteri". Lo scopo, secondo i giudici, era la copertura di fonti rimaste ignote.