Bonafoni (PD): “Meloni abbandona il Terzo Settore. Con Schlein un viaggio per ascoltare il sociale”

La coordinatrice nazionale del PD Marta Bonafoni intraprenderà con Elly Schlein un tour in tutta Italia per incontrare le realtà del Terzo Settore e del sociale. “Ci dicono le nostra è un’agenda politica fuori moda? Ma forse fuori moda è un dibattito politico chiuso su sé stesso, incapace di guardare negli occhi la realtà e le fragilità dei cittadini”.
A cura di Valerio Renzi
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Marta Bonafoni è la coordinatrice della segreteria nazionale del Partito Democratico, con delega la delega al Terzo Settore e all’associazionismo. Vicinissima alla segretaria Elly Schlein, il suo è una sorta di Ministero dell'Ascolto, i cui sforzi quotidiani sono quelli di riannodare i fili del dialogo tra dem e società, tessere un dialogo proficuo con tutti quei mondi che hanno voltato le spalle alla politica per disillusione o perché nessuno li ha mai davvero dato retta se non al momento di chiedere voti e preferenze. Ospite degli studi di Fanpage.it Bonafoni ha presentato il tour che, con partenza da Monterotondo alla periferia di Roma, da sabato la porterà con Schlein in tutto il paese per ascoltare le istanze del Terzo Settore.

Un viaggio che toccherà tutto il paese per un confronto tra il Partito Democratico e il mondo del Terzo Settore. Perché?

Partiamo con un pulmino, sia pure virtuale, e con delle cuffie, perché vogliamo metterci in ascolto. Ascolto di un pezzo del Paese che rappresenta una forza e, forse, anche una fragilità in questo momento. Parliamo di un’Italia in cui più del 50% delle persone non va a votare, e questo è il primo partito da diverse elezioni a questa parte.

Il Terzo Settore soprattutto durante la pandemia è stato celebrato, per poi finire nel dimenticatoio. Noi pensiamo, invece, che rappresenti un elemento essenziale dell'ossatura democratica dell'Italia. Pensiamo sia fondamentale per poter risalire la china di una crisi che non è più solo economica e sociale, ma anche una crisi di senso per il Paese.

Il tour che la vedrà protagonista con la segretaria Schlein partirà da un luogo che non è un centro, lontano dai riflettori…

Partiamo da Monterotondo, quindi da una periferia, non da una grande città o da una metropoli. Lo facciamo da un cinema che per tanti anni è stato chiuso, un non-luogo, un punto spento di quella città della provincia di Roma. Poi, a un certo punto, due cooperative sociali hanno iniziato a gestirlo, riaccendendo partecipazione, cittadinanza, pensiero critico, incontro, relazioni.

In quel cinema, ogni giorno lavorano persone che la società definisce "svantaggiate": ex detenuti, persone con disabilità, ragazzi che altrimenti non avrebbero un’occupazione e che magari non possono permettersi l’università. Allo stesso tempo, però, c’è una città che si siede, guarda un film e riflette su cosa significhi oggi essere un Paese democratico.

Il Governo Meloni non sta ascoltando le istanze del terzo settore?

Credo che, di fronte al bombardamento della propaganda – una delle cifre più marcate di questo esecutivo– non ci sia spazio per quel livello di dettaglio e di attenzione che il Terzo Settore mette in campo. È come se venisse considerato un elemento secondario, una sorta di sostituzione alle responsabilità dello Stato, più che un attore centrale nella governance dei processi sociali. Il governo Meloni, sulle fragilità e sulle disuguaglianze, non dice una parola. Anzi, ogni volta che può, si schiera dalla parte di chi ha di più, dei poteri forti, dei grandi interessi economici.

Così le associazioni e le cooperative sono una sorta di stampella…

Esattamente. Le destre delegano al terzo settore i servizi per le fasce più deboli di cittadini, che invece dovrebbero essere al centro delle attenzioni dello Stato. Penso ai tagli alla sanità pubblica, alla scuola, alle politiche sociali. Valditara sta ridisegnando la scuola pubblica in un modo che penalizza chi ha meno risorse. Lo stesso sta accadendo nello sport, con una gestione mirata più allo spoil system e alla propaganda politica che non al bene collettivo. Il governo non dà risposte concrete e relega il Terzo Settore al ruolo di erogatore di servizi di sussistenza.

Ha citato sanità e lavoro: sono i temi su cui la segreteria del Partito Democratico sta insistendo di più. Abbiamo visto la segreteria del PD fuori dagli ospedali, fuori dai luoghi di lavoro, eppure la "luna di miele" del governo Meloni con l’elettorato, almeno stando ai sondaggi, non sembra ancora finita. Qualcosa non sta funzionando?

Io credo, però, che quei sondaggi nascondano un’altra realtà: una crescente disaffezione e una sfiducia profonda, che stanno trasformando la democrazia. Il crollo della partecipazione al voto e il distacco dalla vita collettiva sono segnali preoccupanti. Eppure, la realtà è sotto gli occhi di tutti: salari bassi, pensioni insufficienti, liste d’attesa sanitarie infinite, milioni di persone che rinunciano alle cure perché non possono permettersele. La scuola è tornata a essere un privilegio: se tuo nonno non poteva studiare, tuo padre sì, ora tuo figlio rischia di nuovo di non poterselo permettere. Noi abbiamo scelto di schierarci dalla parte della vita delle persone. Anzi, oso dire della felicità delle persone, della possibilità di realizzarsi.

Tuttavia, detrattori e commentatori, dicono che in questo modo il partito si sottrae al dibattito politico quotidiano e alle polemiche del momento, con il rischio di apparire debole…

Ci contestano di insistere su un’agenda politica “fuori moda”. Ma forse fuori moda è un dibattito politico chiuso su sé stesso, incapace di guardare negli occhi la realtà. Gli occhi delle donne del Sud, dei giovani costretti a emigrare nel 2025, dei bambini di fronte ai tagli sulla povertà educativa, degli anziani in fila alla Caritas perché le pensioni non bastano più. Lavoro dignitoso, sanità pubblica, scuola accessibile, transizione ecologica: sono questi i temi su cui dobbiamo concentrarci, e per farlo ci servono alleati e interlocutori nella società, esattamente quelli che incontreremo nel nostro tour e con i quali prenderemo impegni precisi, anche per il lavoro sociale, che troppo spesso non viene riconosciuto come meriterebbe.

Il paradosso è che le fragilità della nostra società sono spesso affidate a uomini e donne che a loro volta vivono condizioni lavorative difficili, tra precarietà e salari bassi. Insomma, non ci sono solo gli enti e gli utenti, ma anche lavoratori e lavoratrici con i loro problemi…

Siamo di fronte a un paradosso. Operatori e operatrici del sociale devono occuparsi di vite precarie e di vite fragili, ma il più delle volte sono loro stessi a vivere una vita precaria, una vita fragile, senza diritti pienamente riconosciuti, con stipendi bassissimi, con orari di lavoro impossibili. Questo è indubbiamente il riflesso di una scarsa considerazione che in questi anni ha avuto il Terzo Settore. Su questo il PD è già impegnato concretamente. Vi faccio un esempio. Nell'ultima legge di Bilancio abbiamo presentato un emendamento per l'adeguamento delle tariffe dei servizi sociali dei comuni del nostro Paese. Cooperative e sindacati finalmente l'anno scorso, dopo una trattativa estenuante, sono arrivati a fare quello che era dovuto, cioè adeguare lo stipendio degli operatori e delle operatrici sociali. Peccato che nel frattempo lo Stato non abbia aumentato i finanziamenti da dare per quei servizi, e quindi oggi quella spesa grava tutta sulle spalle delle cooperative che quando non ce la fanno, chiudono.

C'è un eterno dibattito se la sicurezza è di destra o di sinistra. Forse dovremmo discutere di che cos'è la sicurezza per la sinistra. Questo quanto ha a che fare con il sociale?

A Monterotondo ci saranno dieci interlocutori e l'interlocutrici che la segretaria ascolterà per poi trarre le conclusioni di quella giornata. Abbiamo chiesto loro di arrivare con una parola da mettere in valigia per il nostro viaggio. Perché penso, e pensiamo, che ci sia una nuova grammatica da ordinare dentro la valigia della sinistra e rispetto al mondo del Terzo Settore, del welfare, della cooperazione. Sicuramente una parola che va ripensata radicalmente è quella della sicurezza. Perché in questi anni la paura che pure c'è nella società, quel bisogno di protezione, ha avuto dalla destra risposte a tratti feroci. Penso a quel contenuto del disegno di legge sicurezza che criminalizza i bambini, le madri incinte, i ragazzi che esprimono dissenso, a penso anche alle zone rosse, ai Daspo in città anziché soltanto allo stadio. E i vari decreti Caivano che arrivano appunto a sospendere la democrazia di fatto e i processi democratici dentro i quartieri. Ecco di fronte a queste risposte semplici, anche la sinistra ha fatto un passo di lato e ha pensato che, dando quelle risposte un po' meno  feroci, potesse effettivamente aver ragione nei consensi, ma soprattutto nella risposta da dare alla società. Quella ricetta del passato non ha funzionata, è sotto gli occhi di tutti…

Quindi?

Quindi serve giustizia sociale prima di tutto. La sicurezza è sicurezza sociale, che garantisce coesione sociale dentro le città e dentro i quartieri. Non è impossibile farlo. Oggi ci sono fior fiore di esperienze che ci raccontano questo. Spesso sono esperienze nate a lato delle istituzioni, a volte contro le istituzioni. Ma noi pensiamo sia arrivato il momento di cambiare le cose. Gli strumenti ci sono: i beni comuni, i patti di collaborazione, la programmazione e la coprogettazione. Nel 2001 si è fatta una riforma costituzionale che dice all'articolo 118 che la sussidiarietà orizzontale significa sedersi tutti intorno a un tavolo senza gerarchie e provare, ciascuno per sé, a costruire una società più giusta. Questa è la nostra sfida.

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