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Conflitto Israelo-Palestinese

Boldrini: “Governo italiano non ha fatto nulla per fermare Netanyahu, chieda sanzioni contro Israele”

La deputata Laura Boldrini, in un’intervista a Fanpage.it, chiede alla presidente del Consiglio Meloni di mettere in campo azioni concrete per fermare l’escalation in Libano: “Bisogna fare quello che è stato fatto con Putin, cioè stabilire sanzioni economiche contro Netanyahu e contro i suoi ministri, e non inviare più armi”.
A cura di Annalisa Cangemi
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La preoccupante escalation in Medio Oriente delle ultime ore, che si è aggravata dopo il lancio di circa 200 missili contro Israele da parte dell'Iran, richiede più che mai un impegno concreto da parte del governo e della comunità internazionale, per indurre  Israele al rispetto del diritto internazionale. Ne è convinta Laura Boldrini, deputata Pd e presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel Mondo, secondo cui "La difesa della sovranità territoriale è un principio da tutelare sempre. Se, come è giusto, vale in Ucraina, allora deve valere anche per il Libano, la Siria, l'Iran e la Palestina: il doppio standard non può essere accettato, ci fa perdere ogni credibilità davanti a milioni di persone. Il doppio standard cancella la reputazione del cosiddetto Occidente agli occhi del Mondo. Il doppio standard ci seppellirà".

Presidente, l'escalation in Libano, a partire dagli attentati con i cercapersone e i walkie talkie fino all'uccisione venerdì scorso a Beirut del leader di Hezbollah, ha raggiunto nelle ultime ore livelli preoccupanti e inimmaginabili un anno fa. L'Iran ha risposto con un attacco missilistico di portata mai vista. Cosa sta succedendo nell'area? 

È la prevedibile conseguenza di tutte le provocazioni e le azioni incendiarie che ha messo in campo Netanyahu, che ha interesse al caos e al conflitto permanente, su più fronti, per mantenere il suo potere e per stabilire il suo nuovo ordine, ridisegnando la geografia regionale.

Ritiene che Israele stia alzando il tiro sempre di più approfittando anche del fatto che in questo momento gli Stati Uniti sono guidati da Biden, un presidente ormai indebolito, a fine mandato?

Fino ad ora a Netanyahu sono stati rivolti laconici inviti, semplici esortazioni a fermarsi, che non hanno dato alcun risultato e non servono a nulla. Il premier israeliano ha sfidato il presidente degli Stati Uniti, ignorando i suoi appelli. Ma Netanyahu non ha alcuna intenzione di fermarsi. Nei suoi confronti bisogna cambiare registro, mettendo in atto misure concrete.

Quali?

Misure che possano incidere sulla sua agibilità militare. Bisogna fare quello che è stato fatto con Putin, cioè stabilire sanzioni economiche contro Netanyahu e contro i suoi ministri, e non inviare più armi, che vengono usate contro civili indifesi. Bisogna sospendere l'Accordo di associazione Israele-Unione Europea, perché quello si basa sul rispetto dei diritti umani.

Il governo italiano ha in mente degli atti politici concreti? 

Il governo italiano è parte del problema, perché fino ad ora ha fatto di tutto per coprire l'operato di Netanyahu, per non ostacolarlo. Ricordiamo che l'Italia si è astenuta alle Nazioni unite per il cessate il fuoco, si è astenuta per il riconoscimento della Palestina come membro effettivo delle Nazioni Unite, si è astenuta sulla risoluzione che intimava a Israele di ritirarsi entro un anno dalla Cisgiordania occupata illegalmente. Il governo non ha messo in campo nessuna iniziativa politica, nessuna azione concreta per fermare Israele perché è molto vicino al premier Netanyahu: l'alleato Bibi non va indispettito. Questo implica un'enorme responsabilità. Dopo la Seconda Guerra Mondiale ci siamo dati delle regole condivise raccolte nel diritto e nelle convenzioni internazionali, secondo cui un criminale o un terrorista deve essere perseguito, arrestato e portato davanti a un tribunale, nazionale o internazionale, che lo giudicherà. Per questo abbiamo istituito la Corte penale internazionale e i tribunali ad hoc come quello per la ex Jugoslavia e il Ruanda. È questa la strada da seguire, non bombardare altri paesi, uccidere migliaia di persone innocenti per colpire un solo uomo, fosse anche il capo di un'organizzazione terroristica.

Meloni intanto ha convocato la riunione del G7. Può bastare?

In quel contesto dovrebbe emergere una discussione per capire come ridurre i danni e arginare il premier israeliano, che ha incendiato il Medio Oriente. Finora i leader mondiali sono stati a guardare il divampare delle fiamme senza agire. Mi aspetto che Meloni, che presiede il G7, metta sul tavolo risposte concrete perché questa situazione ci sta portando tutti in un baratro. Ovviamente non difendo in alcun modo Hezbollah o Hamas: voglio difendere l'importanza della legalità internazionale. Se questa viene stracciata, cosa ci resta, se non la legge del più forte? E l'Italia, che non è una grande potenza globale, è la prima a rimetterci. Quel sistema di regole condivise a cui facevo riferimento prima non può essere un sistema a fasi alterne, non può valere per tutti tranne che per Israele.

L'Onu da parte sua chiede il rispetto della risoluzione 1701 delle Nazioni Unite, che esige un cessate il fuoco permanente fra Libano e Israele. Che ruolo può giocare in questo momento l'organizzazione intergovernativa, come può far valere il diritto internazionale?

L'Onu e le sue agenzie sono da un anno oggetto di una massiccia campagna di delegittimazione portata avanti dal governo di Tel Aviv. Il premier israeliano è arrivato a dire che è ‘una palude antisemita', e che il Segretario generale Guterres è ‘persona non grata' in Israele. Se gli Stati membri non reagiscono difronte a questa aggressione, cosa può fare l'Onu? Gli Stati che sono rimasti in silenzio sono compartecipi della delegittimazione del sistema multilaterale, che esiste per creare un luogo dove si dirimono le controversie attraverso il dialogo le risoluzioni e altri strumenti.

Tajani ha detto agli italiani presenti in Libano di lasciare il Paese, e ha ricordato che i mille militari italiani di Unifil, missione di peacekeeping, sono chiusi in bunker, ma potrebbero diventare presto necessari rimpatri d'emergenza. Per il momento comunque il contingente italiano rimane lì, non c'è l’intenzione di ritirarlo. È in pericolo l’incolumità degli uomini e delle donne delle nostre forze armate?

In Libano ci sono molti italiane e italiani, compresi i nostri cooperanti, che si aspetterebbero dal governo più sostegno e attenzione anche per la loro posizione. Dopodiché, se Unifil si ritira, questo sarà inteso dall'esercito israeliano come il via libera per continuare l'operazione di terra, non avrebbe più argine. Quindi la presenza della missione Unifil è strategica e va valutata molto attentamente.

L'appello lanciato da lei pochi giorni fa,‘#StopCrimesInPalestine', inviato alla premier Meloni e alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, è arrivato in pochi giorni a oltre 26mila firme. Si chiede non solo il cessate il fuoco immediato, ma anche lo stop alla detenzione arbitraria senza limiti di tempo dei prigionieri palestinesi. Che risposte vi attendete da parte delle istituzioni europee e italiane?

Insieme al professor Massimo Amato e al giornalista Gianni Giovannetti siamo i promotori di questo appello #StopCrimesInPaleatine. Per lanciarlo abbiamo coinvolto più di 60 personalità molto note nel nostro Paese, del mondo della cultura, dell'università, dello spettacolo, del giornalismo, della politica. Con questo messaggio chiediamo a Ursula von der Leyen e a Giorgia Meloni di fare quello che fino ad ora non hanno fatto, cioè passare dagli appelli ad azioni concrete. Altrimenti, ripeto, si è compartecipi di questo abisso. Invitare Netanyahu a usare la moderazione ha portato zero risultati in un anno. Quindi noi chiediamo alle persone che tengono alla pace, che hanno a cuore i diritti, e che vogliono raggiungere l'obiettivo della stabilità in Medio Oriente attraverso l'affermazione del diritto all'autodeterminazione del popolo palestinese, di unirsi a questa richiesta. L'appello include testimonianze di persone che vivono a Gaza, dove continua la carneficina, che chiedono di non essere abbandonate al loro destino. Le loro voci non possono rimanere inascoltate. Per questo invito tutte e tutti a firmare l'appello su change.org.

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