Boldrini a Fanpage: “Su Gaza Meloni tace, così l’Italia rischia di essere complice dei crimini di Israele”
A fine settembre la deputata del Pd Laura Boldrini, presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel Mondo, insieme al professor Massimo Amato, docente alla Bocconi di Milano, e al giornalista Gianni Giovannetti, aveva lanciato l'appello intitolato #StopCrimesInPalestine, ovvero "Stop ai crimini in Palestina", sollecitando l'intervento della presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni e della Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Nell'appello, che ora ha superato quota 87mila firme su Change.org, si chiede di mettere in atto tutti gli strumenti a disposizione "non solo per giungere a un immediato cessate il fuoco e alla liberazione degli ostaggi, ma anche perché cessino immediatamente la detenzione arbitraria senza limiti di tempo dei prigionieri palestinesi e le pratiche di tortura ormai accertate, e perché si attui il rispetto incondizionato dei diritti umani"
All'appello ha risposto la Commissione europea, dicendosi seriamente preoccupata "per l’aggravarsi della crisi umanitaria a Gaza", e ribadendo che "un accesso umanitario rapido, sicuro e senza ostacoli è un obbligo ai sensi del diritto internazionale", oltre che "necessario urgentemente per fornire aiuti salvavita ed evitare un ulteriore peggioramento di una situazione già catastrofica". Nella stessa lettera la Commissione ricorda di aver stanziato per gli aiuti umanitari alla Palestina 238 miliardi di euro per il 2024. Ma da parte del governo Meloni non c'è stata fino ad ora alcuna reazione.
Poco più di un mese fa ha lanciato l’appello ‘#StopCrimesInPalestine', che è stato inviato alla premier Meloni e alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Che risposte ci sono state?
Questa iniziativa nasce dal bisogno di alcuni di noi, in particolare del prof. Massimo Amato, mia e del giornalista Gianni Giovannetti, di fare qualcosa per mobilitare le tante persone che vogliono esprimere il loro forte dissenso rispetto a quello che sta accadendo a Gaza e, ormai, in tutto il Medio Oriente. L'appello ha avuto un ottimo riscontro e, in un poco più di un mese, ha raggiunto quasi 90mila firme grazie anche alla preziosa collaborazione di Change.org. Possiamo quindi affermare che la risposta da parte dell'opinione pubblica è forte. È sempre più impellente il bisogno di chiedere alle istituzioni di fare quello che non hanno fatto finora, cioè di passare dalle esortazioni a Netanyahu, che evidentemente non funzionano, ad azioni concrete. Nell'appello ne citiamo tre: stop all'invio di armi a Israele che le usa contro i civili, sanzioni contro Netanyahu e i suoi ministri come è stato fatto con Putin e sospensione dell'accordo di associazione UE-Israele. Peccato che da Palazzo Chigi non c'è stato alcun riscontro alla nostra lettera inviata lo stesso giorno in cui abbiamo lanciato la petizione, segno della scarsa considerazione che la presidente Meloni ha nei confronti di cittadine e cittadini che chiedono di agire per loro conto. Invece è giunta una lettera dalla Commissione europea.
Vi soddisfa la presa di posizione contro la crisi umanitaria a Gaza dal parte della Commissione Ue?
Le lettera è certamente un segno di attenzione da parte di Bruxelles e questo è positivo. Ciò detto però, usa un linguaggio che definirei paludato, non indicato alla portata della tragedia che sta vivendo il popolo palestinese. Leggiamo in un passaggio che "i leader dell'Unione europea hanno ribadito il loro appello per un'immediata tregua umanitaria che porti ad un cessate il fuoco sostenibile, al rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi e alla fornitura di assistenza umanitaria". Siamo ancora sul piano delle esortazioni, manca qualsiasi forma di condanna verso il divieto di ingresso degli aiuti alla popolazione della Striscia imposto da Netanyahu, verso l'uccisione di oltre 43mila persone la cui maggior parte è composta da bambini, donne e anziani. Non c'è alcun riferimento ai pronunciamenti della Corte internazionale di giustizia sulle occupazioni illegali e l'obbligo di ritiro dei coloni in Cisgiordania e non leggiamo neanche un cenno ai pronunciamenti della Corte penale internazionale. Come dicono gli inglesi "too little, too late", troppo poco e troppo tardi.
Lei ha denunciato la sostanziale inerzia del governo italiano, che non ha fatto nulla di concreto per fermare Netanyahu, rendendosi così complice della carneficina. Da parte di Meloni non sembra ci sia stato un cambio di passo. Perché continua a tacere secondo lei?
Meloni sta portando l'Italia dalla parte sbagliata, quella della complicità silente rispetto ai crimini commessi dal governo Netanyahu. Una scelta in contrasto con la tradizione del nostro Paese che in passato ha avuto ruoli di dialogo e mediazione, in Medio Oriente, in virtù della sua terzietà e della capacità di discutere e negoziare sia con i diversi governi israeliani sia con le autorità palestinesi. Oggi, nonostante la situazione sia molto più complessa, e dunque sarebbe necessaria una iniziativa politica in questo senso, l'Italia non ha più alcun peso ed ha scelto di rimanere a guardare come dimostrano anche i voti di astensione all'assemblea generale dell'Onu sia sul cessate il fuoco, sia sul riconoscimento della Palestina come membro effettivo, sia sulla richiesta i ritirare i coloni dalla Cisgiordania. E, sebbene il governo continui a parlare di "due popoli e due stati", la nostra proposta di riconoscere lo Stato di Palestina è stata bocciata quando sarebbe, invece, importantissimo per dare sostanza ad una formula altrimenti vuota.Tutto questo per non dispiacere l'alleato Bibi a cui la premier è legata dall'appartenenza alla stessa famiglia politica dell'ultra destra. Un posizionamento grave e dannoso perché l'operato di Netanyahu non è solo una sciagura per i palestinesi, ma lo è anche per Israele stesso come ci hanno detto i tanti attivisti israeliani per i diritti umani che abbiamo ascoltato al Comitato diritti umani della Camera che presiedo. "I paesi amici di Israele facciano di tutto per fermare Netanyahu" è stato il loro appello unanime.
Pensa sia possibile che gli stati si mettano d’accordo per arrivare a chiedere delle sanzioni economiche, come accaduto con Putin?
Lo ritengo assolutamente necessario anche per porre fine a un doppio standard che sta generando rabbia in milioni di persone in tutto il mondo. È il minimo che si possa fare. L'alto rappresentante dell'Ue per gli affari esteri Josep Borrell ha cercato di portare i paesi membri verso una decisione unanime in questo senso, ma purtroppo è stato un tentativo vano.
Lei è preoccupata da un cambio di scenario internazionale, nel caso in cui Trump vincesse le elezioni americane? Cosa potrebbe cambiare in Medio Oriente?
Sì sono molto preoccupata perché Trump ha già dimostrato di essere un irresponsabile non condannando l'assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, anzi incoraggiando le centinaia di suoi fan accorsi quella sera per occupare la sede del Parlamento statunitense. E ieri, alla vigilia del voto, già parlava di brogli democratici. Temo che in caso di sconfitta potrebbe addirittura mettersi lui stesso a capo di una rivolta. Una totale mancanza di senso delle istituzioni e di rispetto per le regole democratiche. Se dovesse vincere Trump, Netanyahu avrebbe ufficialmente mano libera in Medio Oriente e Putin, di cui è molto amico, l'avrebbe in Ucraina. Sono molto preoccupata, dicevo, anche per il disprezzo che manifesta verso le minoranze, verso le persone LGBTQIA+, verso le donne e la loro autodeterminazione. Se vincesse Trump sarebbe una sciagura e non solo per gli statunitensi. Con la Casa Bianca nelle mani del tycoon, Netanyahu avrebbe la strada spianata anche per la cacciata definitiva dei palestinesi dalla Cisgiordania e da Gaza e per la colonizzazione totale della Palestina. Se Biden non è stato in grado di impedire il massacro, con Trump non ci sarebbe più alcun freno, nemmeno diplomatico, e si andrebbe verso una fortissima destabilizzazione di tutta la regione.