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Bonafede replica a Di Matteo: “Parole infamanti, infondate e assurde”

“L’idea trapelata nel vergognoso dibattito di oggi, secondo cui mi sarei lasciato condizionare dalle parole pronunciate in carcere da qualche boss mafioso è un’ipotesi tanto infamante quanto infondata e assurda”: così Alfonso Bonafede interviene sulle polemiche sulle parole del il magistrato Nino Di Matteo.
A cura di Annalisa Girardi
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Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, interviene sulle polemiche che lo hanno travolto dopo che il magistrato Nino Di Matteo ha raccontato ieri sera in diretta su La7 di aver ricevuto la proposta di dirigere il Dap. Un'offerta che sarebbe stata poi ritirata dal Guardasigilli in seguito alla reazione di alcuni boss detenuti al 41 bis. "Si tratta di un'ipotesi tanto infamante quanto infondata e assurda", scrive oggi il ministro Cinque Stelle in un post su Facebook. Dopo il botta e risposta di ieri sera, Bonafede ha voluto chiarire come sono andate le cose: "È sufficiente ricordare che, quando decisi di contattare il Dott. Di Matteo, quelle esternazioni di detenuti mafiosi in carcere erano già presso il mio Ministero da qualche giorno. Non solo. Furono oggetto di specifica conversazione in occasione della prima telefonata con cui, il 18 giugno 2018, proposi al dottor Di Matteo, in piena consapevolezza di ciò che questo rappresentava, di valutare la possibilità di entrare nella squadra che stavo costruendo per il ministero della Giustizia. D'altronde, se mi fossi lasciato influenzare dalle reazioni dei mafiosi non avrei certo chiamato io il dott. Di Matteo per valutare con lui la possibilità di collaborare in una posizione di rilievo".

Bonafede racconta quindi di aver parlato con Di Matteo del Dap o di un ruolo equivalente a quello che era stato di Giovanni Falcone, sottolineando che però questo avrebbe richiesto più tempo. Il 19 giugno 2018, il ministro spiega di aver detto al magistrato di essere orientato per questa seconda opzione: "La mia valutazione era molto chiara: l’arrivo di Di Matteo avrebbe rappresentato un segnale chiaro e inequivocabile alla criminalità organizzata", aggiunge. Il giorno successivo, tuttavia, il magistrato avrebbe fatto presente a Bonafede di preferire il Dap. "Con profondo rammarico, gli spiegai che, dopo l'incontro del giorno prima, avevo già assegnato quell'incarico a un altro magistrato. Ricordo perfettamente che gli dissi che sarebbe stato comunque "la punta di diamante del Ministero contro la mafia". Lui ribadì legittimamente la sua scelta. Ci siamo salutati entrambi con rammarico per non aver concretizzato una collaborazione insieme. Questi sono i fatti", aggiunge il ministro.

Il Guardasigilli quindi conclude ribadendo di aver sempre agito nella lotta alle mafie, e rivendicando quanto fatto dal governo finora, come la riforma sul voto di scambio politico-mafioso, la legge Spazzacorrotti, e l'ultimo decreto legge che impone ai Tribunali di Sorveglianza di consultare la Direzione nazionale e le Direzioni distrettuali antimafia su ogni richiesta di scarcerazione per motivi di salute di esponenti della criminalità organizzata. "Ci tengo a chiarire che con questo post non voglio alimentare alcun tipo di polemica: si tratta di precisazioni importanti nel rispetto dei ruoli", chiude Bonafede.

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